Passeggiando tra le strade di East London, è impossibile non trovarsi davanti alle innumerevoli opere di Street Art che ormai popolano il quartiere più underground della città. Shoreditch, Hackney, Dalston, sono tele di cemento che ospitano una serie di opere murali degli artisti che hanno sdoganato l’arte di strada rendendola accessibile al pubblico e trasformandone il concetto. Tra i nomi più in voga, c’è Camille Walala.
Di origini francese, Walala è nata come textile designer e ha poi subito la naturale evoluzione che i mestieri creativi prevedono. La sua personalità estroversa e poliedrica, il suo amore per l’arte Sudafricana della tribù dei Ndbele, le hanno dato l’ispirazione per dipingere le facciate di palazzi e residenze private della città. Oltre a bar, negozi, e case galleggianti (le tradizionali barche che si trovano sul canale di Hackney).
E ancora, decorazioni sulle pareti degli uffici Facebook di Londra, murales della scuola elementare Queensbridge nell’East London, un murales su commissione per la galleria La Generale di Parigi, un allestimento al Melbourne Central Shopping Centre, le decorazioni degli interni del Sid Lee, ad Amsterdam, gli interni del locale XOYO di Londra, e la lista potrebbe continuare. La incontro nel suo studio, per due chiacchiere sul suo lavoro.
Iniziamo dal concetto principale della Street Art. Cos’è, per te?
«Qualcosa di accessibile a tutti. Un modo per esprimere me stessa e condividere la mia persona, le mie idee, la mia creatività con gli altri».
Possiamo dire che il fenomeno della Street Art sia stato definitivamente sdoganato da Banksy. Prima, non era neppure legale dipingere sui muri.
«E ora è diventato un trend. Ho lavorato nella Street Art negli ultimi 10 anni, e continuo a notare il suo costante cambiamento. La Street Art sta diventando parte integrante del modo di vivere di ognuno di noi. Le persone si abituano a vedere la bellezza che talvolta generano i dipinti sui muri. È inoltre uno strumento potentissimo per comunicare qualcosa. Svegliarsi ogni mattina e passare davanti a un muro con scritto “Laugh more” (ridete di più) può generare un cambiamento nella vita delle persone».
La citazione non è casuale. Una delle tue opere murali recita proprio così. È questo quello che comunichi con la tua arte?
«Sì. Cerco di creare opere che facciano sorridere la gente. Ho realizzato una serie di “poesie di strada”, brevissime, che recitavano messaggi come “baciate di più, ballate di più, dormite di più, sorridete di più, amate di più”. Sono sicura che qualcuno ha seguito il consiglio! (ride, ndr)».
Oltre a lanciare dei messaggi, l’arte urbana crea anche bellezza. Quando avviene?
«Nel mio caso, quando riesco a combinare i colori in maniera per me sensata. La bellezza è negli occhi di chi guarda, è soggettiva e in costante cambiamento. Quello che oggi pensiamo sia bellissimo, domani potrebbe non esserlo più. Se la bellezza riesce a diventare fissa, costante, e a lasciare dentro chi la guarda una sensazione di emozione e ricordo, allora diventa arte».
La bellezza non dura per sempre. Forse è affascinante per questo motivo. Nemmeno i murales durano in eterno. È una metafora di vita?
«Sono sicura di sì».
Tra i tuoi progetti più recenti, ci sono gli esterni di un’abitazione privata. Come è nata l’idea?
«Mi trovavo nell’est londinese con il mio compagno, (anche lui artista di strada). Mentre lui stava realizzando alcuni graffiti su un muro, una donna che abitava di fronte ci fece cenno con la mano di avvicinarci, e ci chiese se ci avrebbe fatto piacere dipingere la sua casa. La signora Georgina ha 80 anni, è di origini greche e una flessibilità e modernità d’animo che ho incontrato poche volte nella vita. Ho subito accettato. Il risultato, è una casa ispirata al collettivo milanese Memphis. Lei ne era entusiasta».
Un artista che ha l’obiettivo di rendere felici le persone deve essere almeno un po’ felice dentro di sé. Possiedi una tua chiave di felicità?
«La perseveranza. Me l’ha insegnato mio padre. È l’unica cosa che serve nella vita. Non arrendersi mai».
Valentina Mariani