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Liliana Maresca, una preziosa scoperta
Personaggi
Nata in Argentina, sconosciuta in Italia, arriva ora con una mostra in una nuova galleria romana. Ed è una vera sorpresa. Fotografa e performer, Liliana Maresca ci rivela il mondo vivo dell'America Latina, tra intellettuali e un capitolo importante della Body Art degli anni Ottanta in questo Continente. Con un'intensità che evoca quella di altre artiste femministe. Dove tutto si gioca nel e col corpo
Nella Buenos Aires dei primi anni Ottanta emerge la figura anticonformista di quest’audace sperimentatrice artistica, animatrice della vita culturale della città, poliedrica, bella, giovane, intelligente, disinibita, sensuale e curiosa. Un mix esplosivo e irresistibile in un Paese annichilito da sette terribili anni di dittatura militare, legge marziale e violenze che hanno lasciato in eredità ai sopravvissuti una scia di sangue a tutt’oggi indelebile. Lei, la sua bambina e la sua casa-atelier nell’antico quartiere di San Telmo diventano il fulcro di una piccola comunità di artisti, registi, fotografi e intellettuali finalmente liberi di potersi aggregare ed esprimere senza paura. La sua attività complessa comprende dipinti, oggetti, scenografie, sculture, installazioni, performance e fotografia, a Roma un’interessante serie di scatti in bianco e nero ci riporta ad un momento, i primi anni Ottanta, di grande ottimismo, e il corpo nudo dell’artista alla libertà di un momento irripetibile: gli inizi di una nuova fase storica ricca di grande vitalità e creatività dopo il terrore della dittatura.
Liliana Maresca è fotografata da Marcos Lòpez con il corpo che fa da supporto e da quinta teatrale a una serie di sculture antropomorfe di legno da lei realizzate che diventano così una sorta di prolungamento inorganico e oggettuale del suo corpo di carne. C’è una ricerca di oggettivazione del sé che certamente rientra nella poetica specifica dell’arte femminista, un movimento importantissimo dal punto di vista intellettuale e creativo che, dopo ben quarant’anni, non è ancora stato del tutto sdoganato dalle secche ideologiche dalla critica ufficiale. Il femminismo in arte portò avanti una costruttiva lotta alla funzione sublimatoria dell’arte, sottolineandone vitalisticamente la de-sublimazione, e uno dei mezzi più usati per rivoluzionare un sistema estetico-modernista-maschilista fu certamente l’utilizzo della fotografia a discapito di tecniche più tradizionali come la pittura e la scultura. La fotografia e la foto-performance furono preferite dalle artiste donne certamente, non solo in quanto mezzi più nuovi e meno utilizzati dai loro colleghi maschi ma, soprattutto, per la l’estrema versatilità con cui poter esprimere in modo originale il proprio status rivoluzionario di artista donna, ma anche di madre, compagna, oggetto erotico, madonna e puttana.
Liliana Maresca è un’artista che si muove con dirompente intelligenza e modernità espressiva in questo doppio binario artistico e politico, poliedrica e curiosa si esprime anche attraverso la plasticità della scultura, fra il 1982 e il 1985, realizza la serie di Oggetti primitivi, piccole sculture in bilico fra “objet trouvé” e sperimentazione alchemica. La sua ricerca si concentra sempre più verso la formalizzazione scultorea e nel 1989 presenta nella mostra “No todo lo que brilla es oro” nella galleria di Liliana Indik di Benos Aires delle opere in cui il bronzo e il ferro e la perfezione delle forme geometriche si confrontano, fondendosi in un tutt’uno visivamente affascinante, con la libertà espressiva delle forme vegetali, di rami e cortecce d’albero.
La presenza dell’esoterismo, dei riti sciamanici e dell’alchimia è molto forte nel lavoro e nella ricerca di Liliana Maresca che in questo suo primo nucleo di sculture ha cercato di catturare il palpitare dello spirito per concretizzarlo nella materia. Malata di AIDS, di cui morirà nel 1994, realizza negli ultimi quattro anni di vita un’ultima serie di opere in cui la presenza dell’esoterismo è ancora dominante, ma in cui gli oggetti sembrano rievocare simbolicamente le memorie di un tempo felice ormai perduto, emblematica in questo senso l’opera Ella y yo, due uova, fragili e bianche, due gusci identici, vicini ma lontani nella loro solitaria perfezione, due microcosmi possibili portatori di vita ma inerti e oggettivizzati dai due portauova di metallo, che ci rimandano ad una dimensione più intima, domestica e quotidiana. Universale e particolare, assoluto e personale sono gli estremi espressivi in cui si muove quest’artista completa che ha fatto della sua vita un’opera d’arte.