Luca Maria Patella disvelato: Elio Grazioli dedica un libro a uno degli artisti meno classificabili dell’arte italiana del dopoguerra. Attivo da oltre cinquant’anni Luca Maria Patella ha attraversato con la propria opera tutti i momenti cruciali delle vicende artistiche rimanendo però ostinatamente eccentrico e forse difficilmente leggibile, almeno fino a questo studio che ha, tra i molti pregi, anche quello di raccogliere e mettere a sistema tutte le riflessioni critiche che fino a oggi si sono fatte dell’opera patelliana.
Autentico outsider, difficilmente incasellabile LMP è l’oggetto di studio perfetto per Grazioli che sembra proprio prediligere quei temi e quegli autori che gli offrono la possibilità di mettere in pratica la sua peculiare capacità di attraversare e legare argomenti diversi per dispiegare il suo istinto warburghiano. L’evocazione dello storico tedesco, evidentemente, non è casuale, Warburg è un punto di riferimento esplicito per il suo pensiero, si deve forse anche a questo ancoraggio filosofico la sua capacità – per così dire euristica – di estrarre senso, di produrre conoscenza non tanto dagli oggetti che studia, siano opere o artisti, quanto piuttosto dai rapporti che questi instaurano con altri oggetti e con il mondo.
Il peculiare talento di Grazioli è insomma quello di mettere in relazione temi e argomenti, di disegnare costellazioni unendo tra loro punti lontani. La sua bibliografia è percorsa da questo tipo di erranze: arte e pubblicità, arte e collezione, arte e polvere… Ne sono un esempio perfetto due libri recenti che condividono l’interesse per argomenti poco o per nulla frequentati e aprono prospettive inedite al discorso sull’arte, mi riferisco ai due sorprendenti e imperdibili libri dedicati uno al concetto, pregnante quanto sfuggente, di infrasottile e l’altro al rapporto tra arte e telepatia, entrambi pubblicati da Postmediabooks.
Elio Grazioli appronta dell’opera patelliana una lettura esaustiva ed erudita e ne fa un libro elegante (come tutti quelli di Quodlibet che lo ospita nella collana Studio), ricco di immagini e informazioni. Grazioli non è nuovo a studi monografici, ha dedicato un volume a Ugo Mulas – evidenziando così un’altra delle sue passioni, la fotografia; al rapporto di Duchamp con la fotografia; a Piero Manzoni, un artista che, come Patella, ha percorso la strada di una transmedialità linguistica di esplicita matrice duchampiana (fotografia, Duchamp, Manzoni, Patella: quando si dice disegnare costellazioni…).
Ed è questo il primo dei tratti che Grazioli rileva per mettere a fuoco la figura di LMP, Duchamp come cardine per sviluppare la capacità, o necessità, di attraversare linguaggi e tecniche differenti, adottando un approccio concettuale – nel senso più ampio – e, soprattutto, multidisciplinare, un approccio che lo rende originale rispetto agli artisti suoi coetanei che andavano costruendo, proprio sulla coerenza tecnica e formale, la sostanza del loro lavoro.
E poi la predilezione, anche qui duchampiana, per l’utilizzo della tecnologia nella produzione delle immagini – calcografia, fotografia, cinema.
L’utilizzo di tecniche meccaniche consente a Patella l’uscita dalla dimensione biografica per prendere, già dalla metà degli anni Sessanta, la via verso l’analisi del comportamento: «Perché comportamento? Il temine in arte è usato in senso molto lato, riguardante lo spostamento dell’attenzione dal soggettivismo da un lato e dal formalismo linguistico dall’altro, nonché dall’oggetto neo-realistico e dal concettualismo analitico, ma per Patella questi non sono che aspetti di un’unica questione che consiste nel non arroccarsi nella posizione di uno solo di essi.
Comportamento per lui significa allora propriamente analisi delle situazioni, del coinvolgimento dell’individuo in esse, cioè del legame interconnesso tra soggetto e contesto».
Apertura linguistica quindi, e apertura del soggetto al mondo, che significa anche affrontare la dimensione politica – cruciale in quegli anni – senza strumenti ideologici preconfezionati. «L’interesse per la politica – scrive Grazioli – Patella l’ha sempre avuto, ed è diventato universalmente dirompente dal Sessantotto in poi, ma la sua posizione è stata fin dall’inizio interna all’arte, come quella nei confronti della scienza, in fondo, e di ogni altra disciplina: l’arte è per lui il sistema complesso dentro al quale l’artista vuole mettere in dialettica ogni latro sapere e pratica, e aspetto della vita».
Per questo, come precisa l’autore, «la sintesi è difficile con Patella, che moltiplica e dissemina piuttosto che selezionare e insistere» e non solo per l’utilizzo di medium differenti ma anche per la stratificazione concettuale e linguistica della sua opera che si deposita e diventa apparentemente “leggibile” nella sua vasta produzione scritta. Sin dagli esordi, Patella utilizza il libro d’artista, il libro-lavoro, come strumento fondamentale per “mettere in dialettica” e intrecciare i suoi molteplici interessi, politica e scienza, come ricorda l’autore, e poi psicanalisi, filosofia, storia.
Grazioli individua delle linee di tensione che attraversano lavori e periodi differenti, restituendo l’immagine di un artista eccentrico sì, ma fedele alle proprie idee, soprattutto coerente nell’esigenza radicale di essere libero di dispiegare il proprio pensiero in ogni àmbito, anche a costo di restare ai margini del sistema economico e culturale dell’arte: «Questo renderà la sua carriera più faticosa, meno sostenuta, ma sarà anche, sulla lunga distanza, il contesto dell’elaborazione della sua originalità personale. Il suo testardo rigore nel voler mantenere in ogni passo, ad ogni livello, tutta la complessità dell’analisi in tutte le sue sfaccettature, renderà più difficile la comprensione e l’accettazione del suo lavoro e della sua figura, ma lo porterà a inventare tante soluzioni di cui vorrà negli anni rivendicare il carattere anticipativo».
L’analisi di Elio Grazioli ricostruisce questa materia multiforme e polisemica che è l’opera di Luca Maria Patella ma, sebbene il titolo sembri promettere un’analisi che finalmente disveli e renda leggibile in modo lineare l’avventura creativa patelliana, l’autore deve ammettere in chiusura che «Patella non ha finito, non finisce mai. Negli ultimi anni ha moltiplicato le conferenze, spesso in video, non potendo intervenire di persona, o con film realizzati di persona. Nei suoi interventi ha di nuovo ripercorso ogni volta instancabilmente la propria opera, il proprio pensiero, evocando momenti particolari, amici, situazioni, precisando rapporti, rivendicando antecedenze e anticipazioni. Molto in effetti resta da verificare, confrontare. Lui intanto prepara altri libri, sicuramente sta pensando altre opere».
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