Lawrence Weiner 1982, in una foto di Robert Mapplethorpe
Lawrence Weiner, grande artista newyorchese, padre dell’arte concettuale, è morto oggi, a 80 anni. Ad annunciarlo, le gallerie Marian Goodman e Lisson, tramite le pagine dei Social Network.
Weiner, nato nel 1942, non ha di certo bisogno di molte presentazioni: è stato lui, infatti, insieme ai compagni di viaggio Sol Le Witt e Joseph Kosuth a dare alla luce la più grande arte concettuale d’oltreoceano, e a portarla in giro per il mondo, da Palermo (dove attualmente l’artista è in mostra con una delle sue iscrizioni murali, allo ZAC Centrale in occasione della mostra inaugurale di Fondazione Merz), fino a Ladispoli, dove nell’estate 2020 un aereo aveva volato sul litorale portando le sue parole sulle spiagge, in occasione del progetto collaterale del MACRO di Roma, “Traces”, a cura di Luca Lo Pinto.
Ma le mostre di Lawrence Weiner sono infinite e qui ricorderemo solo alcune tra quelle che lo hanno consacrato nell’olimpo dei più grandi artisti mondiali.
Un inizio con fiocchi quello di Weiner, che a soli 19 anni creò il suo Cratering Piece, un’azione che consisteva nel fare esplodere quattro cariche ai quattro angoli di un campo nella contea di Marin, in California. I suoi crateri erano intese come sculture individuali: per Weiner era il gesto l’atto dell’opera. Fedele alla sua poetica, Weiner pubblicò, già nel 1968 il suo primo libro, “Statements”, un tascabile di 64 pagine con testi che descrivevano i suoi progetti, lasciando già ben intendere l’idea di linguaggio come scultura.
Artista appartenente alla scuderia di Leo Castelli, Weiner ha lavorato a 360 gradi, attraverso video, film, libri, sound art, sculture, performance, installazioni. Come scrivevamo, infinite le mostre che hanno segnato la sua carriera, ricordiamo tra le altre: la retrospettiva completa dei quasi 50 anni di carriera organizzata dal MOCA di Los Angeles e dal Whitney Museum of American Art di New York nel 2007-2008; le personali allo Stedelijk Museum di Amsterdam (1988-89), al Walker Art Center di Minneapolis (1994), al Museo Tamayo di Città del Messico, alla Tate Gallery di Londra (2006). Ma anche – appunto – le tante partecipazioni alla vita culturale italiana e internazionale: al Museo Nivola, Orani, nel 2019, alla Fondazione Merz di Torino, alla Biennale di Venezia nel 2005 e a tre edizioni di Documenta, nel 1972, 1977 e 1982.
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