Categorie: Personaggi

L’intervista/Alberto Zanchetta | Ecco il mio nuovo MAC

di - 16 Febbraio 2013
Per il presente e il futuro di un’istituzione dalla forte connotazione storica e protesa verso l’esplorazione del panorama più attuale, Zanchetta porta un modello di direzione artistica ancorato su basi scientifiche e volto a nuovi modelli di approfondimento, analisi e interazione. Ascoltiamolo.
Sei un curatore con una linea di ricerca ben definita con alle spalle oltre quindici anni di curatela indipendente, critica militante e collaborazioni con istituzioni pubbliche e gallerie private. Come si coniugano la personalità di un curatore con le esigenze e l’identità di un museo?
«L’esperienza maturata come critico militante sarà messa al servizio del museo, con l’obiettivo di connotare e specializzare ancor più l’identità dell’edificio, sfruttandone al meglio le risorse e tutte le potenzialità».
Quali sono le linee guida del tuo mandato? Su cosa verterà il programma espositivo?
«Rispettosa delle tradizioni e del contesto in cui si trova ad operare, l’istituzione lissonese intende connotarsi come un laboratorio di ricerca e di approfondimento. A tal fine vogliamo riscoprire importanti figure del secondo Novecento, cercheremo di valorizzare sempre più la collezione storica e dedicheremo una particolare attenzione alle nuove generazioni, così come a tutto il patrimonio culturale e artistico del territorio».
Il Museo ha un’importante collezione di opere legate al Premio Lissone degli anni 1946-67. Che ruolo sarà conferito a questa collezione?
«Sarà al centro di numerosi progetti. A iniziare da una rotazione sistematica delle opere, che seguirà tematiche specifiche, come nel caso del riordino previsto per i prossimi mesi, dal titolo Cronache del dopobomba che mette in luce le affinità tra la pittura informale e il flagello delle bombe atomiche. Al pianterreno verrà invece ospitato il progetto La scultura interroga la pittura in cui un dipinto della collezione dialogherà con la scultura di un giovane artista; ogni due mesi saranno individuate le opere che instaureranno tra loro un rapporto di “affinità elettiva”, come nel caso di Gehard Demetz e della Marmaraviglia II di Piero Dorazio, o di Paolo Grassino e L’ankylose du petit doig di Peter Klausen. Tra le prime mostre inaugurate a gennaio, quella di Ishmael era ispirata alla collezione storica (in virtù del lustro che ha dato alla pittura di quegli anni) accogliendo gli esiti più recenti e inattesi della pittura contemporanea. Nell’esposizione sono stati coinvolti Emanuele Becheri, Matteo Fato, Dacia Manto e Luca Pozzi, le cui opere hanno delle tangenze con la pittura pur non essendo connotate in senso stretto con tale disciplina».
Veniamo al Premio Lissone nella formula che conosciamo dal 2002: in qualità di neo-direttore hai già presieduto la giuria dell’edizione 2012, che ha visto vincere Mattia Barbieri. Cosa accadrà al Premio? Rimarrà nel segno della sua tradizione post 2002 o ci saranno novità?
«L’edizione del 2012 presentava una formula rinnovata rispetto al passato. Le linee guida erano state tracciate dal direttore uscente, Luigi Cavadini, il quale ha abolito la selezione su invito, aprendo il bando a tutti gli artisti under35. A fronte del risultato ottenuto, stiamo ora affinando alcuni aspetti inerenti il bando, per consolidare le partecipazioni nazionali e internazionali».
E per quanto concerne il Premio Lissone Design, a cadenza biennale?
«In questi giorni stiamo nominando il comitato organizzativo e prevediamo una formula espositiva rinnovata, che includerà anche una sezione riservata ai maestri del design».
Come ritieni debba rapportarsi un’istituzione museale con l’eterogeneità dell’espressività artistica?

«Abbiamo deciso di ampliare la proposta espositiva riservata al design, che tra pochi mesi si attiverà con il progetto Readesign e con una serie di altre iniziative che introdurranno il Premio Lissone Design 2013. Dedicheremo una particolare attenzione anche al visual design, che figura tra le novità introdotte all’inizio del mio mandato. Ne sono un esempio la rassegna Index G, dedicata alle arti grafiche (il primo ciclo di esposizioni sarà affidato allo staff di una rivista d’arte che deciderà le modalità di allestimento e il grado di coinvolgimento degli artisti) e la mostra retrospettiva di Franco Grignani, che metterà in relazione alcuni esperimenti di Op Art con applicazioni grafiche dello stesso Grignani, evidenziando quello scambio proficuo e interdisciplinare che ha sempre caratterizzato la sua ricerca visiva. Accanto alle esposizioni temporanee, sono già stati inaugurati altri due progetti collaterali. Il primo, In Vitro, coinvolgerà gli artisti nell’elaborazione di opere che saranno visibili durante tutto l’anno, sia di giorno sia di notte. Il secondo, Videography, è riservato alle video-produzioni delle ultime generazioni. Nel corso del 2013 sono previste molte altre micro-rassegne e interventi site-specific, non solo all’interno del museo ma anche nell’area che circonda l’edificio».
Su quali binari si muoverà il rapporto del museo con il territorio e con altre istituzioni?
«Stanno già nascendo alcune sinergie con altri istituti museali, sia a livello locale che nazionale, oltre che con realtà non-profit. L’obiettivo è ovviamente quello di creare un network solido, anche per quanto riguarda le realtà straniere».
Il tuo mandato è triennale – un periodo di tempo lungo e breve insieme – come vorresti fosse il museo tra tre anni?
«Da tempio sacro e silenzioso, sogno un museo che sia un forum partecipativo, quindi una fucina d’idee, di talenti, di opportunità. Un centro vivo e dinamico, pulsante sia all’interno che all’esterno, capace di stimolare la cittadinanza e i visitatori. L’obiettivo che ho condiviso con Elio Talarico, assessore alla cultura della città di Lissone, è di trasformare il museo in uno spazio dove si possa respirare un’atmosfera di vitalità così come di convivialità, ma soprattutto si cercherà di fare di ogni evento un’esperienza concreta e importante per i suoi fruitori».
Concludo con una domanda personale: il sistema dell’arte ha dinamiche complesse e tempi di affermazione professionale lunghi che richiedono determinazione, competenza e passione. Come sei riuscito a mantenerle costanti nel tempo?
«Condividendo le idee e le energie».

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