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02
marzo 2014
L’intervista/Gabi Scardi Collezionare e promuovere
Personaggi
A Milano, uno studio di avvocati ha deciso di intraprendere un nuovo percorso nell’ambito del collezionismo. Le opere acquisite vengono esposte negli spazi comuni e ogni nuovo pezzo è “accompagnato” da una serie di azioni che permettono ai dipendenti di familiarizzarsi con esso. Perché tutto questo sia nato e che cosa si prefigge, ce lo racconta la curatrice del progetto Gabi Scardi
di Greta Scarpa
Nctm e l’arte è un progetto di sostegno all’arte contemporanea avviato nel 2011 da NCTM Studio Legate Associato. Si tratta di una realtà indipendente, un’isola felice che crea ponti di sostegno con il territorio e la realtà al cui interno si inserisce e ha come fulcro la collezione d’arte. Il progetto coltiva sensibilità critica e rapporto con il mondo attuale, concentrandosi su opere dense di sollecitazioni rispetto alla qualità del nostro abitare sul pianeta. Vivibilità, sostenibilità ambientale e sociale, la relazione tra individuo e contesto urbano sono tra i temi maggiormente affrontati e declinati nei lavori dei diversi artisti presenti in collezione. Davanti a un te caldo nella sua casa milanese chiacchiero con Gabi Scardi, curatrice del progetto nctm e l’arte.
La collezione nctm nasce nel 2011 come progetto di supporto all’arte contemporanea, alcune opere presenti sono state realizzate proprio grazie all’intervento di nctm e l’arte. Chi sono gli artisti in questione?
«Ad aver realizzato opere grazie al supporto di nctm e l’arte sono stati Claudia Losi e Salvatore Arancio con un’opera a quattro mani, Idol Rock, Adrian Paci con The Column ed Emma Ciceri con Madre di Monumenti. Queste opere sono visibili all’ interno degli spazi comuni di NCTM Studio Legale Associato. Gli altri artisti presenti in collezione sono: Anri Sala, Emma Ciceri, Adrian Paci, Zineb Sedira, Salvatore Arancio, Claudia Losi, Kiki Smith e Carlos Garaicoa».
Chi ha inaugurato l’apertura della collezione NCTM nel dicembre 2011?
«Carlos Garaicoa, con un’opera pre-esistente che è andata ad occupare l’intero spazio dell’atrio dello Studio, quindi è la prima installazione che si vede appena entrati. Si tratta di Nuevas Arquitecturas ed è l’esito di una lunga ricerca sulle architetture sospese. È insieme anche un’opera di luce, metafora della città dell’Avana».
Avete da poco dedicato un account twitter e lanciato un magazine su Flipboard che riguarda nctm e l’arte. Il magazine ha già un buon numero di follower, tratta gli artisti in collezione e quelli che arrivano in residenza grazie ai vostri bandi annuali. Puoi raccontarmi qualcosa?
«Il progetto si chiama Artists-in-residence e nasce dal pensiero che artisti si nasce, ma allo stesso tempo lo si diventa. Le esperienze di residenza all’estero sono quindi occasioni formative necessarie per la crescita e lo sviluppo di artisti che siano poi in grado di dare un contributo per lo sviluppo culturale del Paese grazie al confronto con situazioni di respiro internazionale. Il comitato Arte di NCTM che seleziona i vincitori, cambia ogni anno e vede partecipare gli artisti che nell’anno precedente hanno vissuto in residenza. Il tutto quindi avviene secondo un’ottica di trasparenza che è molto cara a NCTM».
Il 14 febbraio ha inaugurato al MAXXI di Roma “Utopia for sale?”. Nctm e l’arte ha contribuito alla mostra organizzando un workshop che sarà tenuto ad aprile da Adelita Husny Bey, possiamo anticipare le tematiche e le modalità di partecipazione?
«La mostra si interroga sul significato di utopia, sul desiderio, sul futuro. Il workshop di Adelita Husny Bey, “Agency-giochi di potere”, sarà aperto al pubblico ed è un progetto realizzato con ragazzi delle scuole superiori di Roma. Il tema è quello della cittadinanza e dei ruoli di potere che caratterizzano la nostra società, di conseguenza la relazione tra la politica e i differenti ruoli professionali. Il workshop sfocerà in un’opera che ci auguriamo sarà poi acquisita dal MAXXI».
Quindi nctm e l’arte supporta gli artisti ma vuole essere di affiancamento anche ad istituzioni importanti, chi altro oltre al MAXXI?
«Il progetto vuole essere aperto, attento e coinvolto rispetto al contesto, ecco perché sul territorio di Milano abbiamo affiancato il Pac per la mostra di Adrian Paci, da poco conclusa. Interveniamo di solito sul “Public Program”, con una serie di incontri. In quel caso Anri Sala, già presente nella collezione di NCTM, era stato chiamato per una conversazione con Edi Muka all’interno della mostra “Vite in transito”. I due artisti, cosi come Adrain Paci, condividono la stessa patria oltre che trascorsi simili. L’incontro “Where language fails” è stato un momento molto costruttivo».
Dove vengono reperiti i fondi per lo sviluppo della collezione? Avete un programma di fundraising?
«Non c’è un programma di fundraising, piuttosto viene stanziato un budget definito anno per anno. NCTM ha fatto una scelta insolita nel panorama nazionale delle corporate collections, quella di designare un curatore per la sua costruzione. Questa scelta ha caricato la collezione non solo di un valore patrimoniale, ma anche di valori legati a un dialogo di chiarezza e scambio tra il curatore e il Comitato Artistico NCTM che si riunisce periodicamente. NCTM intende l’arte come un filtro per guardare alla realtà, ne consegue un grande rispetto per il budget stanziato. Il mio volere è di fare un buon lavoro, puntuale e privo di fronzoli».
Costruire una collezione che viene allestita all’interno degli spazi lavorativi dello Studio, tra l’atrio e altri spazi comuni, pone la problematica di informare e di spiegare ai dipendenti le opere. E denota l’attenzione alla “responsabilità sociale” che una collezione d’arte comporta.
«Ogni volta che una nuova opera viene acquisita viene presentata al pubblico, oltre che ai soci e ai vari dipendenti dello Studio. Il meccanismo di presentazione si articola in diversi passaggi: attraverso una collaborazione con artisti e gallerie, di cui siamo molto grati, prendiamo in prestito opere dello stesso artista cosi da contestualizzare la nuova acquisizione all’interno dei suoi elementi di senso oltre che all’interno del percorso di ogni singolo artista; in poche parole viene offerta una visione d’insieme. L’artista è solitamente presente per spiegare il suo lavoro e vengono realizzate delle piccole guide di modo che, anche chi tra i soci e i dipendenti non si interessa di arte, possa avvicinarsi ad essa ed essere facilitato nella sua comprensione senza sentirsi spiazzato. Oltre a questa pratica, vengono organizzati durante l’anno incontri con personalità limitrofe al mondo dell’arte, come neurobiologi, antropologi, esperti di arte e finanza».
Un progetto intelligente e trasversale davvero, martina cavallarin
Finalmente un modo nuovo nel sistema dell’arte.
Più che modo nuovo, direi una prassi consolidata già in altre nazioni e da molto tempo. In Italia i treni arrivano sempre in ritardo!!!! Non possiamo esimerci di educare all’arte i dipendenti, quando le stesse opere sono collocate in spazi che hanno tutt’altra funzione. Le connessioni psicologiche con l’opera sono sempre così intrecciate con lo spazio. Lo stesso spazio, determina in questo contesto, una sorta di estraneamento visivo. Per questo la percezione acquista un valore spropozionato rispetto agli spazi comuni,e l’opera si stacca di non poco poco dalla sua origine consueta, ammesso che ce l’abbia?