24 luglio 2019

L’intervista/ Joana Vasconcelos

 
DA MACAU A VENEZIA
Una collaborazione che unisce l’Oriente con l’Occidente nella personale dell’artista, all’isola di San Clemente

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È a Venezia, nella suggestiva location dell’isola di San Clemente, la seconda collaborazione tra MGM Macau, resort di lusso e casinò in Cina, e Joana Vasconcelos (1971), per la prima personale dell’artista portoghese nella città lagunare intitolata “What are you hiding? May you find what you are looking for”. La loro prima collaborazione fu proprio all’MGM Macau, nel 2015, con la mostra “Valkyrie Octopus”, di cui è possibile vedere una parte dell’installazione proprio all’interno della Chiesa di San Clemente, ma, come ci ha spiegato Joana, modificata in base al luogo che la ospita.
“What are you hiding? May you find what you are looking for”, curata da Nina Moaddel, presenta tre grandiose opere dell’artista allestite tra il giardino del Kepinski Palace e la chiesa di San Clemente. Abbiamo intervistato Joana Vasconcelos e la curatrice Nina Moaddel per avere più dettagli sulle opere esposte e sul loro legame con la 58a edizione Arte della Biennale di Venezia.
Come ci si sente essere a Venezia con una mostra personale dopo aver partecipato numerose volte alla Biennale di Venezia? Che legame hai con la città?
«Ho esposto a Venezia durante quasi tutte le edizioni della Biennale a partire dalla mia prima partecipazione nel 2005, dove ho presentato A Noiva (La sposa), all’entrata dell’Arsenale su invito della curatrice Rosa Martínez. È sempre un grande piacere e onore tornare!
Sono felice soprattutto per questa mostra perché mi ha dato l’opportunità di “portare a casa” una delle mie ultime opere, I’ll be Your Mirror (Sarò il tuo specchio) -una monumentale maschera veneziana realizzata da cornici di bronzo e specchi».
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Joana Vasconcelos, What are you hiding? May you find what you are looking for
Parlando dell’opera Madragoa, che è possibile ammirare dentro alla Chiesa di San Clemente, è un’installazione che è stata esposta all’MGM Macau nel 2015 come parte della mostra “Valkyrie Octopus” e poi una parte di essa è stata portata a Venezia con nuovi elementi, diventando un’opera site specific. Perchè hai scelto di aggiungere un grande cuore? Qual è la relazione tra gli elementi dell’installazione e i luoghi in cui è stata esposta (Macau e Venezia)?
«Il cuore è stato concepito per creare una connessione tra la terrestre e concreta natura di Madragoa con la celeste e spirituale natura della chiesa che abita, così rappresentata da un elemento comune all’immaginario cristiano, un cuore fiammeggiante. La relazione che può essere stabilita riguardo agli elementi usati, come le piastrelle che prendono ispirazione dalle ceramiche caratteristiche cinesi e che iniziarono a diventare di moda in Europa durante il XVI secolo, si riferisce agli itinerari commerciali che connettono entrambe le città, come Lisbona, il grande punto di connessione tra l’Europa e l’Oriente. È grazie a MGM che Madragoa ha viaggiato a Venezia e tutta la mostra vuole mostrare l’impegno di MGM di prendere parte all’incontro dei gusti culturali tra Est e Ovest a partire da Macau, Cina e Portogallo fino a un nuovo pubblico a Venezia». 
Come possiamo vedere nel giardino del Kempinski Palace con una delle tue opere più conosciute, Betty Boop, molte delle tue sculture sono legate al mondo femminile. In che modo il tuo lavoro riflette i cambiamenti che stanno vivendo le donne?
«Le opere come Betty Boop e A Noiva parlano delle discrepanze della dimensione pubblica e privata delle donne contemporanee. Betty Boop – una scarpa da donna alta quasi tre metri costruita con centinaia di pentole – ci confronta con la bellezza e l’eleganza chiesta dalle convenzioni sociali e come la vita domestica continua ad essere associata alla sfera femminile. A Noiva si presenta come un lussuoso candelabro composto da migliaia di tamponi, ponendo la questione del motivo per cui le donne continuano a vestirsi di bianco per simboleggiare la nozione cristiana di purezza laddove la maggior parte delle donne che si impegnano nel vincolo del matrimonio non sono più “pure”».
 
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Joana Vasconcelos, What are you hiding? May you find what you are looking for
Da cosa nasce il titolo “What are you hiding? May you find what you are looking for” (Cosa state nascondendo? Possiate trovare quello che state cercando). In che modo risponde al titolo della 58a edizione della Biennale di Venezia scelto dal curatore Ralph Rugoff, “May you live in interesting times”?
Nina Moaddel: «”May you find what you are looking for”, in modo simile al titolo dell’attuale edizione della Biennale di Venezia, è uno dei presunti detti cinesi che sembra avere un doppio significato. Mentre da una parte sembra una benedizione, allo stesso tempo implica che le persone spesso cercano cose che in realtà non necessitano, avendo l’illusione di raggiungere la felicità una volta raggiunti gli obbiettivi e i sogni. Dove l’espressione “cercando” evoca l’idea di inadeguatezza o avidità, può anche essere semplicemente un invito a considerare i bisogni e le aspirazioni della società nella loro complessità che appare essere particolarmente importante in tempi in cui, troppo spesso, l’eccessiva semplificazione sembra prevalere».
In che modo le opere sono legate al tema della Biennale?
Nina Moaddel: «L’arte di Joana Vasconcelos fornisce una sorta di guida per come vivere e pensare in tempi interessanti, evidenziando le funzioni sociali dell’arte, abbracciandone sia gli aspetti piacevoli che critici. I lavori scelti per la mostra sfidano le abitudini del pensiero e aprono la nostra lettura di oggetti e immagini. I’ll Be Your Mirror, recentemente esposta alla personale di Vasconcelos al Guggenheim di Bilbao, invita l’osservatore a guardare attraverso la maschera, dal dentro verso l’esterno, senza perdere di vista la propria immagine. La maschera veneziana simboleggia il nascondere se stessi, in diretto riferimento alla prima parte del titolo della mostra e fornendo l’opportunità di inventare una nuova identità. Molti artisti scelti dal curatore Ralph Rugoff hanno prodotto opere che dialogano con il tema della maschera». 
Ilaria Zampieri 

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