L’artista Alessandro Valeri è il protagonista della sedicesima puntata di Idee per il futuro, la rubrica di exibart che dà la parola agli artisti per immaginare, insieme, nuove possibilità per l’arte a seguito della pandemia da Covid-19.
Alessandro Valeri vive e lavora a Roma. Si è formato presso l’Istituto di Stato per la cinematografia e televisione Roberto Rossellini e il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Il suo studio risiede nel Pastificio Cerere, già culla della Nuova Scuola Romana. La sua ricerca lo ha portato su un percorso strutturato tra materiali e tecniche diverse – installazione, fotografia, disegno, scrittura, video, pubblicità, pittura, scultura– con un’attenzione critica nei confronti della realtà che di volta in volta interroga e indaga.
Il suo lavoro nasce da un desiderio di partecipazione e condivisione creativa e sociale che porti un cambiamento nella coscienza individuale e collettiva. Ha espresso la sua ispirazione artistica anche nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e sociale, firmando campagne per i maggiori brand nazionali ed internazionali e vincendo alcuni tra i più importanti premi del settore.
Ha esposto in diversi musei e gallerie tra cui MAXXI e Macro, Roma, PAN, Napoli, Galleria Il Ponte Contemporanea, Palazzo Reale, Milano, “Progetto Oreste cinema”, 48ma e 56ma Biennale di Venezia; Palazzo delle Esposizioni, Roma.
«Chiedere o dire alla fine sono la stessa cosa.
La natura umana si sfoglia al tempo consumandosi.
Siamo vecchi ormai, incartati nell’intreccio della incomprensione.
Questo piccolo saggio di orrore dovrebbe cambiare cosa di meno di guerre come le nostre ultime due o “la spagnola”?
Io per primo non voglio tornare al prima COVID, ma sto parlando di un atto materiale, non andrei oltre la mia “unica possibilità”. Lavoro da tanto al concetto del nastro circolare dove appariamo viviamo e scompariamo, da quando siamo diventati umani.
Mi chiedo, valori, quali, quali reali? La mia risposta è nessuno. Non posso pensare di creare per il tempo in cui esisto sul nastro o per il tempo prima.
Una sola possibilità, magnifica, in questa nostra breve ed unica vita».
Tre cose che chiederesti per far fronte al futuro, come professionista dell’arte (Denaro? Possibilità di esporre? Studio gratuito? Minori imposte sulla Partita Iva? Abbassamento dell’IVA per chi decide di investire in arte? Creazione di un sindacato?…)
«Per lo stesso motivo la prima cosa delle tre che mi dici di chiedere oggi è, dire! Perché dire, mi ripeto, è chiedere. Dico che per tutto quello che è stato e non dovrebbe essere ancora e mai più che, nel nostro paese, venga riconosciuto il ruolo di “essere” artista dopo quello di “essere” umano, senza che, come la collega Adelaide Cioni (in questa rubrica il 14 maggio) che ha dovuto subire senza possibilità di replica e riscatto, avvenga la negazione di avere scritto sulla sua propria carta d’identità la sua identità lavorativa di “artista”.
Poter vivere da artista e non morire da artista: spazi pubblici da mettere a disposizione per poter realizzare i propri studi per coloro che nonostante concretamente attivi e riconosciuti, non abbiano ancora sufficiente reddito per avere uno studio all’altezza della realizzazione dei propri progetti, e una totale detassazione fino al raggiungimento di un reddito netto minimo sufficiente per una vita dignitosa.
Altresì in attesa di un riassestamento economico mettere a disposizione luoghi istituzionali per far esporre e far conoscere giovani artisti. La possibilità per collezionisti musei fondazioni gallerie ed aziende, di poter detrarre totalmente dai redditi quanto investito in opere d’arte contemporanea, sostegno a progetti, sponsorizzazioni, e di dare a tutta la filiera dell’arte agevolazioni fiscali simili a quelle dell’editoria».
Ci puoi dire un motivo per cui, secondo te, ancora oggi in Italia si fatica a riconoscere i diritti degli artisti come categoria professionale?
«A mio avviso questo è avvenuto lentamente dalla fine degli anni settanta con l’avvento dalla televisione che ha generato quell’edonismo di massa (vedi P.P. Pasolini, corsera 9 dicembre 1975) che ha reso la nostra società talmente materiale da farle perdere il senso dell’equilibrio tra sensibile e insensibile. Focalizzandosi su l’opera d’arte come oggetto, e non come contenitore, si è perso l’approccio alla sensibilità mediato dal possesso di un testimone cool. Attualmente il sistema dell’arte, Il mercato dell’arte, separano gli artisti indebolendo la loro singola immagine, rendendone più difficile la comunione».
Parliamo dei danni, oltre a quelli morali. A quali progetti stavi lavorando prima di questo isolamento, ma soprattutto prevedi che si concretizzeranno o dovranno essere abbandonati?
«Lavoravo ad un progetto commissionato per un museo civico italiano curato da Annalisa Ferraro e al quale ho continuato a lavorare durate il lockdown, doveva essere per maggio ma slitta entro ottobre. Anche un altro progetto di galleria, la L & C Tirelli di Vevey con cui avevo da poco iniziato a lavorare slitterà con la programmazione della galleria. Il primo aprile dovevo incontrare di nuovo l’intellettuale Edna Barromi Perlman che sarebbe tornata di nuovo a Roma da Tel Aviv per uno studio visit da me (ci eravamo visti a Roma il 20 febbraio in galleria), per un progetto di mostra in Israele, ora ci stiamo lavorando via skype…
Fiere saltate, specialmente Roma Arte in Nuvola quella nella nuvola di Fuxas che da romano ero veramente felice per la mia città. Danni: tre mostre inaugurate tra gennaio e febbraio, la prima al museo MAXXI di Roma, “An iron ring” curata da Fiorella Bassan e Giorgia Calò, la seconda alla galleria Art&Co di Parma, “Le charme discret du temps” in dialogo con Salvador Dalì, curata da Simone Viola e Alice Pezzali. Due mostre molto impegnative, un anno di lavoro… La terza con il collega Ottavio Celestino, “Sezione Aurea” alla SU gallery di Roma ancora in corso nella galleria chiusa…
I risultati economici sono rimasti in gran parte congelati a dispetto dei costi di produzione…Per la mostra di Parma era previsto in marzo un bellissimo evento di presentazione del videoart “MONOLOGUE” della performance avvenuta durante l’inaugurazione il 25 gennaio, purtroppo saltato e non più schedulabile…».
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