Categorie: Personaggi

Graffiti Never Die/ CARNE

di - 8 Luglio 2019
Un lungo percorso artistico, partito dal writing, passato per lo studio del territorio e degli spazi dove operare, e ora un nuovo progetto intitolato Compiuta Resonance dove il suono diventa texture pittorica, in grado di continuare il pezzo…Ecco l’idea di CARNE
Come nascono la collaborazione con Deison e l’idea di porre in ‘dialogo circolare’ pittura e suono, post-graffitismo e noise?
«Ho sempre trovato affascinante il suono dello spray in azione e quello delle sfere al suo interno. Dipingendo in spazi abbandonati, immerso in quel silenzio così profondo che solo questi spazi possono darti, questa fascinazione non ha fatto altro che accrescere. Inoltre ho un trascorso nel campo della musica, uno dei miei maggiori interessi da sempre. Con queste premesse, dopo aver assistito alla performance Body of Reverbs di Michele Servadio, mi sono chiesto se il suono dell’oggetto che tanto mi ammalia potesse essere amplificato e cosa si potesse ottenere da tale amplificazione. È iniziata così la collaborazione con Deison, storico musicista della scena noise nazionale, che ha immediatamente colto la sfida. Il connubio tra noise e post graffitismo è nato quindi per impulso e per curiosità di ricerca e non è altro che un piccolo tributo alla grande Arte Totale delineata dai Maestri del ‘900. L’intesa con Deison è stata immediata perché le nostre ricerche, se pur sviluppate con linguaggi diversi, hanno molti punti in comune».

CARNE, Compiuta Resonance

In cosa consiste il vostro nuovo progetto Compiuta Resonance da un punto di vista tecnico, estetico e tematico?
«Da un punto di vista tecnico si tratta di una struttura sonora costruita mediante l’amplificazione e la processazione del suono dello spray con l’impiego di strumentazione sia analogica che digitale. Come tutti i progetti sviluppati da zero, in assenza di precedenti simili, è stato complicato.  Abbiamo dovuto capire che tipo di attrezzatura utilizzare e come farlo, costruirci apparecchiature per porre rimedio ad alcuni problemi tecnici e molto altro ancora. Ma fin da subito era chiaro un obiettivo: non voler eseguire una performance in cui la musica influenzasse la ritmica pittorica o viceversa, cadendo in una retorica performativa già inflazionata. In Compiuta Resonance il tipo di dialogo è completamente diverso, nuovo e più complesso: il suono è creato dallo strumento pittorico e dalla gestualità del suo utilizzo ed è il musicista che deve essere in grado di utilizzare questi mezzi al meglio per creare la texture sonora; da questo rimando acustico la pittura dovrà essere in grado di continuare la “stesura” del pezzo in un continuo rimbalzo di stimoli tra pittore e musicista. Il tutto viene reso ancora più difficile dall’aleatorietà dello spray, che non consente la reiterazione di uno stesso suono. Compiuta Resonance è, quindi, di fatto, una performance imprevedibile nel risultato finale. Malgrado sia definita la trama estetica, il risultato narrativo è dettato completamente dal caso. Il tema in fondo è lo stesso di tutta la mia ricerca artistica: narrare il contrasto in tutte le sue forme; e in questo caso è la ritmica contro il rumore più estremo, il silenzio contro il suono, volersi esprimere affidandosi ad un linguaggio del tutto casuale, un dialogo tra due persone in cui non c’è parola. Non può esistere una fine senza un inizio. Questo è Compiuta Resonance».

CARNE, Compiuta Resonance

Street Art tra circuito underground e circuito mainstream: qual è il tuo rapporto con questi due ambiti? Dove si colloca il tuo lavoro e il tuo pensiero?
«Per me ciò che conta è l’attitudine e la purezza d’intenti. Ci sono artisti underground che sono arrivati al mainstream perché sono stati in grado di comunicare emozioni e vibrazioni che sono state recepite su larga scala e lo hanno fatto senza tradire sé stessi, senza cedere neppure di un millimetro alla cultura “pop”. Ritengo che in questo stia la grandezza di un artista. Non c’è contrasto tra mainstream e underground, il contrasto sta nell’approccio con cui si svolge il proprio lavoro. La protesta quando diventa ‘professione’, perde – ai miei occhi – tutta la sua dirompenza ed energia. Specialmente nel nostro Paese accade che, per fare “protesta”, si venga pagati con i soldi di quello stesso sistema che si contesta: c’è chi lo trova ipocrita, chi “macchiavellico”, io lo trovo semplicemente una perdita di efficacia del messaggio che si vuole trasmettere. Ormai da anni, sia per il tipo lavoro che svolgo che per il mio pensiero, mi ritengo semplicemente un cane sciolto».
Hai anche ‘teorizzato’ una Nazione della Decadenza: di cosa si tratta?
«L’inesorabile declino dell’industria occidentale ha portato al disfacimento della stessa società che il mito industriale aveva creato nell’auto-celebrazione della propria invincibilità e infallibilità. Migliaia di scheletri di cemento armato adornano le città e le campagne europee a corredo funebre di ciò e a perenne memoria del fallimento politico, economico e sociale a cui il credo dell’infinita crescita industriale ci ha condotto. Paesi resi fantasma dalle emigrazioni economiche, industrie dismesse, palazzi del potere burocratico abbandonati a loro stessi e molto altro ancora costituiscono di fatto una terra di nessuno in cui è venuto meno il controllo governativo e dov’è saltata qualsiasi dinamica sociale considerabile normale per la società industriale. Di fatto, per numeri e vastità del fenomeno, si configura così una possibile, se pur piccola, Nazione. Una Nazione tra le Nazioni. La Nazione della Decadenza».

CARNE, Compiuta Resonance

Il ‘Manifesto Totalitarista’ da te ideato per questo ‘nuovo stato’ è provocatoriamente efficace: puoi accennarcene i passaggi chiave?
«Non è possibile rimediare al disfacimento della società occidentale affrontandone separatamente i suoi vari aspetti. Il problema va affrontato in maniera olistica e per questo il Totalitarismo della Rovina non possiede punti chiave, ma è esso stesso chiave nella sua totalità e nella sua totalità va compreso e messo in atto. La società occidentale ha ormai toccato il fondo sotto ogni aspetto, sia esso sociale, economico o ambientale e una delle cause è la visione alterata di democrazia sulla quale si fonda. Malgrado ciò, attraverso un comodo auto-convincimento di massa, continuiamo a riporre in questa alterata visione l’unica possibilità di uscita da questo sfacelo. In mancanza, quindi, di una concreta e lungimirante analisi che possa porre rimedio all’attuale disastro, l’unica via di sopravvivenza è sradicare ogni concetto democratico e arrivare alle sue estreme conseguenze. I diritti non saranno più contingenti, in un futuro ormai prossimo il contingente sarà pensare a sopravvivere».
Ci descriveresti il progetto fotografico partecipativo sui temi dell’abbandono e della decadenza che stai coordinando?
«Il progetto altro non è altro che la documentazione della nascita di questa Nazione. Persone provenienti da tutta Europa, risvegliatesi dal torpore e mosse dallo spirito di sopravvivenza, hanno risposto alla mia chiamata e stanno conquistando passo dopo passo l’abbandono. La Nazione della Decadenza sta gettando le sue fondamenta e noi abbiamo deciso di documentare tale processo per narrare la vittoria ai nostri posteri».

Maria Chiara Wang

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