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Maria Antonietta è una perla rara nel panorama musicale indipendente italiano. Artista in continua evoluzione, appassionata di studi di genere e Medioevo, arte e teologia, cerca di far confluire le sue passioni multiformi nei pezzi che compone. E ci riesce sempre. “Deluderti”, il suo ultimo disco, uscito nel 2018 per “La Tempesta Dischi” dopo quattro anni di silenzio, è la conferma di questo eclettismo curioso, raccontato dalla sua voce inconfondibile.
In primavera l’esordio come scrittrice per Rizzoli. “Sette ragazze imperdonabili” è la raccolta di poesie e racconti che riflettono e rendono omaggio alla vita di quelle che considera essere le sue sorelle maggiori: da Giovanna d’Arco a Sylvia Plath, passando per Cristina Campo ed Emily Dickinson. Donne che hanno ispirato i suoi passi fino a qui, e di cui ha raccolto l’eredità di coraggio, sfrontatezza e determinazione. L’eco delle sue canzoni risuona nelle pagine scritte, in perfetta armonia con il suo percorso creativo sperimentale. I testi sono confluiti in uno spettacolo ibrido, a metà tra il reading di alcuni brani e il concerto, con musiche composte per l’occasione e riarrangiamenti di vecchi pezzi. Ad affiancarla in questo originale tour che prosegue da maggio, Daniele Rossi, che alterna chitarra baritona, violoncello, tastiere e banjo.
In occasione della tappa romana del tour, domani sera al Monk, penultima sul calendario degli appuntamenti, le abbiamo fatto qualche domanda.
Il tuo libro è diventato uno spettacolo pubblico: com’è successo?
«Ho pensato che mi sarebbe dispiaciuto molto vedere evaporare il libro, al quale avevo dedicato tanto tempo e al quale tenevo così tanto. Uno spettacolo l’avrebbe fatto vivere più a lungo, l’avrebbe portato sicuramente tra più persone e gli avrebbe permesso di guardare il mondo anche da un’altra prospettiva. Poi, personalmente, amo moltissimo la lettura ad alta voce e la commistione dei linguaggi, soprattutto quello poetico e quello musicale, e quindi non mi sono lasciata scappare l’occasione».
Ormai la serie di spettacoli si sta concludendo. Come ha reagito il tuo pubblico a questa nuova avventura?
«Molto bene, ma debbo dire che ho un pubblico speciale; profondo e curioso e di questo sono davvero grata. Spesso credo che si sottovaluti il pubblico, la sua ricettività, la sua curiosità…Non credo che un artista debba mai censurare la sua ricerca o la sua creatività per soddisfare il pubblico ad ogni modo».
Che rapporto c’è tra scrittura dei testi musicali e un testo letterario?
«La scrittura è una, assume solo diverse forme che impongono diversi vincoli. Ma si sa, diversi vincoli, diverse libertà. E la libertà mi piace».
Dopo qualche mese dall’uscita del libro, ci sarebbe qualche altra ragazza imperdonabile che vorresti includere?
«Emily Brontë».
Il tuo libro lo presenti come un Libro d’Ore, scandito dal Mattutino al Tramonto – uno dei feticci di chi ha studiato la miniatura, il medioevo. Questa è l’eredità dei tuoi studi in storia dell’arte?
«Sì, il meccanismo che è alla base del libro è quello del Libro d’ore e sicuramente il mio amore totale per il Medioevo centra con questa scelta. Il mio libro è al fondo un libro di devozione, dedicato alle mie maestre, dalla Dickinson alla Plath passando per la Campo. Come non potevo scegliere come modello il libro di devozione per eccellenza?».
Nel libro dici: “persino Dio è entrato nella Storia grazie a una femmina”. Cosa pensi del ruolo della donna nella scena in cui ti stai muovendo tu?
«Non saprei in quale scena mi stia muovendo esattamente. Sono molto curiosa e non mi sento molto a mio agio in nessun recinto. Le donne non dovrebbero mai censurarsi o semplificarsi, in qualsiasi scena, e non sentirsi in colpa per i desideri che provano, piuttosto esaudirli: tutto qui».
Yasmin Riyahi