Ecco come si racconta Iginio de Luca, nato a Formia nel 1966 (vive a Roma e insegna all’Accademia di Belle Arti di Torino).
Risale a domenica 6 ottobre il tuo ultimo blitz. Ci racconti esattamente cosa fai e soprattutto qual è la vocazione di queste azioni?
«Da tanti anni seguo appassionatamente le vicende politiche e umane della nostra Italia e da tanti anni mi ribello al ruolo di spettatore inerme che ci impone il potere del sistema comunicativo, senza possibilità di critica, di scelta e di azione. Subiamo tutto, il pettegolezzo in primis, siamo voyeur forzati alla finestra o sull’uscio di casa, come nei paesi di una volta a vedere lo scorrere della vita politica, religiosa, le vite degli altri insomma… e le nostre? In più c’è l’idea visionaria di compiere un gesto trasversale, arrivare a colpire creativamente qualcosa di irraggiungibile e lanciare la sfida. Questa è l’origine dei miei blitz, questa è la mia “Vocazione” e mai parola fu più giusta e calzante».
Il “metodo” dei tuoi blitz?
«Riassumo in sei fasi la loro realizzazione dei blitz: l’analisi del contesto reale, l’idea, la progettazione logistica, l’azione, l’organizzazione del materiale e la diffusione. Ogni fase porta con sé riflessioni e stati d’animo; il momento iniziale tasta il polso della tensione politica e sociale. L’idea è il motore trainante di tutto, l’energia intellettuale che comanda. Lo sviluppo prevede sopralluoghi, limiti tecnici che possono diventare soluzioni poetiche, preventivi di spesa e incontri con persone competenti e fidate. Queste valutazioni trovano compimento nell’azione performativa, adrenalinica ed esaltante del blitz. Alcune varianti sono affidate al caso, agli imprevisti che si creano al momento e che, sfruttati nel modo giusto, possono dare una chiave di (s)volta all’operazione. La condivisione con chi si trova, anche casualmente, presente all’azione è decisamente uno dei momenti più emozionanti e divertenti. La fase successiva, più fredda e analitica, seleziona il “pescato” tirato su dalle foto e dai video. La documentazione viene cosi organizzata in un prodotto di qualità che dà senso concettuale ed estetico al gesto visionario iniziale. L’ultima fase riguarda la diffusione dell’evento tramite immagini e comunicati stampa. Quello che succede dopo è il frutto più o meno imprevedibile della rete e dell’espansione globale dei social network. L’intenzione è di ri-avviare un pensiero e incepparne altri».
Quando hai iniziato a farli?
«All’ inizio, nel 2006 ma anche prima, vagavo di notte in macchina con spray e scaletta, ritoccando verbalmente i manifesti delle troppe campagne elettorali di Berlusconi. Ma è dal 2010 che le azioni hanno assunto l’articolazione di veri e propri lavori o, come dice Franco Speroni, di “ready-made ambientali”. Da quel momento i blitz hanno acquistato un respiro tematico grandangolare e ho cominciato ad utilizzare diversi linguaggi, multimediali e non, che prevedevano un iter progettuale più organico e l’investimento di tempo e cifre sempre più considerevoli».
Ci racconti nello specifico il blitz di domenica 6 ottobre?
«Domenica mattina, cantando a squarciagola l’inno berlusconiano (ma sostituendo la parola “FORZA” con “FARSA”), ho sfilato a piedi con il gigantesco striscione di “Farsa Italia”, confondendomi nella folla tra famiglie in festa, biciclette e passeggini. Ho compiuto una sorta di “via crucis” pagana, amara commemorazione del collasso politico e morale dell’Italia, a tappe dal Colosseo a piazza Venezia, per tutta via dei Fori Imperiali, A Roma ovviamente. Una via che è una metafora storica a 360 gradi: la via dell’Impero Romano e della Repubblica Italiana, del 2 giugno e delle (s)parate militari, ma anche la via imposta dal Duce che sventra senza pietà l’origine della nostra storia. Il blitz si è concluso sotto palazzo Venezia, non prima di aver sostato di fronte l’Altare della Patria. Ai piedi del balcone più famoso d’Italia, l’azione è stata stroncata dall’intervento della Polizia che ha bruscamente sequestrato lo striscione. Dopo 20 anni di “caduta in campo” la FORZA ha rivelato la sua vera natura degenerando in tragicomica FARSA, esprimendo al peggio lo smarrimento globale e l’impotenza dell’Italia di oggi. È stata una processione laica che sarcasticamente ha voluto sottolineare le riesumazioni politiche, immobili e autoreferenziali, l’impunito distacco dalla realtà da parte di chi sottomette a sé le istituzioni, l’egoismo e la miopia di chi è disposto a tutto pur di calcare all’infinito i palcoscenici del potere».
Ci sono molti artisti che fanno un lavoro politico, come te d’altronde. ti senti vicino a qualcuno di loro?
«A nessuno in particolare, sono tanti gli artisti che mi camminano a fianco e che ammiro più per empatia che per affinità stilistica, a partire dagli stranoti Ai Weiwei, Santiago Sierra, e Alfredo Jaar, passando per Cattelan, Allora & Calzadilla e l’immancabile Banksy. Ma anche ad artisti meno politici e più distanti come il duo Peter Fischli e David Weiss (voglio ricordare lo splendido lavoro alla Biennale di quest’anno), fino a Christian Marclay, Steve McQueen o Simon Starling, ma perchè no anche ad Alighiero Boetti e Fabio Mauri fino ad approdare (scusate la modestia) ad artisti altrettanto “politici” come Caravaggio e Michelangelo, non dimenticando la lucida follia dei fiamminghi e i manieristi del ‘500».
Le persone che ti vedono come reagiscono? Credi che capiscano che stai compiendo un gesto d’artista o lo ritengono semplicemente un’azione di tipo sociale e politica? Non hai paura di essere frainteso?
«Fa parte del gioco, è nella natura del blitz quello di tuffarsi nello spazio e nel dibattito pubblico e condividerne i rischi e i benefici, con tutte le ambiguità del caso. Mi stimola meno l’asetticità di certe gallerie private, dove se entri sembra quasi che varchi la soglia di qualche tempio sacro, profanandolo. Mi interessa l’idea di essere recepito in maniera pluridirezionale, senza un confine preciso, un argine prestabilito di senso, come una terra di mezzo dove c’è spazio anche per l’ironia e la leggerezza. Mi ricordo nel 2010 subito dopo aver proiettato su palazzo Chigi il gregge di pecore e fatto sentire il richiamo del loro pastore, io e Sauro scappammo per via del Corso; l’amplificazione accesa sul nostro furgone scosse con un volume altissimo le persone presenti, ignare di cosa fosse quel suono primitivo e incomprensibile. È bello spiazzare, rompere l’assuefazione e l’indifferenza dilagante con qualcosa poco catalogabile dalle consuete modalità comunicative. Anche domenica scorsa alla fine del blitz nella concitazione del sequestro e del controllo dei documenti, mi si avvicina un signore che si dichiara favorevole all’azione, non per condivisione artistica, ma solo perché portando lo striscione in giro non sporcavo la città affiggendo manifesti! È l‘incontro di più mondi apparentemente inconciliabili, come nei divertenti equivoci di Alberto Sordi e sua moglie alla Biennale di Venezia nel film Le vacanze intelligenti. C’è però anche chi coglie al volo il senso del blitz in tutte le sue varie stratificazioni e mi sostiene dal vivo o nella rete. È inutile dire che questo mi gratifica e foraggia il mio ego in maniera determinante».
Credi che l’arte abbia ancora una valenza etica?
«L’arte ha principalmente valenza etica perché parla dell’uomo e parte dall’uomo. È interna al suo DNA e senza sarebbe impossibile concepirla. Persino Giorgio Morandi, uno degli artisti meno schierati e più appartati, quando dipingeva lo faceva con una valenza etica, altrimenti avrebbe dipinto a metà».
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Tutto quello che fa de Luca non ha niente a che vedere con l'arte, nè con il talento che essa dovrebbe comportare.Non c'è traccia di valore etico, di morale, di armonia e bellezza nei suoi teatrini da centri sociali.
Purtroppo si sta perdendo di vista il fatto che essere un artista non significa solo utilizzare una forma di espressione diversa e originale...non significa solo far parlare di sè a qualunque costo...non è una gara a chi più stupisce...Al contrario, dovrebbe essere un ritorno alla bellezza, alla luce, a quell'armonia, a quella ellezza e a quel talento che quasi nessuno ha...
Finchè i giornalisti, però, oontinueranno a parlare di tutto questo scempio...e di molto altro ancora...come se fosse arte...niente cambierá e contribuiranno sempre più alla perdita del valore dell'arte e della cultura.
L’arte non è solo bellezza e armonia, è anche mettere la mano sulla ferita, è “sporcarsi “ con il sociale uscendo dagli altarini dell’arte contemporanea dove tutto è previsto e prevedibile. Guai se l’espressione artistica fosse solo “ritorno” alla bellezza e alla luce o al “talento” che quasi nessuno ha. Il valore etico dell’arte sta nella condivisione e nella riflessione, nella scoperta di punti di vista lontani dall’ovvio. De Luca offre questa possibilità di estensione del reale, rivelando aspetti grotteschi della realtà politica e sociale italiana. E parla con tutti, perché ha trovato un linguaggio per farlo. Mi viene in mente che anche di Caravaggio si gridava allo scandalo, perché partiva dalla realtà. Si vede che questa realtà ci fa proprio paura…
Ciao a tutti e un ciao particolare a Igino De Luca che devo ammettere sia riuscito a catturare la mia attenzione non solo nelle opere da lui ideate ma'! da cio' che ha dichiarato alla intervista. Sono compiacito di sentire cose che vanno dette e anche un po' smascherate, tipo le gallerie,sono felice di pensare che l'arte e sempre dietro l'angolo pronta a sorprendere l'umanita' ancora una volta. grazie e complimenti ad exibart per il suo lavoro.
volontarismo politico-provocatorio,forse dettato anche dalla rabbia sociale,si crede ancora che l'arte è vita e la vita è politica ecc.no,l'arte rimane in un certo senso immanente all'esistenza eppure trascendente l'esistenza.....armonia,bellezza nuova luce,svelamento dell'essere,questo è arte: tecknè.De luca sembra non comprendere la identità tra popolo italiano e politici italiani,ogni sistema sociale-politico-economico è formato da più facce,berlusconi,bersani,e tutti gli altri.....racket a cui il cosidetto popolo è parte im-moralmente integrante,almeno la maggior parte,oggi queste provocazioni sono folklore che rompe la paranoica monotonia-assuefatta dei cittadini romani e non,nuovi spettacoli adrenalinici per chi li compie,ma non per chi li osserva ormai rassegnato a questa vita stessa,in sè e per sè come direbbe HEGEL.Forse il cambiamento antropologico-sociale-politico è irreversibile.