Pittore dal tratto raffinatissimo e caratterizzante, acuto osservatore delle vicende storiche e sociali, raccontate in opere di vividissima immaginazione e turbolenta figurazione, Armando De Stefano è morto oggi, a 94 anni. Con la sua scomparsa si chiude un’epoca per l’arte di Napoli e non solo: De Stefano fu infatti allievo del grande Emilio Notte, portando avanti la ricca tradizione della pittura napoletana.
Dal 1950 al 1992 ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Istituto che deve molto alla sua arte e nel quale formò generazioni di artisti. «Con Armando De Stefano non scompare soltanto un amico dell’Accademia e mio personale, ma un Maestro indiscusso ed attento, a cui l’Accademia dedicherà, non appena sarà superato questo tempo di forzate lontananze, un omaggio che ne ricordi il grande insegnamento», ha dichiarato, addoloratissimo, il presidente dell’Accademia, Giulio Baffi.
«La sua morte lascia un vuoto che non potrà essere colmato», ha dichiarato Angela Tecce, presidente del Museo Madre di Napoli. «La cultura e la storia di questa città, così come il mondo dell’arte napoletana, sono in debito per quanto il maestro ha saputo dare e insegnare: di questo saranno grate e non dimenticheranno». Tra il 2011 e il 2012 il Madre ospitò “L’urlo del Sud”: 18 lavori nuovi, creati espressamente per quella mostra dall’artista che, in più di sessant’anni di carriera, ha raccontato storie e idee dell’universo occidentale con immagini e colori che Domenico Rea definì «come gridi».
Armando De Stefano nacque nella città partenopea il 27 novembre 1926, crescendo nel quartiere Orefici, una delle aree più popolose del centro storico di Napoli, la cui vivace umanità avrebbe lasciato un segno indelebile nel suo stile. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale si fece conoscere per i suoi ritratti ai militari statunitensi e studiò al liceo artistico. Poi si iscrisse alla Facoltà di Architettura, per entrare infine all’Accademia di Belle Arti. Nel 1947 diede vita al Gruppo Sud, aderendo a una visione della pittura di stampo realistico e sociale, per aggiornare la scena artistica del Meridione d’Italia alle più avanzate sperimentazioni internazionali, pur conservando una traccia dell’importante eredità artistica locale. Allontanatosi dal Realismo, si fece interprete di un particolare tipo di Espressionismo materico e denso.
Negli anni ’50 partecipò a varie edizioni della Quadriennale di Roma e della Biennale di Venezia (nel 1952, 1954, 1956), sviluppando un suo stile ben delineato e facendo comunque tesoro della lezione realista, mantenendo quindi una visione orizzontale sulla società del tempo e sui personaggi che la popolavano. A questo periodo risalgono i ritratti di figure popolari, come calzolai e contadini. Seguendo questa propensione, negli anni ’60 fece segnare un ritorno alla figurazione, elaborata sempre in maniera libera e innovatrice, anche negli ultimi anni, attraverso la proposizione dei grandi cicli ispirati alla storia, dall’Inquisizione a Masaniello.
Alcune sue opere sono ospitate nella chiesa della Santissima Annunziata e nella chiesa di San Giovanni Evangelista (frazione Bonea) in Vico Equense e soprattutto nei maggiori Musei Nazionali: al Museo di Capodimonte a Napoli, al Museo di Chieti, al Museo in Palazzo d’Avalos a Vasto, a Giulianova, a Milano, a Firenze; alcune opere si trovano al Museo Puskin di Mosca, molte a New York nella collezione Ernst Kahn, alla fondazione Marschall Field di Chicago e nella collezione del Museo di Durazzo in Albania.
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Non.sapevo della grave perdita, ho avuto la fortuna di conoscerlo in vacanza a MassaLubrense(Marina della Lobbra)
Non sapevo chi era ma ho trascorso dei bei momenti, la panchina fuori dal convento ci trovava per raccontarci
Un vero peccato,magnifico artista e un.uomo buono