Medico palestinese, ex presidente della Consulta delle culture di Palermo, da poche ore è il neo Assessore alle Culture del Comune, fortemente voluto dal sindaco Leoluca Orlando. Le sue prime parole? “Diversità è ricchezza”, pensando alla cultura come un ponte per costruire il senso di comunità in un Paese che lo ha smarrito. Ecco la prima intervista ufficiale
Adham Darawsha lei è il neo assessore alle Culture della città di Palermo: è un medico, non è un tecnico; sa che molti artisti, collezionisti, personaggi del sistema dell’arte erano anch’essi medici, abituati a vedere la bellezza come abitudine dello sguardo sulla concretezza delle cose? E Lei cosa intende per bellezza?
«Sì lo so bene, lo era anche Alberto Burri, per citarne solo uno. So anche che il fatto di non essere un tecnico suscita qualche preoccupazione ma il mio è un ruolo politico e in questo senso io sono abituato a ragionare sui fatti, ad ascoltare, ad osservare, a fare gruppo. Conosco Palermo, le sue criticità e le sue potenzialità, il fatto di non essere un tecnico mi rende “neutro” e in quanto tale aperto alle possibilità. La cultura è un bene prezioso, è credo il capitale più importante di una società, cultura vuol dire tante cose, è certamente teatro, musica, cinema, arti visive, è paesaggio, ma è anche educazione e condivisione, cultura è trasversalità di linguaggi e di espressioni. La bellezza per me può esistere in tutto quello che ci circonda, la bellezza può essere nella cultura alta come in quella popolare, non ho preclusioni né preconcetti».
Manifesta 12 Palermo, Teatro Garibaldi Venue, Photo by CAVE Studio
Come raccoglierà l’eredità di Manifesta 12 e di Palermo Capitale della cultura, fortemente volute dal suo predecessore?
«Ho stimato l’azione di Andrea Cusumano, in questi anni lui ha lavorato per mettere a regime un sistema, e con lui ho già avuto modo di collaborare quando ero presidente della Consulta delle Culture e anche adesso avrò uno stretto dialogo con lui per consolidare progetti comuni, specie quelli che hanno aperto la strada ad una visibilità internazionale per Palermo. Al contempo vorrei anche sviluppare la mia visione e questa guarda al nostro territorio, guarda all’inclusione della cultura in contesti anche periferici, non solo geograficamente ma anche socialmente. Mi piacerebbe che centro e periferia fossero poli di una medesima attenzione alla cultura intesa in senso ampio. Mi sta a cuore allargare la base dei fruitori, rendere partecipe la collettività con azioni differenti tra loro ma tutte basate sulla crescita della consapevolezza collettiva. La cultura è lo strumento più potente per fare questo salto di qualità, perché attraverso la cultura può esserci il vero cambiamento. Bastano a volte anche piccoli gesti».
Manifesta 12 Palermo, Orto Botanico, 2017. Photo by CAVE Studio
Lei è nato in un Paese straniero, ha studiato in Italia dove vive da vent’anni, è cittadino italiano, parla quattro lingue, ama la storia, è un viaggiatore, certamente è un catalizzatore di differenti valori culturali che arrivano da una contemporaneità complessa e cosmopolita. Possiamo aspettarci dunque da parte sua ampio spazio ad una progettazione inclusiva sia delle realtà territoriali che aperta alle collaborazioni internazionali?
«Esatto, purché in entrambe al centro ci sia la volontà di lavorare insieme per la crescita della città, non mi interessa tanto la spettacolarizzazione della cultura, quanto piuttosto l’efficacia educativa ed il potere enorme che la cultura ha di creare degli stimoli, di integrare differenti ambiti, di muovere gli animi per consolidare quel cambiamento che serve alla città. Ci sono luoghi che saranno al centro di nuove visioni intorno alle arti e altri che proseguiranno nel solco della programmazione già avviata. Ho le idee molto chiare, ma non mi sono ancora insediato quindi ho bisogno di tempo per capire priorità e possibilità, per posizionare lo sguardo sulle cose, per incontrare gli attori del sistema e approfondire le loro istanze».
Qualche anticipazione per i nostri lettori?
«Posso solo dire che raccoglierò la sfida che mi aspetta con grande entusiasmo come ho già detto al Sindaco Leoluca Orlando che mi ha voluto per questo ruolo, ma lo farò anche con la concretezza che caratterizza la mia formazione e la mia stessa natura. Certamente farò tesoro del ricchissimo bagaglio di relazioni internazionali e delle importanti conoscenze radicate in ambito culturale ed artistico che il Sindaco mi ha offerto per supportarmi in questo compito. Io sono abituato alle sfide e mi piace superarle facendo squadra, mi interessa lavorare bene, l’obiettivo è quello di portare la cultura fuori dai contesti canonici lavorando sul tessuto urbano come fosse un cantiere aperto, ma anche quella di rafforzare la partecipazione alla vita dei luoghi deputati alle arti con un’offerta di qualità ma che sappia essere anche pienamente rappresentativa delle varie anime di questa città».
Agata Polizzi