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Firenze tv e il teatro sul web: intervista a Tommaso Sacchi
Personaggi
I teatri, come sappiamo, sono stati i primi a chiudere per l’emergenza Covid-19 e, molto presumibilmente, saranno gli ultimi a riaprire. Per questo la Fondazione Teatro della Toscana ha deciso di promuovere diverse iniziative, tra cui un’azione sul web per far vivere il teatro direttamente a casa degli spettatori: ogni giorno, sul canale YouTube Firenze TV alle ore 20:45, ora di inizio canonico degli spettacoli al Teatro della Pergola del capoluogo toscano, si cerca di ricostruire la comunità, con video originali realizzati da artisti come Gabriele Lavia, Glauco Mari, Vicino Marchionni, Vittoria Puccini, Claudio Santamaria, Isabella Ferrari, Luca Argentero. A cui si aggiungono, poi, contenuti a carattere storico pubblicati sui canali social della Fondazione a cura del proprio Centro Studi, e i contributi dei Nuovi e della Scuola di formazione del mestiere dell’attore l’Oltrarno diretta da Pierfrancesco Favino, fondamentali per la dinamicità della piattaforma.
Ne parliamo con Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura, Moda e Design del Comune di Firenze e Presidente della Fondazione Teatro della Toscana, con la collaborazione di Marco Giorgetti, Direttore generale e di Stefano Accorsi, Direttore artistico.
Qual è il senso di Firenze TV?
«Firenze TV non è un’esperienza sostitutiva del Teatro, che è un rito e un evento sociale, il senso è quello di tenere accesa una luce attraverso il racconto, ma non di sostituirla. Nulla può sostituire il respiro, il rumore delle assi del palco, l’emozione di entrare in una sala e vivere un’esperienza teatrale. Non è in nessun modo sostitutiva. Nostro malgrado stiamo attraversando uno dei momenti più difficili del nostro vivere contemporaneo: per le disposizioni di legge non è possibile incentivare la prossimità tra le persone e, quindi, ritrovarsi negli spazi socio-culturali della città. L’idea che ci ha fatto sviluppare FIRENZE TV l’avevo lanciata durante una conferenza stampa, l’ultima fatta nella mia attività pubblica prima della chiusura, dove tutti si sono ritrovati con il distanziamento interpersonale di un metro e grandi croci di scotch sulle poltrone per non far sedere le persone troppo vicine in sala. Avevo proposto di non spegnere il racconto e di creare delle video proposte, monologhi di natura varia, anche di musica, di intrattenimento, che potessero tenere accesa una piccola luce sulla parola Pergola, sulla parola Teatro. Hanno aderito sia nomi di grande richiamo, sia giovani autori e figure meno note: uno slancio collettivo. È stato un modo confortante: un canale digitale può essere comunque utile all’interazione in un momento dettato da una cosa così innaturale come quella di stare lontani».
Penso a Federico Garcia Lorca quando diceva che il teatro, come strumento di espressione più utile per la formazione di un Paese è un barometro che ne segna la grandezza o la decadenza. “Un popolo che non aiuta e non favorisce il teatro se non è morto è moribondo. Così il teatro che non raccoglie il palpito sociale, il palpito storico, il dramma delle sue genti, non ha diritto di chiamarsi teatro, ma sala da gioco o luogo per fare quella orribile cosa che si chiama uccidere il tempo”. Cosa ne pensa di queste parole del drammaturgo spagnolo?
«Mi piace molto sia Federico Garcia Lorca sia questa sua definizione di teatro come elemento necessario che segna la vita, una sorta di meridiana della città che ne scandisce il tempo. Il giorno in cui ho chiuso la Pergola, in città si è creato un silenzio assordante. Una città che ha la meridiana del tempo ferma e, quindi, è una città che soffre molto: il teatro è una sorta di termometro, anche perché raccoglie la pulsazione dei cuori che abitano una città e di tutti coloro che vi lavorano. Mi piace ricordare che la Pergola è il primo teatro all’italiana del mondo, per il sistema di palchi e la struttura architettonica all’italiana».
Pensando ai progetti realizzabili per il teatro di domani, l’attenzione va ai giovani, alle nuove generazioni: che cos’è la Carta 18/XXI?
«È un importante accordo siglato a Parigi con Emmanuel Demarcy-Mota, direttore del Théatre de la Ville di Parigi, insieme all’astrofisico Jean Audouze e a Marco Giorgetti, riunendo un insieme di artisti, scienziati e filosofi. La Carta 18/XXI è un invito al dialogo fra generazioni, un ponte fra luoghi, città, Paesi. È un invito a immaginare e a realizzare dei progetti con la gioventù del XXI secolo che vede il Teatro della Pergola inteso come una porta verso l’Europa. Tengo molto a questo progetto che coinvolge le nuove generazioni e mira all’interazione tra culture e diversità, e intende il teatro come un luogo culturale e sociale che sia anche spazio di dibattito sulla contemporaneità e sugli aspetti politici della Storia. Una chiamata per i giovani, per gli artisti, basata sulla convinzione che la cultura possa instaurare legami sociali e abbia il potere di arricchire e comunicare attraverso gli incontri con gli altri. Questo dialogo è all’interno dell’Europa, lontano da dogmi e limiti. Bertolt Brecht diceva Quando cambia la luna, la nuova tiene la vecchia tra le sue braccia una notte intera. Il rapporto tra il Teatro della Pergola di Firenze e il Théatre de la Ville di Parigi ha portato, nell’ottobre scorso, lo spettacolo Mary Said What She Said con Isabelle Huppert diretta da Robert Wilson, che è stato sold out per tre sere.
Ci sarà bisogno come non mai di tornare nei teatri con un paradigma di linguaggio nuovo, ma non per questo meno interessante».