Idee per il futuro è la nuova rubrica di exibart, per dare la parola agli artisti e immaginare, insieme, nuove idee per il futuro, oltre che per provare a capire come realizzarlo, dopo l’emergenza Covid-19: l’appuntamento di oggi è con Marinella Senatore.
Artista multidisciplinare, la cui ricerca incrocia i temi delle strutture relazionali e delle pratiche performative con la cultura popolare, Marinella Senatore è nata il 21 marzo 1977 a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, al Conservatorio di musica e alla Scuola Nazionale di Cinema di Roma.
Ha realizzato performance, dipinti, collage, installazioni, video e fotografie, coinvolgendo intere comunità intorno a tematiche sociali e questioni urbane, quali l’emancipazione e l’uguaglianza, i sistemi di aggregazione e le condizioni dei lavoratori. A novembre 2019, Marinella Senatore ha presentato un’ulteriore tappa di The School of Narrative Dance, progetto iniziato nel 2013. In questa occasione, a Cold Spring, New York, con il supporto di Magazzino Italian Art, Foundation, sono state coinvolte oltre 700 persone e 150 performer della comunità locale, nell’organizzazione di una grande parata.
Le sue opere sono state esposto in diverse sedi, in Italia e in tutto il mondo, come il Centre Pompidou di Parigi, il museo MAXXI di Roma, la Kunsthaus di Zurigo, il Castello di Rivoli, il Palais de Tokyo di Parigi, la High Line di New York, il Museo Madre di Napoli, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, la Serpentine Gallery di Londra, Palazzo Grassi a Venezia, il Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, il Moderna Museet di Stoccolma. Ha partecipato a molte importanti manifestazioni internazionali, come Manifesta 12 e alle Biennali di Lione, Liverpool, Atene, Havana e Venezia. Marinella Senatore ha vinto la quarta edizione dell’Italian Council, il Premio MAXXI, la fellowship della American Academy in Rome e il New York Prize.
Tre cose che chiederesti per far fronte al futuro, come professionista dell’arte (Denaro? Possibilità di esporre? Studio gratuito? Minori imposte sulla Partita Iva? Abbassamento dell’IVA per chi decide di investire in arte? Creazione di un sindacato?…)
«Minori imposte, costituzione di sindacato e albo, sussidi all’intermittenza e disoccupazione come qualunque altro lavoratore».
Ci puoi dire un motivo per cui, secondo te, ancora oggi in Italia si fatica a riconoscere i diritti degli artisti come categoria professionale?
«Ho spesso parlato pubblicamente di quello che non funziona dal mio punto di vista e senz’altro nella politica ritrovo la mancanza di visione. Ci sono bravi artisti, buone gallerie e collezionisti in Italia, tutto il resto, che manca, è il sostegno pubblico, a cominciare dall’immagine stessa che questo Paese restituisce all’estero: non investire nel contemporaneo. Per fortuna il lavoro non mi manca e gli ultimi anni sono stati veramente intensissimi, ma mi ritrovo spessissimo ad essere l‘unica italiana (almeno della mia generazione) in musei internazionali, in Biennali in giro per il mondo e lo dico con grandissimo rammarico perché penso sia gravissimo.
Trovo altrettanto grave che operatori del settore all’estero non diano anch’essi l’idea di considerare gli artisti italiani per i loro progetti (rispettando le scelte intellettuali è bizzarro che davvero nessun italiano possa essere idoneo), e spesso mi sono trovata a tavoli con galleristi stranieri che mi commentavano quanto per loro fosse difficile e poco conveniente il “prodotto Italia”, definizione abbastanza discutibile, ma la riporto fedelmente.
La mancanza di sostegno attraverso premi dal respiro davvero internazionale, la burocrazia limitante che rallenta tutto, la mancanza di posizioni fiscali, l’assenza da supporto nei progetti di residenza internazionali sono le prime e più gravi mancanze. Anche recentemente i fondi a sostegno delle arti non hanno nemmeno considerato gli artisti visivi, e se la politica continua a dare questo segno, perché altri dovrebbero puntare e investire su di noi?».
Parliamo dei danni, oltre a quelli morali. A che progetti stavi lavorando prima di questo isolamento, ma soprattutto prevedi che si concretizzeranno o dovranno essere abbandonati?
«Avevo in programma tre biennali internazionali e tra collettive e solo show circa 8-9 progetti: tutto è stato posticipato a data da destinarsi, con la conseguente mancanza di introiti; anche le vendite al momento sembrano quasi paralizzate e i pagamenti già dovuti estremamente ritardati, in molti casi senza apparenti motivazioni, perché si attendevano molto prima della pandemia, che ahimè, sembra essere una scusa molto efficace sia per il pubblico che per il privato».
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