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12
gennaio 2018
L’intervista/ Ornaghi&Prestinari
Personaggi
UNA RESIDENZA DI CERAMICA
Sei mesi di lavoro a Faenza, per una mostra al MIC. Com'è andata ce lo raccontano gli artisti
Sei mesi di lavoro a Faenza, per una mostra al MIC. Com'è andata ce lo raccontano gli artisti
di Silvia Conta
Faenza è un luogo dove la storia della ceramica e la sua anima più vitale si intrecciano grazie all’attività del MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche (Monumento UNESCO per la Pace), del Museo Carlo Zauli e di numerose botteghe artigiane. Qui, accanto alla conservazione di una storia millenaria, alla trasmissione di antichi saperi artigiani e a ricerche all’avanguardia, c`è una precisa attenzione ad alimentare la sperimentazione della ceramica in rapporto all’arte contemporanea, obiettivo che il Museo Carlo Zauli persegue da diversi anni con progetti di residenza aperti a artisti che non si sono mai confrontati con questo mezzo. Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari sono stati i vincitori del Bando MCZ Residenza d’artista Faenza 2017 promosso da Museo Carlo Zauli e MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza con il sostegno di SIAE | Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura. Una mostra al MIC, inaugurata a novembre, segna la conclusione di sei intensi mesi di residenza che ci siamo fatti raccontare dagli artisti.
Da dove nasce il vostro interesse per la ceramica?
«Da oltre un anno eravamo alla ricerca di una residenza che ci desse l’occasione di avvicinarsi alla ceramica: è un materiale che ci ha sempre affascinato e che sentiamo in linea con la nostra pratica artistica. Conoscevamo il Museo Carlo Zauli e quando abbiamo visto il bando per una residenza di ben sei mesi abbiamo subito pensato che fosse perfetto. La ceramica è un mondo a sé, il che può essere detto per ogni materiale, ma l’approccio a essa è particolarmente complesso perché ci sono moltissimi tipi di lavorazioni, processi che vanno seguiti. Avevamo la necessità di essere introdotti all’interno di un mondo per noi sconosciuto e ci attirava la vastità delle possibilità di spaziare tra tecniche diverse e lavorazioni differenti. A Milano non è facile avvicinarsi alla ceramica, anche solo i luoghi dove acquistare le materie prime non sono semplici da trovare, così come i forni».
Ornaghi & Prestinari, opere in ceramica, MIC e Museo Carlo Zauli, 2017 Courtesy dell’artista e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Come siete stati introdotti a questo materiale?
«È stato determinante il primo periodo conoscitivo, in cui Matteo Zauli ci ha accompagnato a visitare tutte le botteghe, i musei, i luoghi caratteristici della città e le colline circostanti. In parallelo il Museo Carlo Zauli, grazie alla generosità di Matteo e Monica Zauli, ci ha permesso di lavorare proprio nel laboratorio che fu di Carlo Zauli e qui iniziare a sperimentare. Dividevamo lo spazio con la ceramista Aida Bertozzi che era impegnata a lavorare alle sue realizzazioni, ma a cui potevamo porre sempre domande, una presenza che si è rivelata fondamentale in questo primo momento di pura sperimentazione. In una seconda fase, quando abbiamo compreso i primi rudimenti per la lavorazione e con quali potenzialità della ceramica ci interessava di più confrontarci, sono iniziate le collaborazioni con alcune botteghe artigiane, in particolare Manifatture Sottosasso, che ci hanno permesso di realizzare lavori per noi impossibili per il livello di complessità processuale e tecnica».
Avete scelto una tematica su cui lavorare?
«Della ceramica ci ha sempre affascinato il rapporto con la storia dell’umanità che dalla preistoria prosegue fino ai giorni nostri, che abbiamo potuto approfondire nelle sale e nei depositi del MIC, che sono stati fonti di grande ispirazione. Nelle opere che abbiamo realizzato ci interessava indagare il rapporto tra la ceramica e l’oggetto domestico e abbiamo, quindi, cercato di assecondare la dimensione della quotidianità che ciascuna persona ha con la ceramica: da qui, ad esempio, la presenza di molti vasi, piastrelle e cocci. Abbiamo cercato di far confluire nelle opere una sorta di traduzione di tutti gli stimoli che abbiamo avuto durante la residenza: dalla città al paesaggio al nostro vissuto personale, agli oggetti che ci circondavano, alle collezioni del MIC e del Museo Carlo Zauli».
Ornaghi & Prestinari, opere in ceramica, MIC e Museo Carlo Zauli, 2017 Courtesy dell’artista e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Che rapporto avete instaurato con questo materiale?
«Una sorpresa continua è nata dalla relazione tra l’estrema semplicità dei materiali di partenza, la complessità delle lavorazioni e delle tecniche, dai terzi fuochi alle smaltature. Ci ha sedotto il rapporto tra opposti: da un lato un materiale di partenza molto arcaico, informale, grezzo, povero, e dall’altro la possibilità di ottenere manufatti molto raffinati, sottilissimi che necessitano di abilità e procedimenti artigianali che possono raggiungere caratteristiche quasi industriali senza perdere in autenticità. L’aspetto più complicato, invece, è stato senz’altro quello dell’imprevedibilità del risultato, indipendente dal grado di esperienza che può raggiungere un ceramista: nei progetti complessi materiali, procedure e parametri identici possono dare origine a risultati diversi, visibili solo all’uscita del pezzo dal forno. In questo senso penso che la ceramica sia il mezzo più complesso con cui ci siamo confrontati, tuttavia il nostro scopo era quello di conoscerlo per introdurlo nella nostra pratica artistica e così sarà».
Ornaghi & Prestinari, opere in ceramica, MIC e Museo Carlo Zauli, 2017 Courtesy dell’artista e GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana
Di questo intento sono testimonianza sia la mostra al MIC con cui avete concluso la residenza che molti dei pezzi esposti a Santa Croce sull’Arno…
«Mentre eravamo già in residenza a Faenza siamo stati invitati a realizzare una personale a Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno, per il progetto Out of the Box. Arte –Impresa – Territorio con il Consorzio Depuratore, che ha inaugurato lo scorso novembre con il titolo “Stille”. Noi lavoriamo sempre in parallelo a più progetti e ci ha fatto particolarmente piacere poter unire la sperimentazione che stavamo portando avanti a Faenza e le opere che abbiamo potuto pensare per Santa Croce: la decina di opere in ceramica esposte in Toscana (a cui se ne aggiungono altre in materiali differenti) sono state realizzate grazie alla collaborazione con artigiani di Faenza. Ora stiamo già cercando nuove opportunità per proseguire questo percorso straordinario nato grazie a questi mesi a Faenza».
Silvia Conta