Categorie: Personaggi

E la storia Continua. Dopo 25 anni

di - 25 Settembre 2015
Tre ragazzi vivono nei pressi di San Gimignano, ma nessuno di loro è nato lì. Hanno 25 anni e una gran fortuna: frequentano uno dei più inventivi critici, galleristi, promotori culturali (le anime erano tante racchiuse in una sola persona) che ci siano in Italia, Luciano Pistoi. Che ha una casa a Radda in Chianti e che a Volpaia dà vita ad anomali e visionari progetti artistici.
I ragazzi si chiamano Mario (Cristiani, il più politico dei tre), Maurizio (Rigillo, il più filosofo) e Lorenzo (l’artista, ma anche il più manager). Un trio ben assortito e molto solidale, tratto che li distingue ancora e che è parte fondante della storia. Nel 1990 aprono una galleria a San Gimignano: Continua. E da qui comincia quella che oggi è quasi una leggenda, anche perché è una storia di successo tutta italiana – che parte anzi dal cuore dell’Italia dell’arte – e, al tempo stesso, molto internazionale. Un milione di lire messo a testa per cominciare e, dopo 25 anni – oggi, 25 settembre, Mario, Maurizio e Lorenzo festeggiano le nozze d’argento –, quattro sedi nel mondo. La prima, fuori Italia, aperta 10 anni fa a Pechino in quello straordinario quartiere ex industriale che è Dazanshi 798, la seconda, Le Moulins, appena fuori Parigi due anni dopo e la terza inaugurata a maggio scorso all’Avana.

Ma San Gimignano rimane il cuore pulsante e operativo. La galleria italiana che contende a Massimo De Carlo il primato dell’internazionalità, dove però si parla rigorosamente toscano. Dove le cene sono ancora preparate dalle donne di San Gimignano, che un po’ guardano storto il variopinto popolo dell’arte che durante le inaugurazioni affolla la ”Manhattan del Medioevo” e un po’ ci hanno fatto il callo. E vanno giù di ribollita.
Ma come è andata veramente la storia ce la facciano raccontare da loro stessi. Qualche mattina fa ci siamo messi a chiacchierare su Skype, mancava Lorenzo, disperso non si da dove. E, con la distanza del tempo, lo sguardo si fa più lucido. Sono uscite cose un po’ inedite anche per me, che pure li conosco da quando sono nati artisticamente.
Cominciamo dalla fine: i festeggiamenti ufficiali per il 25esimo arrivano da Parigi, e neanche da Le Moulins, come mai questo tradimento delle toscanissime radici?
Maurizio: «È stato il direttore del Centro 104 ad invitarci. Ha saputo dell’anniversario e ci ha chiesto se volevamo fare una mostra da lui, a cura sua. Ma a San Gimignano la nostra festa la facciamo: inauguriamo oggi Cildo Meireles, è una mostra che aspettiamo da 10 anni! E poi in realtà festeggiamo anche a Cuba perché Jorge Fernandez, direttore del Centro Wifredo Lam, ci ha chiesto una mostra con alcuni nostri artisti: Kader Attia, Subodh Gupta, Kounellis, Pascale Marthine Tayou e altri».

Ok, e ora arriviamo al dunque. Ve lo sareste mai immaginato di arrivare dove siete?
Mario: «Tipo Totò a Milano?: “per andare dove dobbiamo andare?”. La verità è che ancora siamo su strada, forse la cosa sta tutta qui. All’inizio ci siamo buttati, senza sapere quello che sarebbe successo. Non siamo ricchi di nascita, non siamo figli di collezionisti o di galleristi. Tenere saldo all’inizio è stato quello che ci ha portato i primi risultati».
Maurizio: «Ora dall’esterno ci arrivano dei segnali della riuscita di tutta questa impresa, che insomma colpisce anche noi. Abbiamo rivisto le foto, Madonna che impressione! 50 anni non sono pochi, in 9 mesi facciamo tutti 50 anni, siamo tutti e tre del 1965».
Ma cos’è che secondo voi vi ha portato fino qui?
Mario: «Lo shampoo antiforfora. Siamo partiti per andare leggeri».
Detto in altri termini?
Mario: «Fondamentale è che siamo rimasti insieme. Siamo nati amici e lo siamo rimasti, proprio nell’idea dell’amicizia. Non secondario il fatto che fin dall’inizio volevamo dare anche un’idea positiva del fare le cose insieme. E poi essere disposti a rimettere tutto in gioco, come ora a Cuba, che per noi significa andare nella direzione degli inizi: investire energie, non fermarsi, seguendo un flusso che ci spinge insieme. Chen Zhen ci aveva detto: “tre ragazzi non fanno un genio. Ma voi tre forse ce la potete fare”».

Sete partiti in tre e ora siete?
Maurizio: «Poco più di 40: più di 20 a San Gimignano, meno di 10 a Parigi e più di 10 a Pechino».
Quanto ha contato Arte all’Arte? Devo dire però due parole per chi non l’ha conosciuta. Arte All’arte è stato un progetto durato 10 anni, dal 1996 al 2005, in cui l’Associazione Arte Continua, di cui facevano parte alcuni membri della galleria, in accordo con le amministrazioni locali, portava artisti contemporanei a lavorare e a confrontarsi con un territorio ricco di passato e di bellezze paesaggistiche. Sono nate alcune installazioni permanenti, molte delle quali hanno fatto una brutta fine per l’incuria delle Istituzioni, ed è stato rivalutato il territorio anche come distretto industriale evoluto, coinvolgendo alcune fabbriche della zona, e per i “giacimenti gastronomici”. Ma fondamentalmente Arte all’Arte è stata per la galleria Continua l’occasione per lavorare con artisti  e curatori stranieri e il miracolo è stato che tutti, più o meno da qualunque parte del mondo, convergessero in un luogo bellissimo quanto difficile da raggiungere quale è il Senese. Giusto?
Maurizio: «Giusto. Con Arte all’Arte ci siamo formati, seguendo soprattutto lo spirito di Pistoi. È stato fondamentale avere la fiducia di una persona che per noi era così importante e che era così generosa. Che ci ha fatto prima di tutto scoprire che l’arte non era chissà che, ma era fatta da persone normali, gli artisti».
Mario: «E poi Arte all’Arte ha significato il tentativo di agganciare l’Italia su un progetto che fosse internazionale, basato però sulla nostra specificità: le città d’arte, il nostro patrimonio culturale da rivalutare. Senza rincorrere i musei che in quegli anni nascevano come funghi».

Da dove è nata questa idea?
Maurizio: «In realtà proprio da Parigi, era il 1989, ci eravamo andati per il bicentenario della rivoluzione francese. Quando siamo arrivati al Louvre, abbiamo visto la piramide di Pei e siamo rimasti colpiti dall’armonia creata da un contesto storico che accoglieva un’opera contemporanea. Anche per questo abbiamo accettato l’invito di Parigi. In un certo senso tutto nasce da lì».
Dopo questa ispirazione cos’è successo?
Mario: «La scelta di aprire a san Gimignano, che era anche un modo per interpretare la globalizzazione e l’idea del glocal. Non avevamo clienti, per noi la sfida della globalizzazione non è stata nel 2008, ma nel 1990,  quando abbiamo aperto. Tanti ci dicevano: “perché non andate a Firenze, a Milano”, come se il mondo finiva lì. Noi invece volevamo capire che succedeva nel mondo, per questo abbiamo cominciato a fare fiere dappertutto, per noi è sempre stato importante essere presenti fisicamente, non solo con le opere. E abbiamo pensato a Arte all’Arte. Fino a che non è arrivata la crisi, in Italia si pensava che tutto andava benissimo, che noi italiani eravamo meglio degli altri. Non andava bene allora e con la globalizzazione men che meno».
Maurizio: «Alla fine del ’91, siamo andati alla fiera che Pistoi aveva organizzato a Firenze: “Attualissima”, ci siamo rovinati per andarci e con aIcuni artisti, come Serse, Manuela Sedmach, ancora ci lavoriamo. Ma l’importante era uscire per avere una prospettiva diversa. Un altro momento importante è stato “il Punto”, una rassegna fatta con Elio Grazioli e Marco Belpoliti: un week end di incontri sull’arte ma non solo, anche teatro e letteratura. Per noi è sempre stato importante allargare la prospettiva. In fondo la scelta di andare in Cina nasce dalla stessa idea: aprire una finestra sul mondo che sta cambiando e portare il pubblico cinese a conoscere artisti stranieri. A Parigi siamo andati fuori città perché lì tutto è centralizzato. Lo stesso a Cuba, può essere velocemente sfasciata, ma vogliamo provare a fare qualcosa nella direzione giusta. Non solo contestare la globalizzazione, ma agire in modo attivo, provare a vedere il mondo attraverso la cultura e quindi in maniera diversa. L’arte ci insegna che una piccola cosa può avere un prospettiva immensa. E Gli artisti amano questo tipo di confronto e amano creare un sistema d’attenzione in luoghi periferici, ma avendo gli occhi puntati sul piano internazionale».

Come è cambiato il mondo dell’arte in questi anni?
Maurizio: «È cambiato tantissimo. I cellulari, internet, il potenziale delle immagini, il mondo dell’arte è andato dietro tutto questo: le fiere e le aste on line. Tutto si è velocizzato, gli artisti oggi combattono in territori molto più popolati e per affermarsi devono essere molto bravi. Oggi, in due anni, un artista può fare tutte le tappe, ma ce la fa veramente chi capisce come funziona l’internazionalizzazione in questo mondo»
Dieci anni fa avete chiuso Arte all’Arte, avete pensato a come difendere il patrimonio che avete prodotto insieme agli artisti nel vostro territorio d’origine?
Mario: «Non tutta Arte all’Arte è finita dieci anni fa. Il tema della responsabilità sociale d’impresa oggi è più presente di prima e direi che abbiamo dato il nostro contributo. Facciamo ancora alcune serate “ArteXVino=Acqua” finalizzate a realizzare impianti idrici in zone del sud del mondo povere d’acqua. Ma Arte all’Arte è stata anche l’occasione per imparare a lavorare con il pubblico senza basarsi solo sulle risorse pubbliche, sperimentando una negoziazione per non fare cose scadenti, per cercare uno standard della via italiana. E tutto questo rimane. A maggior ragione oggi che stiamo cominciando un restauro del patrimonio diffuso. Insomma, un po’ di cose le abbiamo fatte e continuiamo a farle. Ma ora tocca ai giovani».
Cioè?
Mario: «Noi abbiamo avuto culo, la situazione era più fluida, ce l’abbiamo fatta anche facendo i debiti. Ma oggi è dura e mi piacerebbe vedere delle iniziative di giovani, anche di rottamatori, se necessario».
Adriana Polveroni

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