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07
marzo 2014
L’intervista/ Veronica Veronesi e Panem Et Circenses Arte e cibo, ma non la solita pappa
Personaggi
Con questa doppia intervista inauguriamo una nuova iniziativa di Exibart dedicata a quelle gallerie che provano a sperimentare proposte diverse sia in termini espositivi che di mercato. Cominciamo con (galleria+) oltredimore di Bologna che ha avviato un progetto di eating-design con la prima residenza italiana per food-artisti. E le sorprese non mancano
Arte e cibo nel nostro tempo parlano lo stesso linguaggio che verte sullo stretto rapporto tra il prodotto e il suo effetto, tra l’esterno e l’interno, l’apparenza e la sostanza, alimentando stimoli e necessità dei sensi. Nell’articolato scenario dell’arte contemporanea il cibo è entrato a pieno diritto tra le espressioni creative di artisti e food-artisti capaci di stimolare una grande attenzione nel pubblico. Se ne analizza sia il coinvolgimento diretto, laddove il cibo è un materiale modellabile, che il confronto con la sua rappresentazione. Diverse mostre indagano e celebrano il binomio arte&cibo in spazi privati quanto in istituzioni museali, come quella in corso fino a metà marzo alla Triennale di Milano promossa dalla Fondazione Golinelli di Bologna. Ed è proprio a Bologna che si sta vivendo una food immersion: la prossima edizione di “Scienza in Piazza” organizzata dalla stessa Fondazione sarà dedicata all’alimentazione; ma soprattutto a Bologna si è svolta la prima residenza per artisti in Italia legata al cibo, nel nuovo spazio della (galleria+) oltredimore, dedicato ad integrare mostre temporanee d’arte contemporanea, come dal 2009, con una proposta di convivialità abbinata a food projects specifici. Un’occasione finora unica per artisti interessati ad un periodo di lavoro presso la galleria nella Manifattura delle Arti, quasi a sviluppare e ricontestualizzare gli esperimenti della Eat Art di memoria francese degli anni ‘60.
Da novembre scorso infatti, per tre mesi, la gallerista Veronica Veronesi ha ospitato il duo Panem Et Circenses, che ha ideato e curato un progetto di eating-design intitolato “trEATticon”. Tre-atti-con Ludovico Pensato e Alessandra Ivul, ovvero l’atto del mangiare declinato da loro in casi diversi. I mesi di residenza hanno permesso un lavoro diviso in tre parti, che rappresentano non solo le età dell’uomo in rapporto ideale con il cibo – l’infanzia, l’adolescenza e la maturità – ma anche l’evoluzione dell’approccio al cibo stesso, dal periodo primitivo al più recente fenomeno del food-porn. Materia, Deleteria e Aetheria sono i titoli dei tre momenti, sviluppati con degli Action Eating [due esclusivi eventi al mese] e Assaggi food specific con una programmazione trimestrale, riflessioni, incontri e una fanzine. Il cibo è stato pensato, realizzato e offerto propriamente come il risultato di pensiero ed azione, così quanto l’environment nel quale si sono ambientati gli happening di volta in volta diversi, tutti fortemente connotati. Ne parliamo con Veronica Veronesi e Panem Et Circenses.
Da dove è nata l’esigenza di inserire l’offerta del cibo in galleria? Il nuovo spazio espositivo aggiunge, come dichiara il “+” nel nome, un’offerta creativa alle vostre già note attività.
Veronica Veronesi: «Ero stanca degli spazi espositivi tipo white cube, ambienti sterili e un po’ distaccati, ho iniziato a pensare ad una galleria dove poter STARE, DIRE, volendo CAPIRE di sicuro PARTECIPARE. Un luogo di ricerca ma anche d’intrattenimento, spazio critico dove promuovere innovazione sociale, dove testare nuovi processi, metodologie e nuove forme di azione. La galleria intesa come punto di snodo dove è possibile mettere da parte i modelli imposti a favore dell’ozio creativo».
Come si struttura il progetto? Era già un’idea in embrione o è stato appositamente pensato e costruito in relazione alla (galleria+)?
Panem Et Circenses: «trEATticon ha una struttura composita e multilivello, ciononostante risulta di facile lettura grazie ad una forte e lineare coerenza interna. Si tratta di un progetto esponenziale che indaga l’approccio al cibo da parte dell’uomo e lo fa su piani d’indagine diversi, tutti afferenti ad un unico e principale focus: il “mangiare” (inteso come azione) come atto conoscitivo del mondo. I tre atti sono organici e interconnessi ed evolvono su differenti livelli di pensiero: conoscitivo, pragmatico, intellettuale, gastronomico. In cinque parole: Materia-terra-infanzia-conoscenza diretta-cibo non lavorato (sono otto!). Altre cinque? Deleteria-acqua-adolescenza-sperimentazione-cibo processato (sei!). Ultime cinque: Aetheria-aria-maturità-concettualizzazione-cibo immagine (sei, di nuovo). È la prima volta che Panem Et Circenses propone all’esterno un progetto in totale autonomia; solitamente lavoriamo con altri artisti, affiancando alla loro produzione una personale interpretazione del contesto, o lavoro, di riferimento in chiave edule. La (galleria+) ci ha dato la possibilità di rivolgere l’attenzione all’”atto” come assoluto e non calato in un contesto dato. È stato per precisa volontà di Veronica che non abbiamo tenuto conto dell’ambiente circostante, costruendo ex-novo un progetto indipendente».
Da dove arriva il vostro interesse per la simbologia alchemica che caratterizza le immagini e la comunicazione di trEATticon?
PEC: «La ricerca dell’elemento simbolico è alla base di Panem Et Circenses. In questo caso abbiamo deciso di usare i simboli alchemici riferiti alla dottrina tradizionale degli elementi (terra, acqua, aria, fuoco, etere) per poter declinare, secondo le accezioni insite in questi, le fasi del progetto. Abbiamo attribuito a Materia l’elemento terra, a Deleteria l’elemento acqua, ad Aetheria l’aria (e l’etere) e a trEATticon, il progetto nel suo complesso, l’elemento fuoco che sottostà a tutti e tre gli atti. In Occidente tale dottrina è stata usata in modo sistematico durante il medioevo dagli alchimisti di cui apprezziamo l’approccio filosofico all’osservazione della natura, contrassegnato da un aspetto segreto e da un aspetto operativo molto marcato. I riferimenti iconografici agli elementi non sono soltanto alchemici: abbiamo preso in prestito anche i solidi platonici ellenistici disegnati da Leonardo, mica uno a caso. E poi graficamente sono potentissimi!».
Le tre fasi della residenza rappresentano un ciclo: la necessità, la scoperta e l’esasperazione; dalla “materia prima” alla “materia trasformata” per finire con la prostituzione del/per il cibo. A quali considerazioni vi ha condotti la sperimentazione?
PEC: «L’unica nota a caldo che abbiamo rilevato con una certa costanza è che il pubblico italiano (in relazione alla nostra esperienza all’estero, dove abbiamo cominciato) ha un approccio marcatamente culinario che finisce per prevalere nella maggior parte dei casi su tutti gli altri aspetti: simbologia del cibo, natura, provenienza e scelta dello stesso, modalità di fruizione, dinamiche relazionali, momenti performativi. La ricerca di una corrispondenza gustativa smorza e offusca altre componenti che per noi sono parte integrante dell’esperienza del “mangiare”. Il gusto è un senso sinestetico e multidimensionale che dovremmo sforzarci di non limitare a una percezione esclusivamente palatale».
Quale dei tre momenti è stato il più riuscito e apprezzato da voi e dagli ospiti?
VV: «Difficile parlare per gli ospiti. Abbiamo visto succedersi reazioni molto differenti, motivo ricorrente è però la voglia da parte dei partecipanti di approfondire con domande, quasi il 30 percento dei commensali ha voluto partecipare all’intero excursus dei tre atti. Personalmente mi sento legata più all’atto di Materia, l’approccio primordiale/animale ha messo in luce interessanti e spesso divertenti dinamiche di gruppo».
PEC: «La soddisfazione maggiore è senz’altro l’essere riusciti a proporre momenti così formalmente diversi ma intimamente e significativamente coerenti. Ogni momento ha avuto difficoltà e pregi specifici e così ci piacciono. Senza dubbio crediamo che per il pubblico l’atto Deleteria sia stato il più complicato da sperimentare nella pratica: il tavolo-laboratorio richiede una certa dose di concentrazione e consapevolezza per gestire la libertà d’azione concessa nell’interazione. La responsabilità del risultato finale spetta in buona misura al partecipante; se Materia orienta verso un’unica possibilità concreta d’azione (scoprire il cibo) ed Aetheria chiede al partecipante di mettersi nella condizione mentale di “stare al gioco” (subire il cibo), Deleteria lascia spazio alla sperimentazione individuale e, come spesso accade, meno sono i vincoli maggiori sono le difficoltà».
Di questa esperienza restano, oltre alle testimonianze video-fotografiche, oggetti di design in edizione limitata col marchio PeC, ovvero gli strumenti delle performance durante gli Action Eating. Di cosa si tratta?
PEC: «È buffo ma, paradossalmente, l’unico che lascia un’evidenza oggettiva è Aetheria, l’atto concretamente più inconsistente. Riflettendo però è anche davvero sensato: Materia è il cibo nella sua forma primordiale, l’approccio è diretto, non mediato da strumenti per cui una volta esauritosi non resta che terra e polvere. Deleteria usa una strumentazione da laboratorio chimico, pezzi sterilizzati monouso che non hanno alcun valore in sé, sono meri strumenti funzionali allo scopo. Aetheria, invece, laddove il cibo diventa immagine artefatta, produce oggetti sofisticati che assumono la forma di una fotografia d’artista (in serie limitata), costruita per appagare il senso estetico ed immaginario del partecipante prima (e al di là) del cibo stesso».
(galleria+) oltredimore
Via Del Porto 48 a/b
40122 Bologna – Italy
+39 0516449537
orari: martedì e mercoledì 14.30-19.30; giovedì e venerdì 12.00-20.00; sabato 11.00-19.00 e su appuntamento
Scusatemi…ma non ci ho capito nulla! Che ignorante che sono!!!Spiegazione con un linguaggio più semplice? Qualcuno mi può aiutare?
Gentile Laura Negrini,mi spiace che non Le risulti chiaro, mi piacerebbe sapere precisamente a quale delle tre voci che parlano in questo testo si riferisca. Si tratta infatti di un approfondimento sulla prima Temporary Food Specific Residence in Italia che si è svolta presso la (galleria+) di Bologna; in altre parole – come da Lei richiesto – la gallerista Veronica Veronesi ha messo a disposizione per tre mesi gli spazi della sua galleria d’arte ai due food artisti Panem Et Circenses, dando loro la possibilità di sviluppare un progetto di analisi e sperimentazione sull’azione del mangiare. Gli artisti hanno progettato e diretto due eventi al mese, e diversi incontri, strutturati su tre diversi approcci e tre diversi allestimenti della tavola, offrendo di volta in volta strumenti differenti per mangiare e interagendo con il pubblico che ha partecipato. Tutto il materiale raccolto, come fotografie, video delle performance e oggetti di design utilizzati durante le “cene”, ne raccontano il percorso.
Se vuole approfondire, anche attraverso le immagini, consulti il sito:
http://cargocollective.com/treatticon
Grazie ora se non altro è tutto più chiaro.