Aldo Colutto ci ha lasciati l’11 giugno scorso; viveva da qualche anno in un paese della Campania presso la figlia Barbara, dopo che le condizioni di salute lo avevano costretto ad abbandonare il suo negozio di cornici di via dei Santi Quattro, tra il Colosseo e San Giovanni in Laterano. Lì suo padre, venuto a Roma dal Veneto, aveva aperto una falegnameria, poi divenuta corniceria: il padre di Aldo era un abilissimo artigiano, ma di carattere brusco e poco socievole. Non pochi dovettero essere i contrasti con il figlio, aperto alla cultura giovanile di stampo sessantottino e, da subito, frequentatore di artisti e intellettuali, ma nello stesso tempo erede della sapienza artigianale paterna.
Quando con la scomparsa del padre si trovò a gestire l’attività della bottega, la trasformò in un centro di eccellenza, ibridando, se così si può dire, il mestiere con la cultura: in breve tempo si conquistò la migliore clientela di Roma, sia i grandi collezionisti (Bulgari, per dirne uno), che le gallerie più esclusive, per passare poi ai musei e alle istituzioni pubbliche.
Il laboratorio di Aldo divenne naturalmente un ritrovo di artisti, sarebbe troppo lungo fare tutti i nomi. Io, che sono un antico cliente, ricordo in particolare tutti i pittori della Transavanguardia e dell’Anacronismo. Se posso aggiungere una nota personale, dirò che Aldo Colutto figura in vari miei quadri mentre, con il suo collaboratore Paolo, trasporta un quadro, a volte antico, a volte moderno, a volte a Roma, a volte a Parigi. Paolo lavora tuttora presso il laboratorio di Pier Luigi Ferro che ha preso la successione di Colutto, nella stessa strada, ma più in alto, davanti alla antichissima basilica dei Santi Quattro Coronati.
La mamma di Aldo, che ha 102 anni, non sa ancora nulla – mi dicono – della scomparsa del figlio.
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