Categorie: Personaggi

L’intervista/Giovanna Cassese | L’Accademia è viva e lotta insieme a noi

di - 27 Agosto 2013
“La bellezza salverà il mondo” di Fëdor Dostoevskij è l’incipit del testo Accademie/Patrimoni di Belle Arti, a cura di Giovanna Cassese, che racconta la storia ed il valore inestimabile dei beni conservati nelle Accademie di Belle Arti italiane. Da qui comincia una ricerca ed un’attenta riflessione sul patrimonio culturale che queste Istituzioni storiche conservano, tutelano e di cui si avvalgono per dare vita all’arte del presente. Ma è una storia di cui è già stata scritta una tappa importante con il Primo Convegno di studi per la salvaguardia dei Beni Culturali delle Accademie di Belle Arti in Italia, che si è tenuto all’inizio dell’estate.  “Patrimoni da svelare per le Arti del futuro”- questo il titolo del convegno- presieduto da Sergio Sciarelli (presidente dell’Accademia partenopea), e curato dal direttore, Giovanna Cassese, in collaborazione con la Direzione Generale MIUR AFAM, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, e con un ricco carnet di  patrocini (Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca, MiBAC, del Ministero degli Affari Esteri, Regione Campania, Comune e Provincia di Napoli, CNR e ICOM). Tre giornate impegnate in una “tavola rotonda” attorno alla quale si sono alternati centoventi relatori, che hanno discusso sulla necessità di valorizzare i patrimoni di questi fulcri culturali, spesso misconosciuti e mai esposti: quadrerie, gipsoteche, gabinetti di stampe e disegni,  archivi e biblioteche che costituiscono parte fondamentale dei Beni Culturali nazionali e che hanno formato professionisti di altissimo livello.
Napoli è capofila di un progetto di riforma che punta a definire una legge, la numero 508, datata 1999 e mai portata a termine che sancisce l’equipollenza tra Accademie ed Università al fine di dare maggiore dignità al patrimonio formativo di cui dispongono. Ne parliamo con Giovanna Cassese
Il volume Accademie/Patrimoni di Belle Arti  è il prodotto di un lungo lavoro di ricerca da cui muove il  primo convegno per la salvaguardia dei beni culturali delle Accademie di Belle Arti in Italia, quali sono le dinamiche che hanno generato il progetto?
«Il progetto nasce dalla consapevolezza che questa Accademia da oltre un decennio ha intrapreso una intensa politica di valorizzazione del proprio patrimonio, già con la direzione precedente,  nel 2005, si è aperta la Galleria dell’Accademia e poi con la mia direzione  si è aperta la gipsoteca, la biblioteca, l’aula magna con i fregi del Partenone, si è ristrutturato il teatro e si è riorganizzato l’archivio. In questa Accademia vive una forte cultura del patrimonio grazie ad un gruppo di storici dell’arte che lavora su questo tema e grazie al fatto che alcuni di noi hanno anche ampie competenze nell’ambito della valorizzazione e della conservazione. Non è un caso, infatti, che sia stato attivato fin dal 2000 un corso sperimentale di restauro ed il corso di restauro quinquennale abilitante alla professione nato immediatamente dopo le SAF (Scuole di Alta Formazione) del MIBAC cioè l’ICR (Istituto Centrale per il Restauro) l’OPD (Opificio delle Pietre Dure) e l’ICPAL (Il nuovo Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario). Gestire un Istituto come questo, con un importante patrimonio, significa anche poterlo salvaguardare, conservare e quindi poterlo restaurare. L’Accademia è un coacervo di storia e di forte identità, grande punto di riferimento per i giovani che si iscrivono sempre più numerosi. Negli ultimi dieci anni siamo passati da 35mila a 70mila iscritti all’anno. In Italia è dunque un modello formativo vincente a dispetto del fatto che la riforma non sia ancora stata completata».
Invece in questo momento storico le università italiane subiscono un forte calo di iscrizioni. Crede perché non propongono un’offerta formativa come quella delle Accademie?
«Non è soltanto a causa della diversa offerta formativa quanto per un metodo di studio che nelle Accademie non predilige soltanto l’aspetto teorico, ma si impegna a produrre sapere attraverso una didattica laboratoriale, investendo soprattutto nelle nuove tecnologie e che evidentemente attrae maggiormente i giovani. L’Accademia di Napoli si tiene continuamente al passo con l’innovazione tecnologica, è dotata di una rete wi-fi, di molte aule multimediali ed è attualmente in contatto con le più prestigiose aziende del settore come la Apple, ad esempio. Questa accademia è un luogo in cui convivono armonicamente passato, presente e futuro, in cui si conserva e si valorizza il patrimonio più antico, ma si è in grado di produrre l’arte del futuro».
Le Accademie sono un Bene Culturale, fanno parte del patrimonio italiano a pieno titolo, a cominciare dagli edifici che le ospitano.
«Sì, sono un patrimonio della Nazione, si distinguono tra Accademie storiche e moderne, molte nascono nel 1700, la prima è stata quella di Firenze, quelle moderne invece sono nate tra gli anni ‘50 e ’60 dello scorso secolo come l’Accademia di Macerata, Frosinone e L’Aquila. In totale sono 25, tra storiche e moderne, ma sono tutte luoghi del contemporaneo che con la riforma del ’99 e le successive riforme che si sono susseguite fino al dicembre 2012, rilasciano una laurea a tutti gli effetti. L’offerta formativa di questi istituti è stata accresciuta nel tempo, le stesse scuole di restauro rientrano in questo ampliamento. Le Accademie storiche possiedono un patrimonio antico e contemporaneo (pittura, scultura, grafica, calchi, disegni) alcune sono musealizzate e altre no ma tutte sono fondamentali poli di ricerca grazie anche al loro vastissimo patrimonio archivistico-librario. Anche le Accademie più recenti conservano un importante patrimonio storico-artistico che si lega al territorio di appartenenza e che è parte della storia del nostro Paese. Noi qui, a Napoli, abbiamo un forte legame col passato, in Accademia sono conservate moltissime opere e documenti che devono essere prima di tutto salvaguardati ed è anche da questa riflessione che nasce il convegno, i beni hanno bisogno di essere  tutelati, conservati, studiati e poi valorizzati».
La legge n. 508 del 1999 è stata ulteriormente definita di recente con la legge di stabilità AFAM del dicembre 2012 con cui si sancisce una equipollenza totale tra Accademie ed Università, una grande conquista da un punto di vista legislativo. Ma considerando la differenza sostanziale di autonomia didattica a cui abbiamo fatto cenno e che definisce l’identità delle accademie, pensa che sia un reale vantaggio per le Accademie?
«Al momento le Accademie sono equiparate alle Università soltanto nel valore del titolo di studio, ma mantengono la loro identità con tutti i pregi e i difetti di questa separatezza. Ritengo che si debba riconoscere a questi Istituti la possibilità di accedere ai fondi per la ricerca come per i PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale) o a fondi specifici dell’AFAM. Non sono d’accordo sulla totale omologazione delle Accademie sul modello universitario, penso che le accademie abbiano una loro specificità e credo sia doveroso conservarne il know how. Molti hanno pensato di inglobarle nelle Università, ma trovo impossibile ridurre la complessità di un istituto come l’accademia in un dipartimento didattico. Non possiamo però essere bistrattati, sottodimensionati e sottovalutati, dal momento che costituiamo un nodo fondamentale della cultura contemporanea territoriale e nazionale. Nel caso specifico dell’accademia partenopea abbiamo  realizzato i nostri progetti a costo zero, solo con  le nostre forze. All’interno dell’istituto ci sono grandi professionalità oltre agli storici dell’arte, restauratori, fotografi, allestitori, art direction; siamo in grado di produrre autonomamente eventi, mostre o volumi, come quello dedicato al Convegno di cui stiamo parlando. Pertanto credo sia  giunto il momento che la politica nazionale riconosca la necessità di considerare le Accademie alla stregua delle Università da un punto di vista legale. Speriamo nella conclusione della riforma, la legge 508 non si è completata e andrebbe assolutamente definita al più presto».
Quindi si mira ad omologare le Accademie alle Università soltanto da un punto di vista legale e nella possibilità di  accesso ai fondi per il finanziamento della ricerca?
«La prima cosa da ottenere è la possibilità di istituire un dottorato. L’arte è ricerca, è conoscenza e non esisterebbe senza ricerca, è la prima battaglia da sostenere, insieme alla piena equipollenza dei titoli e la piena dignità dello stato giuridico della docenza, sono i punti fondamentali per cui dobbiamo batterci».
Quali sono le sue conclusioni sul primo convegno di studi per la salvaguardia dei beni culturali delle Accademie di Belle Arti in Italia?
«È stato un primo momento di confronto nazionale, un tavolo tecnico voluto fortemente dal Direttore Generale Giorgio Bruno Sciarelli, il Ministero ha partecipato attivamente, il Ministro ha scritto l’introduzione al volume ed è stato presente in sua rappresentanza il sottosegretario Gian Luca Galletti che ha delega all’AFAM, il quale insieme al capo di gabinetto ha assicurato la nascita di un tavolo permanente di discussione sui patrimoni delle Accademie di Belle Arti che sarà coordinato da me, portando avanti l’idea di fare rete su tutto il territorio nazionale con le Accademie e gli Enti preposti alla salvaguardia del patrimonio culturale».
L’Accademia di Belle Arti di Napoli ha creato da anni un sistema di “network”  sul territorio napoletano interagendo con le diverse istituzioni pubbliche e private del settore, con il progetto del primo convegno per la salvaguardia del patrimonio delle accademie si è passati da una rete territoriale ad una rete nazionale, dunque “fare sistema” è il leitmotiv della sua politica culturale?
«Ritengo sia molto importante fare rete con tutto il sistema dell’arte, abbiamo convenzioni con le Soprintendenze, abbiamo avviato collaborazioni con il Pan e con il MADRE, mi auguro di riuscire presto a lavorare nuovamente con il Museo del ‘900, considerando che il museo custodisce le opere di molti artisti di cui l’accademia conserva numerosi lavori. Napoli è stato un punto di partenza, intensificheremo i rapporti territoriali, ma è fondamentale allargare la rete a livello nazionale».

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