Categorie: Personaggi

Meglio uno Sgarbi oggi…

di - 16 Marzo 2017

Come mai nella conferenza per la presentazione del Padiglione Italiano ha parlato di fondi privati quando è tornato a coprire il suo ruolo in seguito alle sue molteplici dimissioni per intercessione di Berlusconi?

Berlusconi non ha fatto nessuna intercessione. Berlusconi è il Presidente del Consiglio e nella mia logica di Sindaco gli assessori hanno delle deleghe; allora non esiste un Ministro che amministri il suo Ministero senza dover rispondere del Presidente del Consiglio. Siccome io faccio il Padiglione che mi è stato affidato per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia con un accordo preciso fra Baratta e l’ex Ministro Bondi di darmi tutte le sedi museali di Venezia in quanto Sovrintendente, l’avermi tolto quel ruolo mi ha tolto alcune sedi. Quindi abbiamo continuato a lavorare senza soldi mentre io avrei potuto consolarmi del mancato budget ad horas godendo però di sedi come l’Accademia o la Ca’ D’Oro da utilizzare con i custodi interni; avrei potuto così scaricare alcune spese sul funzionamento ordinario dei musei. Invece con l’avvento della situazione in cui mi trovo devo far saltare alcune mostre. Non so per esempio, dove metterò gli stranieri che vengono in Italia, circa settanta, che vanno da Kounellis a Twombly. Ho domandato quindi a Berlusconi, Presidente del Consiglio, come lo avrei chiesto a Prodi, visto che non aveva senso reclamarlo ad un Presidente della Repubblica, che si facesse garante per l’insufficienza, l’inadeguatezza, la mancanza di parola, il disimpegno di Galan che, pur essendo veneziano ha sia tradito la parola nei miei confronti che il mandato che doveva essere in qualche modo continuatore di Bondi e Baratta. Berlusconi, che non c’entra nulla, mi ha detto semplicemente: “Non dimetterti, troveremo una soluzione”. In effetti sembra adesso che qualche sede possa venir fuori, pare si possa usare una porzione della Ca’ D’oro. Spero di poter collocare la mostra di Cucchi, che ho programmato da un anno, in tre ambienti di Palazzo Grimani, nell’ambito di una mostra commemorativa dedicata ad alcuni artisti grandi per età o per nome. Il più giovane è Cucchi, poi c’è Federico Monaldi dell’età di 85 anni, (forse a Palazzo Ducale nella sala del Piovego) Caccia Dominioni, 97 anni, Fioravanti 90 anni (per i quali non abbiamo la certezza di quali spazi attribuirli). Lo Stato ad ora non mi paga da un anno, per quanto veniale io possa apparire non ha messo una lira reale. Tutto quello che abbiamo fatto sin qui comprese lettere, telefonate, ufficio, è stato pagato da Emmanuele Emanuele della Fondazione Roma, attraverso Artemisia. Per cui trovo osceno e scandaloso che uno invece di badare al lavoro delle persone, continui a parlare di soldi. Ne abbiamo messi di privati perché un’impresa come questa piace, soprattutto ai privati che costituiscono il mercato dell’arte (pensa solo a Pinault). Se lo Stato non paga si può scegliere il gesto tranchant di andarsene, ed io l’ho adottato tre volte perché ero in una condizione in cui potevo avere dei soldi. Una chicca: il finanziamento del Polo Museale di Venezia è di 8 milioni di euro all’anno (di cui 3.4 milioni destinati agli allestimenti mostre). Io non sono riuscito a spenderli, la mia successora non li spende. Da assessore avrei potuto starmene tranquillo, avendo la possibilità di allestire le mostre. Avrei potuto utilizzare questa somma volta a foraggiare gli allestimenti per compiere un allestimento stabile di un piano della Pinacoteca con Pizzi Cannella, gestire l’Accademia, Ca D’Oro, Palazzo Grimani. Togliendomi i musei e i finanziamenti allora lo Stato non c’è più, ecco perché quindi o io rinuncio del tutto oppure mi affido ad una casa di produzione di mostre che non condizioni in alcun modo il mio lavoro e che vive grazie ad un rapporto organico con la Fondazione Roma che è la stessa, per dirla tutta, che consente di vivere ad Alemanno e i Musei di Roma, i quali non spendono una lira pubblica. Se non c’è Emanuele a mettere 4 milioni di euro non funziona Palazzo delle Esposizioni né le Scuderie del Quirinale né le Biennali di Roma e di Venezia. Allora non si capisce perché se io indico questo elemento come difetto lampante dello Stato faccio un capriccio, se invece guardiamo alla realtà della situazione romana con il Comune, dobbiamo riconoscere che l’unico produttore di attività culturali in Italia si chiama Emmanuele Emanuele il quale, gli va riconosciuto, si è esposto con oltre 500.000 euro tra Spoleto e le attività di questo ufficio. Per cui noi siamo amministrati dalla Fondazione Roma. Questa è la nostra realtà economica. Soldi pubblici, zero. Gli unici validi, quelli relativi al funzionamento del mio ufficio, me li hanno tolti. Io per esempio in qualità di curatore del Padiglione Italia non ho un ufficio. Adesso che Mauro Masi è andato a dirigere la Consap, percepirà uno stipendio di 740.000 euro l’anno, a me lo stipendio non l’hanno versato né come Sovrintendente né come Direttore. Ma io posso fregarmene perché sono ricchissimo.

Mafia e Marketing: questo suo continuo dimissionare non significa forse attirare l’attenzione del suo pubblico in una continua auto-referenziazione? Non sarà forse il caso che lei abbia fatto selezionare artisti meno conosciuti perché i riflettori siano puntati sulla vera star della Biennale, lei?

Io sono già una star abbastanza, basti pensare che sono in procinto di avviare un programma in prima serata e che il 6 luglio inaugura la mia collezione a Palazzo Reale. Nella Biennale ho seguito un metodo per sparigliare. Ho detto a Galan che poteva nominarmi Assessore giusto per consentirmi di finire il progetto, con una nomina da aprile fino a tutto il mese di giugno. Non l’ha fatto, non ha mantenuto la parola ed io non lo mollo, la pagherà. Mi vendicherò molto duramente fino a sperare che non sia neanche rieletto la prossima volta alla Camera. Quanto alle dimissioni dipendono dal tradimento di Galan. E’ vero che non ho nessun artista in particolare da proporre salvo forse Serafini, che non verrebbe mai proposto e quindi é stato per me cavallo di battaglia. Sinceramente dei 250 segnalatori, che vanno da Fumaroli a Tornatore a Morricone a Dario Fo, almeno 180 hanno scelto in prima battuta senza che io li sentissi. Quando siamo arrivati al 181esimo ho cominciato a far telefonate. Per esempio a Muti, che aveva indicato in principio il fotografo Paolo Roversi; gli ho proposto in alternativa altri 10 nomi, era meglio che alzasse il tiro. Una trentina di persone hanno dialogato con me per quello che io ritenevo essere giusto per loro:trovare un nesso con un artista di alto livello per mezzo di accoppiamenti giudiziosi. Questo vale soltanto per circa un quinto del materiale esposto. A segnalare la Beecroft (la quale non si annovera tra i miei artisti prediletti e che non aveva nominato nessuno sino a quel momento) è Linda Nochlin, la più grande studiosa dell’arte americana.

Tutta l’arte e contemporanea e tutti i curatori sono?

Dei becchini o degli infermieri di un ospedale che curano i loro malati. In dieci  Biennali ogni curatore porta i suoi, mi sembra penoso. Se io faccio la storia del ‘700 nell’arte, dieci storici dell’arte diversi dicono, con differente gusto, più o meno le stesse cose; se io invece intraprendo la storia dell’ultimo secolo ottengo dieci storie dell’arte diverse. Sarà dovuto a qualche ragione no?

Lei ha affermato che la presenza della Beecroft al suo Padiglione avvalorava la reputazione degli artisti italiani in suolo straniero e segna un passo veramente significativo in questa direzione. Ma non é forse vero che i migliori agenti per la promozione degli stranieri all’estero sono proprio i curatori, che lei tanto ha disprezzato nel suo ultimo discorso ufficiale nonostante faccia parte proprio di quella casta?

Odio la parola curatore e di più quella di curatore indipendente. Un curatore è uno che cura i propri interessi. Quindi l’idea che uno vada in Italia, vedi Monanni, e stabilisca che italiani come Pericoli o Innocenti sono quelli che ha deciso lui, non me ne capacito. Ha deciso che gli è antipatico Pomodoro e la Rabarama, e lo capisco. Come mai quando gli ho spiegato chi era Fabrizio Clerici lo ha messo in Italics?

Ci sono almeno 10 artisti della sua mostra di cui lui ignorava l’esistenza. Una volta fatto uno scontro con me alla fondazione Re Baudengo io gli ho detto un po’ di nomi e lui ha cominciato a considerare che esistessero, inserendoli dentro. Chi fa il critico d’arte ha un dovere di storico del presente quindi non può decidere questo sì e questo no. Mi sono reso conto che gli artisti esistenti in Italia sono circa 10.000, quelli che lavorano sono almeno 2 milioni. 1,990.000 sono delle fetecchie ma gli altri 10.000 sono degni di nota e da questi ne ho estrapolati 2.000, di cui molti hanno talento. Pesce non è un genio? Perché non entra mai nell’orizzonte di Francesco Bonami? E Ferroni non era forse un genio? E Serafini? Sempre i soliti Cattelan e Beecroft. Gli altri non entrano mai perché i curatori sono ignoranti come delle capre. Non sanno e si innamorano stabilendosi in un gioco di società dai nomi obbligatori. Perché devo andare a vedere Nicola Pucci da Bilotti? Esiste? Qual è la soglia? Io ho attribuito dignità, attraverso questo sistema molto aperto, a 2000 artisti, tutti degni di essere visti. E ne abbiamo anche scoperti una trentina particolarmente ragguardevoli. Di emozioni nuove rispetto al conosciuto ce ne potranno essere circa un centinaio in Italia. Non mi pare un cattivo risultato.

Giudica salatamente la Curiger per la sua vanità, legata all’iniziativa di spostare il Tintoretto dalla collezione permanente cui appartiene. Forse ha trovato qualcuno di più vanitoso di lei? Parto da dei principi che sono strutturali alla tutela, la quale stabilisce che quadri superiori ai tre metri sono inamovibili. Lei ha chiesto due quadri superiori ai tre metri, ma ammettiamo che sia pure una oppressiva forma di tutela. Il problema è che uno di questi, il Trafugamento del Corpo di San Marco, è un quadro essenziale nel punto di fuga dell’allestimento all’Accademia. In sé non è un gesto sbagliato, mi chiedo che senso abbia portarlo da Venezia a Venezia, spostarlo di un chilometro togliendolo dall’Accademia del quale è un elemento cardine. E’ uno di quei quadri che fanno corpo con la struttura. E’ sintomo di un atteggiamento vanitoso averlo chiesto, magari poteva desiderare altri Tintoretto che sono in posti più remoti e meno visitati. La mia è una metafora, magari lei è una donna per niente vanitosa.

Curiger si è affibbiata il Tintoretto mentre lei ha optato per il Canaletto, ma quella del Tintoretto non era una sua idea inizialmente?

La mia idea iniziale era il Mantegna. Canaletto rientra in un’altra logica che mi è stata impedita, quella dell’apertura dell’Accademia in giugno contemporaneamente alla Biennale, riproducendo lo schema di Giulio Cantalamessa che lo fece nel 1895. Per omaggio all’Accademia ed in coincidenza con la Biennale facevo la mostra di Canaletto dentro e per l’Accademia. Sarebbe stata una mostra cerniera, interna all’attività istituzionale del Polo Museale. Io invece voglio fare il senso della mia collezione a Palazzo Reale intesa come arte contemporanea. Tutte le cose che io ho comprato, dall’età federiciana fino ad oggi, sono emanazioni di me. La mostra romana la faccio al Macro. Tutto ciò che ho acquistato, l’ho reso contemporaneo. Ho ridato lustro a Ignazio Stern, Alessandro Rosi, artisti minori rispetto a Guercino, potentemente rilanciato dal plusvalore dell’intelligenza di Jeffrey Mahon. Sarà divertentefarlo vedere come una proiezione di me su di loro.

Lei ha detto che il Ministero dei Beni Culturali le ha offerto il posto di Sottosegretario ai Beni Culturali, che lei ha rifiutato poiché non è in concomitanza con la conduzione del suo programma televisivo. Se non fosse stato per “Il mio canto libero” avrebbe accettato il ruolo? …Quali migliorie avrebbe apportato dal “canto” suo?

Me l’ha offerto il Premier stesso, non potevo causa programma televisivo. In caso contrario lo avrei accettato, sarebbe stato bello andare al Governo, o forse meglio di no perché si tratta di un Governo in esaurimento e ancora di più perché avrei dovuto fare il vice di Galan. L’unica vera incompatibilità oggi è rappresentata dal fatto che un parlamentare non può fare la tv. C’è da dire che ovunque io vada apporto vitalità, qualunque cosa faccia e qualunque luogo mi sia attribuito…Ovviamente anche al Governo.

Repubblica l’ha nominato “Ministro ombra”. Quali sono i suoi rapporti con Galan?

Inesistenti. Non ci parliamo dal 19 di aprile né ho intenzione di parlargli se non mi chiama lui. Finirà questo governo e lui se ne andrà non avendo lasciato nessuna traccia notevole. Quella di Ministro ombra è una interpretazione di Pappalardo di un ruolo, quello di Consigliere del Ministro per tutti i musei d’Italia, che io ho rifiutato e che era stato pensato per me. Volevo fare il Sovrintendente soprattutto per finire la Biennale e poi perché è meglio avere un dominio assoluto sull’Accademia che non avere un dominio generico su 100 musei.

Quando mi hanno proposto di rinunciare alla carica di Assessore per affiancarmi a lui io ho rifiutato, e lì lui mi ha promesso di nominarmi Assessore. Non lo ha fatto ed è per questo che gliene voglio tanto. La responsabilità è stata data ad una funzionaria , il che dimostra che io non avevo chiesto la luna. Il Ministero ha deciso di farmi rimanere cortigiano.

Aver coinvolto il mondo intellettuale in tutte le sue categorie artistiche risulterà in un vispo clima da autentica “Dolce Vita” alla prossima Biennale. Come vede l’intreccio delle arti nel futuro?

Con compiacimento di Bondi ho tentato di risarcire quello che era fino a trent’anni fa la regola. Zeri, Sciascia e Pasolini avevano un rapporto con gli artisti. Dalla morte di Enzo Siciliano questo rapporto si è rotto. Le opinioni di tutti gli uomini di pensiero sono da ritenere attendibili. Un uomo d’immagine come Fellini si presumeva avesse una relazione con il mondo figurativo, che ora non c’è più. Queste figure dicevano delle cose sorprendenti. Io voglio rimetterle in causa.

a cura della redazione

[exibart]

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