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lasciandoci un immenso corpus di scritti e riflessioni che costituiscono altrettante tappe fondamentali della moderna storia dell’arte.
I suoi libri sono dei best seller da sempre, testi immancabili nelle biblioteche di studiosi, ricercatori e semplici amanti dell’arte.
Era nato a Vienna da famiglia ebraica, il 30 marzo 1909; lì compì i primi studi con J. Von Schlosser e M. Dvorak. In causa dell’annessione dell’Austria alla Germania si rifugiò in Inghilterra nel 1936 eleggendola sua nuova patria. A Londra entrò in contatto con gli allievi di Aby Warburg che, con Fritz Saxl, aveva fondato l’Istituto di Ricerca Comparata sulla storiografia e la Metodologia dell’Arte che in seguito si chiamò Warburg Institute e che lo stesso Gombrich diresse per 15 anni (fino al 1974). Mente lucidissima fino agli ultimi anni, in occasione del suo novantesimo compleanno pubblicò una raccolta di saggi e ricordi autobiografici dal titolo “Esili”, in tempi recentissimi aveva alzata forte la voce invocando la costituzione di un comitato di esperti internazionali che sovrintendesse ai restauri della Cappella degli Scrovegni di Giotto, mentre nello scorso maggio aveva caldeggiato, con un gruppo di studiosi, il blocco di un progetto di restauro dell’”Adorazione dei Magi” degli Uffizi, opera incompiuta di Leonardo, troppo delicata per essere sottoposta ad interventi diversi da quelli meramente conservativi.
Una delle sue intuizioni più famose fu quella espressa nell’opera “Arte e illusione” (1959) in cui demolì il concetto di pittura come ricerca di una mimetica riproduzione della natura. Alla luce delle nuove possibilità interpretative offerte dalle scienze cognitive e rifacendosi alla lezione di Karl Popper, Gombrich sostenne il primato del quadro teorico di riferimento sull’osservazione empirica nell’analisi della storia dell’arte, affermando che l’arte attiene più al sapere che al vedere, quantunque anche il vedere sia in verità un interpretare in base al proprio bagaglio culturale.
In “Freud e la psicologia dell’arte” (1967) si accostò alla cultura analitica, evitando la dialettica psicanalitica dei contenuti ed affrontando decisamente e con rigore quella delle forme e degli stili. In “Immagini simboliche” spiegò di non essere un formalista ad ogni costo ma di puntare al superamento di falsi e fascinosi miti letterari in nome di una più empirica analisi dei rapporti che legano le opere d’arte alla cultura e alla società che le produssero.
Gombrich visse nella convinzione che esiste un “ordine e ritmo universale” cui anche l’arte soggiace e guardava con interesse agli effetti rivoluzionari dell’era di internet, un’era che però non gli sarebbe dovuta appartenere.
Crediamo che, in conclusione, non vi possa essere miglior tributo che ricordare le opere più importanti di Gombrich tradotte in italiano, perché continueranno ad essere per tutti momenti fondamentali della storia dell’arte, anche per quella prosa lucida e chiara che appartiene solo ai più grandi.
Opere di Ernst Hans Gombrich (Vienna 30.III.1909-Londra 3.XI.2001):
– La storia dell’arte raccontata da E. H. Gombrich (1950), Torino, 1966;
– Arte e illusione. Studio sulla psicologia della rappresentazione pittorica (1960), Torino, 1965;
– A cavallo di un manico di scopa. Saggi di teoria dell’arte (1963), Torino, 1971;
– Freud e la psicologia dell’arte. Stile, forma e struttura alla luce della psicoanalisi (1966), Torino, 1967;
– Norma e forma. Studi sull’arte del Rinascimento (1966), Torino, 1973;
– Aby Warburg. Una biografia intellettuale (1970), Milano, 1973;
– Immagini simboliche. Studi sull’arte del Rinascimento (1972), Torino, 1978;
– Il senso dell’ordine. Studio sulla psicologia dell’arte decorativa (1979), Torino, 1984;
– Ideali e idoli (1979), Torino, 1986;
– L’immagine e l’occhio. Altri studi sulla psicologia della rappresentazione pittorica (1982), Torino, 1985;
– Custodi della memoria (1984), Milano, 1985;
– L’eredità di Apelle. Studi sull’arte del Rinascimento, Torino, 1986;
– Sentieri verso l’arte, 1997.
– Breve storia del mondo (1935), edizione italiana rivista e accresciuta, Milano 1997.
Alfredo Sigolo
[Exibart]
indimenticabile il suo ritratto di Aby Warburg: preciso, acuto, intelligente, commovente. Ciao SIR Ernst
(copia/incolla)
Muore Gombrich, triste momento gcmrobih muore un gigante, si alzano e ritornano i suoi pensieri, un maestro senza uguali, un esempio per noi appassionati d’arte W mroihcgb… Ri-leggiamolo, Ri-cord-iamolo… Solo…
Addio maestro
Mi associo al saluto ad un grande del nostro tempo.
Gombrich è stato il maestro cui debbo il mio modo di indagare l’arte. Ne sono rimasti pochissimi come lui. La sua scomparsa lascia solo il nostro tempo.