Nikas Safronov, uno degli artisti più celebri della Russia contemporanea, ha recentemente catturato l’attenzione internazionale con un gesto di straordinaria generosità e significato simbolico. Durante un’udienza privata presso Casa Santa Marta, Safronov ha donato a Papa Francesco due delle sue opere più significative, consolidando il suo ruolo di ambasciatore culturale e spirituale.
Le opere donate includono un dipinto della Basilica di San José de Flores a Buenos Aires, un luogo profondamente significativo per il Pontefice, poiché rappresenta il punto di inizio della sua vocazione spirituale. Questo dipinto ha avuto un viaggio straordinario: è stato persino inviato sulla Stazione Spaziale Internazionale, orbitando attorno alla Terra oltre 3.000 volte prima di essere consegnato al Papa. L’altra opera, un ritratto del Santo Padre, riflette l’abilità unica di Safronov nel catturare l’essenza spirituale dei suoi soggetti.
Safronov è noto per il suo stile distintivo, il “Dream Vision”, che fonde realismo e surrealismo. La sua carriera, iniziata negli anni ’70, lo ha portato a dipingere ritratti di figure iconiche come Sophia Loren, Robert De Niro e Dmitri Medvedev. Formatosi nell’Accademia d’Arte Surikov di Mosca, la sua prima mostra risale al 1978. Negli anni ha acquisito notorietà grazie ai suoi ritratti psicologici e alle opere dal forte impatto simbolico, ricevendo prestigiosi riconoscimenti come il titolo di Artista Onorato della Federazione Russa e quello di Accademico della Russian Academy of Fine Arts. In questa intervista esclusiva, racconta il suo incontro con papa Francesco, il valore dell’arte come ponte tra culture e il viaggio straordinario di una sua opera, che rappresenta la Basilica di Buenos Aires, nello spazio.
L’incontro con papa Francesco ha messo in evidenza il legame tra arte e spiritualità. In che modo la fede e la cultura hanno influenzato il suo percorso artistico e la sua visione del mondo?
«Inizio sempre i miei dipinti con la preghiera e li concludo allo stesso modo. Eseguo una sorta di rituale affinché siano colmi di energia. La prima componente proviene da me, mentre la seconda consiste nel portarli in mostre in giro per il mondo o in Russia; a volte vengono esposti nei luoghi di culto, dove si caricano di ulteriore energia. I quadri possono anche contribuire alla guarigione. Alcune persone raccontano che un dipinto acquistato le ha aiutate a guarire un bambino da una patologia. Potete crederci o meno, ma un’opera d’arte, in modo impalpabile, trasmette comunque un’energia, poiché è impregnata dell’aura positiva dell’artista e di coloro che la ammirano.
Quando dipingo, la preghiera mi conduce a uno stato di purezza interiore. Non importa se sto realizzando un ritratto o un paesaggio: spiritualità e creatività sono intimamente legate. In questo senso, non c’è differenza tra un sacerdote e un artista: entrambi si connettono con il divino attraverso la loro vocazione. Il rapporto dell’artista con l’arte può essere paragonato alla preghiera che i sacerdoti recitano durante la messa.
Per questo, quando vidi la basilica di Buenos Aires, primo luogo del ministero del pontefice, decisi di realizzare immediatamente uno schizzo, senza sapere che un giorno avrei donato l’opera terminata al Papa. Anche quando l’astronauta Artemiev mi propose di portarla nello spazio, non sapevo nulla della nostra futura udienza. Non c’erano ancora i presupposti. Ma poi accadde che il Pontefice venne a conoscenza di quel dipinto e volle vederlo con i propri occhi. Accettai volentieri di donarglielo.
Emozionato e in attesa dell’incontro con papa Francesco, dipinsi il suo ritratto in quell’istante stesso. Il ritratto non lo impressionò particolarmente, poiché ne aveva già ricevuti molti, ma mi fu comunque grato. Tuttavia fu così colpito dal dipinto che, a un certo punto, i suoi occhi si inumidirono per l’emozione che provava nel cuore. Il Papa ricordò la chiesa simbolo del primo passo della sua vocazione spirituale».
La presenza di una sua opera sulla Stazione Spaziale Internazionale è un evento straordinario. Come è nato questo progetto e cosa rappresenta per lei sapere che una sua creazione ha compiuto un viaggio così straordinario, orbitando oltre 3.000 volte attorno alla Terra per poi entrare a far parte della collezione del Vaticano?
«Un quadro che raffigura una chiesa è carico di energia su un piano sottile; non la vediamo, ma esiste comunque. Quando i tedeschi si avvicinarono a Mosca nel 1941, Stalin fece collocare l’icona della Madre di Dio di Kazan su un aereo che sorvolava la città. Si ritiene che, grazie a questa icona, i tedeschi non riuscirono a entrare a Mosca.
Quando la peste colpì la Russia durante il regno di Pietro I, egli ordinò che le campane venissero suonate in tutte le città, dalla mattina alla sera, e la malattia scomparve. La spiritualità non conosce né spazio né distanze: quando qualcosa di sacro si eleva oltre l’atmosfera, si carica anche di energia cosmica.
Poiché Dio non ha confini – l’intero universo è stato creato da Lui – esiste un’ulteriore risorsa sotto forma di energia donata dal cosmo. Noi crediamo, e la fede ci dà ulteriore certezza, che tutto sia fatto nel modo giusto, così come deve essere.
Le persone pagano 50 milioni di dollari a testa per volare nello spazio e orbitare attorno alla Terra. Si allenano e si preparano a lungo per il volo, fanno di tutto per entrare in contatto con lo spazio e vedere il nostro pianeta dall’alto.
Perché un uomo fa questo? A quanto pare, a livello inconscio, sente che acquisirà qualcosa di nuovo, scoprirà aspetti finora sconosciuti e otterrà nuove forze ed energie. Forse allungherà persino la propria vita. Non lo so, ma in ogni caso, l’essere umano è sempre stato attratto dal cosmo. Coloro che hanno la fortuna di entrare in contatto con esso diventano persone speciali. Ho affidato il dipinto allo spazio con questi pensieri in mente.
Il fatto che manufatti o opere d’arte giungano a lui porta con sé un’altra missione storica. Il Papa ci ha donato una medaglia, da lui stesso consacrata. Questi doni proteggono e benedicono coloro che li ricevono».
Il fatto che il Papa abbia accolto un artista russo in un’udienza personale durante un periodo di tensioni internazionali è un segnale forte. Qual è il messaggio che spera di trasmettere attraverso questo incontro?
«Innanzitutto, sono grato al Papa per essere un uomo puntuale e dignitoso. Un mese e mezzo fa mi ha concesso un’udienza e ha mantenuto la parola, nonostante la sua malattia, ricevendomi comunque. Si è reso conto che avevo viaggiato appositamente per incontrarlo e che forse avevo impegni in altri giorni.
Sono un artista e per me la nazionalità non ha importanza. Sono al di fuori del tempo e dello spazio. Posso vivere a Londra, Parigi, Abu Dhabi, in Bahrain o in qualsiasi altro luogo; ovunque vada, porto l’arte nel mondo. Anche il Papa, ovunque si trovi, diffonde la spiritualità, sostiene la pace e l’amore, costruisce ponti – come ha detto – tra tutte le persone, attraverso l’arte e la fede. Questo è pienamente in linea con la mia missione.
Sono ovunque e il mio passaporto è russo, ma non appartengo ad alcun partito politico. Ho ritratto Bush, Clinton, il re del Bahrain, Ilham Aliyev, il presidente dell’Azerbaigian, suo padre Heydar, l’ex presidente turco Demirel e l’attuale presidente turco Erdogan.
Ho dipinto più di 50 ritratti di presidenti: loro mi invitano, io dipingo. Non guardano la mia nazionalità, ma il valore del mio lavoro. Vogliono vedere i loro ritratti realizzati da un artista professionista, da un maestro.
Tutto questo non ha una connotazione politica. Naturalmente, desidero la pace e l’armonia nel mondo, come ogni persona normale. Ma qualcosa sta accadendo: l’atteggiamento verso lo sport, la letteratura e la musica sta cambiando. In alcuni luoghi vengono imposti divieti. È ovvio che a Dostoevskij, Tolstoj o alla Divina Commedia di Dante non importasse se verranno letti o meno in determinati paesi. La loro missione era semplicemente scrivere.
L’arte appartiene al mondo intero, non solo a una nazione. Anch’io desidero che i miei quadri siano ammirati ovunque. E grazie a Dio, il Papa ha già due mie opere nella sua collezione. Spero che in futuro ce ne saranno altre».
Come vede oggi il ruolo dell’arte nel superare barriere culturali e politiche in un contesto internazionale sempre più complesso?
«L’arte, in ogni epoca, è sopravvissuta o ha trovato un modo per esprimersi. Beethoven ha composto durante la guerra, Goya ha dipinto in tempi di conflitto, Shostakovich ha creato sotto i bombardamenti.
In Russia si ascoltava Wagner, il compositore tedesco, anche durante la Seconda Guerra Mondiale, sebbene avrebbe potuto essere percepito negativamente dal popolo sovietico. Tuttavia, la gente ha continuato ad ascoltare la sua musica.
Sono russo, ne sono orgoglioso e fiero di avere un passaporto russo, ma non voglio che la mia arte sia limitata da alcun politico. Credo che l’arte abbia sempre un ruolo creativo e positivo e che debba essere accessibile a tutti.
Le guerre finiscono, ma ciò che conta davvero è se l’arte, in qualsiasi sua forma, riesca a sopravvivere al conflitto o venga distrutta. Sappiamo quante civiltà siano state cancellate: la biblioteca di Costantinopoli e quella di Ivan il Terribile furono incendiate. Un nuovo sovrano saliva al potere, distruggeva tutto ciò che era stato creato prima di lui e imponeva la propria visione della storia. Come umanità, abbiamo perso intere culture come quella greca, egizia e incaica: patrimoni che avrebbero potuto arricchire il mondo sono stati annientati. Se, per ipotesi, gli Inca fossero esistiti fuori dall’America, forse avrebbero trovato un modo per sopravvivere in Europa, in Russia o in Asia.
Cosa faremmo oggi se la ceramica, la polvere da sparo cinese o la scrittura araba non fossero mai penetrate nelle nostre culture? Il mondo sarebbe molto più povero. Fortunatamente, grazie a intermediari come i pellegrini, Marco Polo e altri viaggiatori, questi scambi culturali sono avvenuti, costruendo ponti tra le civiltà e arricchendo l’umanità.
Cosa faremmo senza l’arte italiana? E come potremmo concepire il teatro moderno senza Čechov o Stanislavskij, il cui metodo ha ispirato generazioni di attori americani? La recitazione sarebbe completamente diversa oggi. Se Michail Čechov, fratello di Anton Pavlovič, non fosse emigrato in America, il cinema ne avrebbe risentito. Se Sikorsky non avesse lasciato la Russia, forse non avrebbe mai inventato l’elicottero.
Per questo motivo, dovremmo cercare di superare le divisioni politiche e creare più ponti possibili attraverso l’arte. La mia pittura è il mio contributo a questa visione, e spero che possa aiutare ad arricchire il mondo».
Può anticiparci qualcosa riguardo la mostra in Vaticano? Che tipo di opere o percorso espositivo immagina per un contesto così simbolico?
«Spero che anche il Papa, quando ha proposto questa iniziativa, abbia voluto che si realizzasse. Ma le cose possono cambiare. Noi pianifichiamo, ipotizziamo, ma Dio dispone. Tutto è volontà di Dio.
Il mio compito è mostrare il più possibile la mia arte e suscitare l’interesse del pubblico e degli spettatori per questa mostra. Spero che l’esposizione abbia successo, e ho le competenze e l’esperienza per realizzarlo. Ho organizzato decine, anzi centinaia di mostre: solo negli ultimi dieci anni ne ho allestite 320, non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Spero che questo possa continuare.
Intendo fare una mostra prima in Vaticano e poi a Roma. Ci sono già proposte per l’esposizione romana».
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