«Perdiamo un amico e una persona molto importante degli ultimi anni della cultura italiana. Un uomo sofisticato con un pensiero inaspettato e originale», ha scritto sul suo profilo Stefano Boeri annunciando la scomparsa di Italo Rota. «Ci mancheranno le sue idee potenti e appena sussurrate – ha proseguito Boeri – le sue visioni controcorrente, le sue composizioni ricchissime e sempre intelligenti. Un pezzo della nostra storia, della storia della nostra generazione, della storia di Triennale e della creatività italiana nel mondo se ne va».
Anche il Sindaco di Milano, Beppe Sala, si è unito al cordoglio, commentando che «la scomparsa di Italo Rota ci priva di uno dei massimi architetti mondiali, uno degli spiriti più liberi e geniali di Milano. Quando nessuno credeva in Expo, mi è stato vicino con le sue idee ed energia. La sua opera continuerà ad accrescere il fascino di Milano nel mondo»
A Milano Rota, creativo d’altri tempi, personale e variegato, iniziò la sua formazione negli anni Settanta, prima presso lo studio di Franco Albini e in seguito in quello di Vittorio Gregotti, lavorando alla progettazione dell’Università della Calabria. Si trasferì a Parigi negli anni ’80 – dopo il conseguimento della laurea, nel 1982, al Politecnico di Milano – dove trasformò lo stabile ottocentesco Gare d’Orsay nell’attuale Museo d’Orsay con un’imponente ristrutturazione che realizzò in collaborazione con Gae Aulenti. In Francia, dove visse per oltre dieci anni, curò molti allestimenti di mostre e realizzò alcune importanti ristrutturazioni: il Museo d’Arte Moderna al Centre Pompidou (sempre con con Gae Aulenti); le nuove sale della Scuola francese alla Cour Carré del Louvre e la ristrutturazione del centro di Nantes.
Tornò in Italia a metà degli Anni Novanta e l’attività del suo studio milanese iniziò a spaziare dal masterplan al product design, in progetti che si caratterizzavano per la scelta di materiali innovativi, tecnologie all’avanguardia e approfondita ricerca sulla luce. Si intravedeva una svolta più radicale, che risentiva delle lezioni delle Avanguardie del Novecento, e lo avvicinava a forme d’arte e architettura meno legate al mainstream o agli aspetti puramente costruttivi. A Milano si occupò dei progetti del Museo del Novecento nell’Arengario di Piazza Duomo, che integrò con Palazzo Reale realizzando una sorta di cittadella espositiva. Firmò anche il padiglione Italia all’Expo di Dubai, insieme a Carlo Ratti, e l’allestimento della mostra sul Polittico Agostiniano di Piero della Francesca al Museo Poldi Pezzoli, inaugurata il 21 marzo scorso.
Spiccano nella sua produzione la promenade del Foro Italico a Palermo (Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana per gli Spazi Pubblici 2006); la Casa Italiana alla Columbia University, New York (1997); il Tempio Indù a Mumbay (2009) e il Chameleon Club al Byblos Hotel, Dubai (2011).
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