Entrando nella sala si viene
sconvolti da una visione apocalittica: una bufera sensoriale data dal
movimento, dalla velocità e dalla pluralità dei linguaggi che, nonostante
l’effettivo silenzio, crea un effetto uditivo impressionante…
Effettivamente volevo creare un
effetto visivo del rumore. La tenda con i ritratti rappresenta il linguaggio
dei sordomuti, che è la rappresentazione del non suono e della comunicazione
universale. Mentre il volo “leggero” dell’elicottero e del ventilatore, che
ricorda il film Apocalypse Now, contrasta con l’inno nazionale cinese.
Il vento è il soggetto
principale e unificatore dell’intero progetto: contamina ogni oggetto presente,
irrompe nella sala, spezzando e spazzando via tutto ciò che incontra… Una
metafora del consumismo?
Ogni bene è stato creato dall’uomo
e dalla sua intelligenza. Non voglio giudicare il consumismo ma indagare i beni
di consumo. È scontato discuterne il lato negativo: il problema è chi se lo può
permettere e chi no, e la sua velocità.
Quindi non giungi a darne una
valenza totalmente negativa, anzi lo ritieni qualcosa di inevitabile con cui
imparare a convivere. Ma affermi anche che “il consumismo non va
sottovalutato”.
Quali sono i rischi?
Quando il consumismo arriva a una
velocità eccessiva diventa un’autodistruzione, perché non dà il tempo di
goderne. Questo mio progetto vuole far trovare a questi oggetti comuni una
seconda vita, come il progresso trova una seconda vita nel riciclo delle cose.
Quei banali beni di consumo
posti su un piedistallo, infatti, costringono a rivalutare la loro valenza
nella nostra “storia domestica”, come se fossero monumenti cui viene intaccata
l’aura…
Certo, è una sorta di monumento
all’oggetto che abbiamo sempre usato, di cui abbiamo goduto e poi buttato. Non
mi sembra giusto!
Si tratta di un lavoro che è
una continuazione della tua ricerca artistica, ma ripensato per la Cina?
No, non è un progetto per la Cina.
Intendo dipingere una realtà che riguarda un po’ tutti, non solo la Cina!
oggi in questa nazione in termini di consumo?
La Cina è stata invasa dalla
guerra dell’oppio fino alla Seconda guerra mondiale, chiusa per cinquant’anni e
adesso finalmente si sta riprendendo il suo posto! Sta recuperando ciò che ha
perduto.
Se non sbaglio, mancavi da
molto a Pechino. Che atmosfera hai respirato?
Mancavo da ben sette anni e ora mi
sono fermato circa un mese per preparare questa mostra. Non mi aspettavo
un’energia simile… è impressionante e tangibile. Tutti i giorni si poteva
vedere dappertutto una Biennale di Venezia quotidiana. Un entusiasmo e una
voglia di creare ovunque. La Cina può assolutamente competere con New York e
Londra. Bisogna però fare i conti con lo Stato e vedere se sarà o meno in grado
di accettare questa nuova realtà.
A proposito di Stato: lavorando
in loco
ti sei ritrovato anche tu a confrontarti col governo cinese e le sue
limitazioni. Inizialmente pare che le autorità non abbiano visto di buon occhio
l’incisione di alcuni versi dell’inno nazionale sulle tue tele…
C’è sempre il rischio di
malinteso. L’inno è la bandiera di una nazione, molto “gettonato” dagli
artisti, ma anche intoccabile come uso a soggetto artistico.
Ma in realtà si tratta di un
omaggio, no? Pensi che l’inno nelle nostre nazioni mantenga oggi la sua
funzione e goda ancora dello stesso rispetto?
Ho inciso l’inno per quella frase
magica di “alzarsi in piedi” che t’incoraggia ad andare avanti e lo trovo molto bello
durante questo periodo di crisi economica. Lo vedo anche con un occhio
artistico e non propriamente politico.
L’elicottero che si allontana
“via col vento”… dove va? Dove intendi portarci?
A prendere coscienza del continuo
ciclo di consumo che ci inghiotte. Lo sguardo leggero sul nostro vivere
quotidiano è il leitmotiv della mostra. Dall’elicottero immobilizzato ai
ventilatori che tagliano gli oggetti sospesi, il movimento e la leggerezza del
vento entrano nella fissità degli oggetti, svelandone la precarietà e il limitato
uso nel tempo. La velocità del consumo sfrenato termina la sua corsa nelle
tende di Words Project, su cui sono stampate immagini del linguaggio dei sordomuti: anche la
parola, qui, fa parte del vizio del consumo.
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UCCA – Ullens Center of Contemporary Art
4, Jiuxianqiao Lu – 798, Chaoyang District – Beijing 100015
POBOX 8503, P.R. China
Orario: da martedì a domenica ore 10-18
Ingresso: intero 30 RMB; ridotto 10 RMB
Info: tel. +86 01084599269; fax +86 010 64314867; info@ullens-center.org; www.ullens-center.org
[exibart]
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Interessante,un pò lontana però.....
Quali strabilianti nuovi cincetti ci tocca di apprendere! Al confronto, la mozzarella in carrozza di De Dominici(s) rasenta la genialità. Magari sono io che non ho capito niente...Caro m'è il sonno, e più l'esser di sasso...
Ho carenze sulla tastiera, volevo scrivere "concetti". Ma "cincetti" mi sembra un neologismo appropriato.