Categorie: Personaggi

Fabbricare fiducia al tempo del Covid19 e oltre. Intervista a Giancarlo Sciascia

di - 11 Marzo 2021

Una fotografia di come siamo stati fragili ma, al tempo stesso, capaci di pensieri di futuro durante il lockdown. Nel libro edito da Rubbettino, insieme a una serie di approfondimenti originali, ci attende una selezione di oltre trenta “pillole di fiducia” in risposta alla call “Fabbricare fiducia” lanciata da Andrea Bartoli, co-fondatore di Farm Cultural Park, a cui hanno risposto oltre 100 amici visionari. Una riflessione corale che indica approcci per gestire il presente e mettere in discussione priorità e modelli di sviluppo in cui eravamo immersi nel pre-Covid-19, per trasformare il laboratorio della/e crisi in una fucina di possibilità. Ne parliamo con il curatore del libro, Giancarlo Sciascia.

CHARLES LANDRY, THE ART OF CREATIVE CITY MAKING, in mostra a Favara fino al 29 agosto 2021. Nadia Castronovo e Santo Di Miceli courtesy Farm Cultural Park

In che senso fabbricare fiducia?

«Nel suo contributo la fotografa e performer patavina Claudia Fabris ci ricorda che “in matematica la phi (Φ) rappresenta la sezione aurea. (…) Questa è la formula matematica per fiducia, bellezza e amore. Fidarsi è darsi una proporzione divina nella relazione col mondo, una proporzione armonica e bella nella relazione con l’altro”. Fabbricare fiducia significa andare in direzione ostinata e contraria rispetto alla presunta inevitabile durezza maschia delle relazioni sociali ispirate da una mano (troppo) invisibile che governa economia e società, in un avvitamento fra teoria e prassi in cui l’enfasi su un homo economicus incapace di empatia e reciprocità giustifica ogni insensata conseguenza e lede la dignità umana senza neanche far notizia».

Chi sono i fabbricanti fiducia nei quali ti sei imbattuto?

«Sono persone semplici, professori universitari, designer, urbanisti, architetti, artisti, galleristi, manager, studenti universitari e under18, formatori, imprenditori, filosofi e attivisti culturali».

Una sala espsositiva dedicata alla storia dell’Isola delle rose _ Cortile Bentivegna _ estate 2020. Nadia Castronovo e Santo Di Miceli courtesy Farm Cultural Park

Quante e quali sono le “fabbriche della fiducia” complessivamente attive che hai censito?

«Complessivamente sono una dozzina, una delle quali è stata aperta in un campus universitario in Messico per iniziativa di Marco Lampugnani, docente presso il Campus del TEC di Monterey: “Il virus, con la sua logica lucidamente implacabile ed efficiente, rivela tanto i limiti e le fragilità dei modelli di organizzazione nazionali (e delle relazioni implicite con i corpi intermedi) tanto degli sforzi di organizzazione globale. Al contempo favorisce la nascita o catalizza lo sviluppo di possibili alternative. Come Fabbricare fiducia.” Un altro nucleo di particolare rilevanza è Fabbricare fiducia-Architettura, promosso da Francesco Lipari: “L’emergenza dovuta al Covid-19 sta inaspettatamente delineando un inedito momento di centralità per l’architettura che prepotentemente ritorna, dopo tanti anni, al centro di un dibattito sull’abitare, dal momento che finalmente, e quasi unanimemente, si riconosce all’architettura la capacità di essere uno dei primi strumenti in grado di dare risposte immediate alle emergenze e uno dei pochi in grado di raccontare e interpretare spazi, luoghi e paesaggi che mettono in discussione vecchi e nuovi abitudini e stili di vita. Il momento storico che stiamo vivendo è per noi architetti un’occasione senza precedenti per poter riconsiderare le conseguenze delle nostre azioni progettuali.” In entrambi i casi oltre un centinaio di contributi sono stati collezionati e rielaborati».

EDEN di Morgana Orsetta Ghini, Palazzo Micciché, Countless Cities 2019, Biennale delle Città del Mondo di Farm Cultural Park. Nadia Castronovo e Santo Di Miceli courtesy Farm Cultural Park

Su quali problemi e opportunità si è concentrata l’attenzione dei cento visionari che hanno risposto alla call “Fabbricare fiducia” lanciata da Andrea Bartoli?

«C’è uno sguardo rivolto alla sfera socio-politica e alle grandi sfide del millennio: il cambiamento climatico e l’interdipendenza economica, la parità di genere e la questione generazionale. E c’è un altro sguardo rivolto allo spazio interiore, alla propria capacità di ascolto e attenzione, al bisogno di lentezza, gentilezza, cura delle relazioni per potersi dare il tempo che serve per crescere organicamente, assimilare la bellezza, educare la nostra immaginazione e imparare a sognare, progettare, proiettarsi e, perché no?, costruire insieme i futuri per noi più desiderabili».

BAZOOCoV Anticorpi planetari e Analgesici comunitari, Analogique per Fabbricare FiduciaStudio. Studio Analogique

Nel libro c’è anche una riflessione sulla valenza della fiducia come infrastruttura immateriale per disegnare una fase ricostituente per la cultura e, più in generale, per la tenuta democratica del nostro Paese. Ci dai qualche anticipazione in merito?

«Un aspetto a mio avviso centrale è relativo all’innovazione tecnologica non adeguatamente accompagnata da un’evoluzione socio-culturale, da un’acculturazione diffusa e da una consapevolezza di base sufficienti per non subire i dispositivi che portiamo con noi o indossiamo. Ciò a cui mi riferisco è in particolare la necessità di un investimento urgente, ingente e lungimirante sull’educazione ai media digitali e sociali, al loro uso informato e critico. Tale priorità è fra le condizioni che potrà far sì che la quarta rivoluzione industriale produca più opportunità che scompensi in termini lavorativi e di inclusione sociale. La sfida è ancora aperta e al centro di questa dinamica ci sono l’ecosistema dell’informazione, il ruolo della creatività e l’empatia. Come abbiamo potuto constatare con l’episodio di Capitol Hill, la polarizzazione esistente sui social network delle nostre camere dell’eco (o dell’ego?) ha portato gli USA sull’orlo del golpe. Al cuore di questa frattura fra le due Americhe, che ci riguarda più da vicino di quanto pensiamo, c’è una crisi di fiducia, uno svuotamento della credibilità delle istituzioni, dei media e della scienza. Rimettere al centro la fiducia significa porre la giusta attenzione alla manutenzione degli ingranaggi che rendono possibile il funzionamento della nostra società, complessa, articolata e ricca di diversità. Se il fine è la tenuta democratica, cioè l’agibilità per un modello di sviluppo sostenibile e inclusivo, il mezzo è la partecipazione culturale, attraverso l’arte di mediare fra linguaggi e identità per permettere la rappresentazione di fenomeni sfaccettati e il confronto o anche il conflitto costruttivo fra le idee. “Nell’era della Pandemia Climatica abbiamo l’obbligo di ripensare radicalmente il modello di sviluppo assecondandone la sua metamorfosi verso una resilienza strutturale” (Maurizio Carta). In altri termini, “Andrà tutto bene solo se ognuno di noi farà la sua parte”».

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