Categorie: Personaggi

L’intervista/Luca Tommasi | A Milano, con furore!

di - 16 Settembre 2013
Ha le idee piuttosto chiare Luca Tommasi, classe 1972 e una galleria accanto al Duomo di Monza, la sua città natale, che non chiuderà in vista dell’apertura del nuovo spazio milanese di via Tadino.
Un altro arrivo nel tessuto delle gallerie dedicate al contemporaneo meneghino, che per iniziare non andrà troppo vicino ad una programmazione “sperimentale” tout court, ma avrà un occhio di riguardo verso i collezionisti. Eppure il gallerista, già direttore della casa d’aste milanese Finarte, conduttore di vari programmi televisivi su ciò che riguarda il mercato delle opere ed ex direttore artistico della Galleria Civica di Seregno, non esclude di poter in futuro aprire le sue porte a qualche giovanissimo. Per ora però si parte con Sergio Lombardo, artista che sta vivendo un nuovo e deciso interesse da parte degli addetti ai lavori. E che a Milano avrà una serie di attualissime opere, firmate 40 anni fa.
La prima domanda è di rito: perché apri una galleria oggi, e perché a Milano?
«Perché, nonostante tutto, continuo a credere nel nostro Paese e nelle sue potenzialità. A 41 anni non me la sento di rassegnarmi a questo clima di sfiducia. Credo che solo le nostre forti motivazioni possano consentirci di uscire da questa fase di stallo e la mia generazione, cresciuta negli anni Ottanta, e che quindi ha avuto molto, debba restituire qualcosa. Milano, per me che sono nato a Monza, resta la grande metropoli, e la Milano che si sta rifacendo il make-up con i nuovi quartieri di Porta Nuova-Garibaldi e Citylife mi piace tantissimo. Diciamo che dopo aver fatto gavetta in provincia mi stimola l’idea di confrontarmi con un palcoscenico più grande».
Per l’opening punti sul lavoro storico di un artista che oggi è in piena riscoperta, Sergio Lombardo. Cinque tele e sei carte che raccontano molto bene di come sia cambiata anche la società e lo sguardo verso i potenti da parte del “popolo” ipnotizzato dai media. In qualche modo una serie di opere ancora attualissime. Pensi di connotare su questa linea la galleria?
«Sergio Lombardo è un artista pazzesco. Cinquant’anni fa teneva la sua prima personale alla Galleria La Tartaruga di Roma. A mezzo secolo di distanza le sue opere sono terribilmente attuali. È innegabile che quella che si definiva allora “la seduzione delle masse”, oggi sia diventata il marketing della politica. Come tuttavia ricorda Marco Meneguzzo, curatore della mostra, l’atteggiamento di Lombardo non è mai stato “antagonista” o “qualunquista”, ma piuttosto di indagine antropologica, prendendo in esame il comportamento umano di fronte al feticcio. Non quindi denuncia politica con relativa esaltazione della lotta di classe, ma piuttosto di approccio psico-sociologico con l’esaltazione della retorica del gesto».
Intendi riservare spazio anche ad artisti più giovani, fare promozione?
«In una prima fase sarà sicuramente meno probabile. Sarà necessario, inizialmente, consolidare la mia presenza con un occhio più attento al mercato. In questo momento vedo i miei collezionisti molto prudenti e orientati maggiormente verso gli established e io, vivendo di questo lavoro, non posso non agire di conseguenza con delle proposte che li tutelino maggiormente. Spero poi, in un secondo tempo, di essere in grado di aprirmi verso le giovanissime generazioni».
Come vedi la situazione dell’arte nel nostro Paese?
«Confusa. Da un punto di vista culturale, l’arte continua ad essere trattata in modo un po’ paternalistico dai nostri governanti, della serie “è una cosa importante, ma che seccatura questi che chiedono sempre soldi”. Va detto che anche i cittadini ci mettono del loro essendo per la maggior parte disinteressati al fenomeno in sé. Da un punto di vista di mercato, credo che sia ancora potenzialmente molto buono, ma bloccato da una buona dose di terrorismo psicologico. È curioso perché sembra che l’acquisto d’arte sia una prerogativa di persone ricche e annoiate alla ricerca di nuovi stimoli. Se guardo fra la mia clientela, vedo quasi esclusivamente persone con mutui da pagare e attività lavorative assolutamente normali, che risparmiano per comprare un quadro data la loro grande passione».
Parliamo di promozione e collezionisti: che partecipazioni hai in programma? Fiere?
«Al momento ho calendarizzato le prime due mostre: Sergio Lombardo e a seguire un mini antologica di Tino Stefanoni dal titolo “Ipotesi di Paesaggio”, a cura di Alberto Fiz, con opere dal 1968 ad oggi; mostra che tra l’altro si inaugurerà il 21 novembre, due giorni dopo l’apertura della grande antologica alle Stelline. Spero poi che Politi voglia ripetere l’esperienza del Flash Art Event a cui ho partecipato l’anno scorso, che mi ha entusiasmato e che spero di poter ripetere. Continuo poi a credere che la televisione possa essere una straordinaria vetrina della propria galleria, se interpretata con sobrietà e attenzione e se vissuta soprattutto come mezzo e non come fine».
Ci racconti qualche retroscena di questa tua nuova avventura?
«Stavo cercando uno spazio a Milano in zona Porta Venezia e, camminando per Via Casati ho visto il cartello affittasi. Quando ho capito però che l’immobile aveva l’accesso da Via Tadino 15, stesso indirizzo e stesso stabile della Fondazione Marconi, mi sono bloccato. Temevo di risultare sgradevole e sgradito. Ho fatto passare qualche giorno e poi sono andato a salutare il Signor Giorgio, comunicandogli la mia voglia di prendere quel locale. Come mi dovevo aspettare, è stato straordinariamente amichevole e accogliente. Il 17 settembre  inaugureremo in contemporanea, io con Lombardo, la Fondazione Marconi con Baj….ma giuro che è una coincidenza!»

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