«Kasper König è stato uno dei grandi del mondo dell’arte. Con la sua conoscenza, il suo giudizio e la sua correttezza professionale ha riportato il Museo Ludwig a un livello di qualità internazionale». È quanto dichiarato da Yilmaz Dziewior, attualmente direttore del Museo Ludwig di Colonia, a proposito della scomparsa di Kasper König, che lo stesso museo lo aveva guidato dal 2000 al 2012.
Attivo nella scena mitteleuropea a partire dagli anni Sessanta, il suo percorso è stato un esempio di infaticabile creatività, innovazione progettuale e libertà di pensiero, a fianco degli artisti più significativi dell’epoca. Nato nel 1943 a Mettingen, mosse i primi passi presso l’attività di Rudolf Zwirner (padre del mega gallerista David Zwirner), nella quale in quel periodo stavano convergendo i protagonisti della Pop art e altre correnti emergenti a Colonia; affiancò poi il mercante Robert Fraser a Londra, dove seguì le lezioni al Courtauld Institute of Art, senza tuttavia raggiungere mai la laurea. Decisivi furono gli anni trascorsi a New York come rappresentante del Moderna Museet di Stoccolma, dove conobbe artisti del calibro di Claes Oldenburg, di cui curò la mostra nel 1966 nel museo svedese. Gli incontri e i sodalizi stretti nella prima parte della sua carriera confluirono in una delle irriverenti iniziative per cui König viene ricordato ancora oggi. Stiamo parlando dello Sculpture Projects di Münster, grande mostra diffusa che si tiene ogni dieci anni dal 1977 e che il curatore ha diretto per l’ultima volta nel 2017 (la prossima edizione è prevista per il 2027): tutto partì dalla scultura cientica Drei rotierende Quadrate che nel 1970 l’artista statunitense George Rickey aveva donato alla città, non senza critiche e polemiche da parte della sua amministrazione pubblica. Quello a cui diede vita il curatore tedesco fu una sorta di risposta politica in salsa dadaista, che negli anni ha coinvolto artisti come Joseph Beuys, George Brecht, Daniel Buren, Peter Fischli e David Weiss, Katharina Fritsch, Rebecca Horn, Robert Filliou, Donald Judd, Sol LeWitt e gli italiani Mario Merz, Ettore Spalletti, Giuseppe Penone, per citarne solo alcuni. Molte delle opere sono rimaste un lascito permanente nello spazio pubblico.
Le esposizioni di grandi dimensioni e risonanza internazionale furono al centro dell’attività curatoriale di Kasper König: parte attiva di consulenza di Harald Szeemann per la leggendaria Documenta 5 a Kassel, in Germania, è stato alla guida della decima e discussa edizione di Manifesta a San Pietroburgo nel 2014.
La direzione del Museum Ludwig di Colonia, durata dodici anni, è stata un modo per ribadire la cifra collettiva del museo secondo la sua personale concezione. Un luogo pubblico che «appartiene a tutti e a nessuno», aveva affermato. Un concetto di condivisione rafforzato dalla generosa donazione che il curatore aveva fatto al museo nel 2023, facendo entrare nella sua collezione circa 50 opere che sono andate ad arricchire in modo permanente le sue raccolte. Dipinti, sculture, opere su carta, multipli e oggetti: tra gli autori figurano Claudio Abate, Donald Judd, On Kawara, Edward Kienholz, Thomas Hirschhorn, Jenny Holzer e Robert Smithson tra gli altri. Pur non essendo un vero e proprio collezionista, il curatore aveva accumulato nel corso degli anni opere frutto di regali, scambi e comunione con gli artisti incontrati.
Dopo mezzo secolo di carriera, Kasper König è morto a Berlino all’età di 80 anni nella casa in cui viveva con la propria famiglia. Il prossimo settembre la casa d’aste Colonia Van Ham organizzerà un’asta comprendente parte della sua collezione.
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