Il 3 marzo 2023, a Roma, si è spento Franco Mulas, il pittore che ha raccontato il “dramma del paesaggio”, dove è riassunta, metaforicamente, la crisi profonda del nostro tempo. In cinque decenni, con intelligenza critica, attenzione alla società e amore per la pittura, Franco Mulas ha tracciato un arco lungo e ricco di capitoli. Un percorso iniziato con una figurazione di grande rigore che ha saputo raccogliere sollecitazioni internazionali e lo stimolo decisivo della Pop Art americana, con espliciti omaggi a James Rosenquist, che però non si declinano nella linea di una banale imitazione di modelli d’oltreoceano, ma che si collocano in modo autonomo e del tutto personale in un ampio contesto italiano ed europeo.
In oltre 50 anni di lavoro, Mulas ha sempre messo in luce le ferite del suo tempo, rarefacendo sempre di più la presenza dell’immagine per raggiungere il nucleo dolente di una pittura che si faceva pelle corrosa e lacerata, sia pure nella sua rigorosa e quasi metallica compattezza, in un accumulo di segni e velature che sembrano condensare tutti i passaggi del suo articolato cammino artistico.
Nato a Roma nel 1938, Mulas si è formato artisticamente presso l’Accademia di Francia a Roma ed è stato attivo sin dagli anni Sessanta con mostre personali e collettive tenute in gallerie e musei italiani e internazionali, tra cui si segnalano la Biennale di Venezia, la Triennale di Milano, il MASP di San Paolo del Brasile, la Quadriennale di Roma, il Museo Bilotti di Roma e il Palazzo dei Capitani del Popolo di Ascoli.
Mulas ha ottenuto anche importanti riconoscimenti come il Premio “Presidente della Repubblica” dell’Accademia Nazionale di San Luca per la pittura nel 1989 e il Premio Suzzara, dedicato alla pittura figurativa, nel 1995; per poi essere nominato Accademico di San Luca nel 2002.
Espressione significativa della formazione dell’artista risulta la prima serie di quadri: “Week-end” (Omaggio a Rosenquist) del 1967-1968. Tra gli anni Sessanta e Settanta, Mulas ha realizzato opere di potente impegno politico e sociale, passando dai cicli sui weekend italiani a quelli dedicati al Maggio Francese del 1968, fino a una progressiva riscoperta del paesaggio, tra romanticismo e astrazione.
Nel 1980 l’artista presenta alla galleria Il Ferro di Cavallo di Roma, la serie “Autoritratto Identikit”, un gruppo di quattro autoritratti eseguiti con la tecnica usata dalle forze dell’ordine per elaborare l’aspetto dei criminali. Sempre nello stesso anno, alla XXXIX Biennale di Venezia, espone la sequenza “L’albero rosso di Mondrian”, incentrata sulla definizione di un nuovo e originale rapporto tra natura e storia.
Negli ultimi anni Mulas ha riscoperto il rapporto con il meridione e con la sua storia sociale e culturale, con mostre personali all’ARATRO, il Museo Laboratorio di arte contemporanea dell’Università del Molise e al Museo Internazionale della Grafica a Castronuovo Sant’Andrea, esposizione dedicata alla figura di Sant’Andrea Avellino; mentre si apprestava a presentare le sue nuove opere dedicate a grandi scrittori di impegno sociale e politico come Carlo Levi e Rocco Scotellaro.
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