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L’equivoco Marc Augé. Molto più che i “non luoghi”
Personaggi
I coccodrilli scritti mi affascinano da adulto quanto i coccodrilli animati mi affascinavano da bambino. Perché entrambi stanno in scena ancora prima della vittima, magari nascosti dentro il cassetto di una scrivania come sotto il pelo del fiume in attesa del momento, a dimostrazione che la legge della comunicazione è un po’ come la legge della natura: spietata, non guarda in faccia a nulla, tanto meno alla verità.
A Marc Augè, mancato in questi giorni, è toccato un branco enorme di coccodrilli sparsi in tutto il mondo, pari alla sua indiscutibile grandezza di filosofo planetario, antropologo e analista dei fenomeni legati ai flussi e ai luoghi della Contemporaneità. Il suo è un pensiero obbligato per chiunque si affacci a quel teatro in movimento che è divenuta la disciplina del Paesaggio, soprattutto del paesaggio urbano, chiamata ad estendere il proprio alfabeto oltre le solite lettere che per centinaia d’anni (almeno da quando Francesco Petrarca descrisse la sua mitica salita al Monte Ventoso) ne hanno plasmato la grammatica – B come Bellezza, V come Verde, N come Natura, F come Forma, …. – ma che oggi hanno il fiato corto di fronte alla evoluzione di senso che proprio la parola stessa ha assunto. A tal punto che perfino i famosi “non-luoghi” di Marc Augè oggi sono di diritto un paesaggio; certo un paesaggio contradditorio, mutevole, ambiguo e privo di scena fissa. Ma un paesaggio sono.
Eppure, a mio vedere, per anni perfino il dibattito più evoluto ne ha frainteso la lettura, confondendo la perdita di identità delle persone in quei luoghi (gli aeroporti, le metropolitane, i mall e tutti i luoghi di flusso in attraversamento) con la perdita di identità dei luoghi stessi; luoghi (o, per meglio dire, non-luoghi) che invece si stavano semplicemente preparando ad assumerne una più matura e ad occupare un tempo imprescindibile del nostro immaginario visivo. Insomma ad Augé è riuscita la manovra divina di estendere lo spazio fisico delle nostre esistenze pur avendo puntato sulla sua stessa negazione. E a nulla sono servite le molte ambigue interpretazioni del suo pensiero, che in forma preveggente ha saputo anticipare il nostro Presente. Che preziosa curva della Storia la sua!
CLAUDIO BERTORELLI
Ha una formazione ibrida per definizione e una naturale inclinazione di ricerca verso i luoghi del contemporaneo. Dagli studi classici alla facoltà di Ingegneria di Trieste, dove ha svolto attività didattica e fondato LAST – laboratorio di produzione dei master post-lauream, fino alla creazione delle due strutture Centro Studi Usine (2002) e Aspro Studio (2003), con le quali ha portato a termine molti interventi costruiti e processi di rigenerazione urbana e sociale. Nel 2007 ha ideato Comodamente, primo festival in Italia andato in scena in soli luoghi dismessi. Dal 2014 al 2016 è stato direttore della Fondazione Francesco Fabbri. Partecipa con regolarità a seminari, workshop, talk, giurie e comitati scientifici. Nel 2017 ha contributo alla stesura dei contenuti della nuova Legge Regione Veneto 6 giugno 2017 n. 14 sul Contenimento del consumo di suolo e rigenerazione urbana.