Carlo Maria Mariani si è spento nella Grande Mela (contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa che hanno indicato Roma come luogo della sua dipartita), circondato dall’affetto di sua moglie Carol Lane e del suo studio manager Clayton Calvert. Carlo aveva scelto di trasferirsi nella capitale mondiale del concettualismo d’avanguardia decenni orsono per essere l’artista emblematico di una pittura essenzialmente intellettuale che riafferma i valori sempre validi del classicismo pittorico. È stato il neoclassico contemporaneo che ha sfidato l’avanguardia, per usare le parole di Emanuela Termine.
«Già da un po’ la sua salute si era sfibrata e c’erano stati alcuni ricoveri in ospedale, ma era come se, prima di lasciarsi andare, volesse attendere di avere tra le mani il suo catalogo generale dei dipinti», mi riferisce Mary Angela Roth, sua amica di lunga data e anima del progetto del suo catalogo generale. Così è stato, Carlo ha avuto modo di poter vedere compiuta e stampata la pubblicazione con la sua opera pittorica completa, edita da Allemandi, un poderoso e puntuale lavoro curato da Emanuela Termine di 480 pagine con 686 illustrazioni. Ho chiesto a Sergio Ceccotti, grande sodale d’arte e di vita di Carlo, un suo ricordo. So di aver chiesto molto a Sergio, profondamente scosso come tutti noi da questo lutto. A Sergio devo la conoscenza di Carlo, memorabili conversazioni nei ristoranti al Ghetto di Roma, e alcuni preziosi epistolari tra me e Carlo che tra un po’ vorrei condividere su queste pagine.
Le agenzie ci informano che Carlo Maria Mariani è morto ieri, 20 novembre, a novant’anni “a Roma” (a Roma? Che io sappia era a New York e non aveva intenzione di muoversi). La storia di Carlo è complessa e a suo modo affascinante: dotato di un talento degno di un antico maestro, lo aveva da giovanissimo utilizzato nell’arte sacra a contatto con un ambiente che non esiste più, quello dei decoratori e dei restauratori che gravitavano intorno al Vaticano, gente senza la cultura scientifica di oggi, ma con una grande sapienza manuale. Carlo aveva lo studio a Trastevere e, nei tardi anni ‘50, quando avevo vent’anni e tentavo di diventare un artista, l’ho frequentato, invidiando la sua padronanza del linguaggio della pittura; quando, sposato con una danese, si trasferì a Copenhagen, ricordo che lo andai a trovare per portargli un regalo da parte di amici comuni.
In seguito l’ho rivisto in vari periodi e, poco per volta, ho seguito la sua evoluzione che lo ha portato fino al grande successo internazionale. E ho percepito il senso della sua arte: non voleva accontentarsi dei comodi vantaggi di una pittura di routine come il suo immenso talento gli avrebbe consentito, ma perseguiva un progetto di modernità (o di post-modernità, questa parola però forse ancora non esisteva) che per i suoi colleghi voleva dire liberarsi del sapere accademico, mentre per lui – genialmente – voleva dire recuperare fino in fondo questo sapere in chiave concettuale. Anche il suo breve periodo iperrealista era cosa diversa dal fotorealismo americano e aveva già il carattere di una complessa riflessione mentale.
Stranamente, mentre a Roma ci vedevamo poco, con il suo trasferimento a New York ci siamo sempre più avvicinati: veniva molto spesso nella Città Eterna con la moglie Carol e ci vedevamo continuamente; negli altri periodi rimanevamo comunque in contatto. Carol – con cui mia moglie Teresa Campi e io abbiamo stretto una solida amicizia – rappresentava il suo legame con la realtà pratica ed economica, perché Carlo era totalmente immedesimato nell’arte, non aveva la patente, non usava il computer e sospetto che con la lingua inglese non se la cavasse bene, pur vivendo a New York da anni.
Negli ultimi tempi si è occupato del suo catalogo generale, che è appena uscito; non dipingeva più, ma scriveva continuamente, forse riflessioni sull’arte che sarebbe interessante leggere e magari vedere pubblicate.
Mi dicono che negli ultimi anni le sue quotazioni d’asta non siano state entusiasmanti, ma fortunato chi ha potuto comprare a prezzi vantaggiosi perché c’è da prevedere un grande risveglio di interesse per questo unico, inimitabile artista.
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