Da qualche anno portate la vostra arte anche nei musei.
Che differenze ci sono rispetto ai vostri eclettici dj set e live show?
Melissa: Le performance nei musei coinvolgono molte
più persone nel nostro collettivo! La differenza è che lavoriamo per circa tre
settimane su un happening che di fatto avverrà una volta sola. È un lavoro più
impegnativo perché c’è anche uno sviluppo creativo specifico nella musica, come
nei costumi che indossiamo, ad esempio le “scarpe musicali” che abbiamo creato.
Lavoriamo molto di più sull’immagine, sperimentiamo continuamente nuove
alchimie sonore, nuove forme visive.
prima volta, il 23 settembre alla Triennale Bovisa. Ma saremo comunque a Milano
per la Settimana della Moda con un happening durante il party di Max
Kibardin, fashion designer con il quale abbiamo collaborato per
la creazione delle Guitar
Shoes.
Avete incominciato quasi quindici anni fa, a Monaco;
una di voi è australiana, l’altra americana, e avete viaggiato ovunque. C’è una
città speciale, un distretto particolare, dove si concentrano ispirazione e
proliferazione artistica?
Alex: Penso che questo sia un fenomeno in continuo
cambiamento: ogni 5-7 anni, per una serie di dinamiche, emerge un polo con
tendenze diverse. Prima New York, poi Berlino, mi viene in mente il boom di
Helsinki ma anche di Auckland e Wellington in Nuova Zelanda; la gente si sposta
continuamente, gli artisti seguono correnti invisibili che li portano a migrare
per il pianeta. Oggi come oggi direi che, per la prima volta, è Barcellona a
ottenere questo status: c’è un’incredibile concentrazione di artisti, designer
e riviste specializzate che convogliano molti creativi. Anche il lifestyle
della città aiuta molto la proliferazione artistica. Io vivo lì da cinque anni
e posso dirti che l’atmosfera è incredibile.
Siete spesso coinvolte in iniziative connesse con la
moda e disegnate i vostri costumi di scena. Non è che anche voi volete
lanciare un vostro marchio?
Melissa: No, non vogliamo addentrarci così tanto
nel fashion business. Ogni tanto ci divertiamo a collaborare con case di moda,
disegnando per loro. Nel 1998 abbiamo collaborato con Karl Lagerfeld, ma di
fatto non facciamo moda, lavoriamo molto sui nostri accessori, mixiamo moda e
musica che poi portiamo sul palco come performance. Questo ha attirato
l’attenzione di alcune aziende che ci hanno chiesto di lavorare per loro.
Abbiamo fatto qualcosa per l’iniziativa Fashion Against Aids di H&M, dove siamo state
chiamate, assieme ad altri artisti, per disegnare t-shirt a scopo benefico.
Abbiamo lavorato anche per una casa di moda giapponese ma ci teniamo a
precisare che sono collaborazioni.
Sul vostro sito, ogni mese, mettete a disposizione uno
dei vostri brani da scaricare gratuitamente. Perché?
Melissa: Perché crediamo che il file sharing, per
un artista, sia uno strumento magnifico. Oggi un artista è libero di creare
della musica e il giorno dopo di renderla disponibile al mondo sulla rete.
Nella maggior parte dei casi le major non s’interessano a tutelare gli artisti.
Noi pensiamo che il download illegale sia stata la risposta giusta a questo
tipo di trattamento! L’industria discografica non è più come una volta. È piena
di gente che vuole speculare, di rappresentanti sovrapagati per ruoli dubbiosi
e inutili, discografici che si atteggiano come assolutamente necessari per la
produzione della nostra arte. Ora, con la capillarità crescente che ha internet,
non è più così. Noi abbiamo fatto la libera scelta di permettere il download
gratuitamente.
con qualche artista italiano?
Alex: Certo, oramai viaggiamo spesso in Italia. Recentemente
abbiamo collaborato con Gianluca Turini per alcuni abiti e costumi di scena per
le nostre performance. Nei prossimi mesi la nostra etichetta discografica
pubblicherà una compilation, di sole donne, dove ci saranno anche artiste
italiane. Ne sentirai parlare…
A proposito della vostra etichetta: come ci si sente,
dopo quindici anni di carriera, a mettersi dall’altra parte e pubblicare altri
giovani artisti?
Alex: È fantastico e siamo orgogliose di questo, è
fra le nostre attività più importanti. Penso che ai vertici dell’industria
discografica ci sia ancora una cultura fortemente maschilista che non tutela e
non rappresenta bene quelle che sono le esigenze e la visione estetica
femminile. Confrontandoci con altre artiste abbiamo riscontrato un pensiero comune
e abbiamo deciso di creare un’etichetta per collaborare più facilmente e
liberamente con loro. Ci siamo unite per cercare di portare la nostra musica
fuori, uscendo dal sistema, e continuiamo a guardarci attorno. Il mondo è in
costante evoluzione, ogni anno si affacciano nuovi artisti, musicisti, nuovi
suoni. Non credi sia fantastico?
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N.P.R. Questo inverno hanno suonato al Circolo degli Artisti, Roma.
Le Chicks On Speed hanno suonato più volte in Italia, anche nell'ambito della recente Audiovisiva, dove le ho incontrate per l'intervista. Non si sono ancora esibite con un happening artistico e avremo il piacere di vederle a settembre.