Claudio Olivieri, considerato tra gli artisti più influenti della corrente analitica e tra i massimi esponenti della pittura italiana contemporanea, è morto nella notte tra il 16 e il 17 dicembre. A confermare la notizia, Andrea Sirio Ortolani, titolare della Osart Gallery che, nel novembre 2017, ha ospitato l’ultima mostra di Olivieri a Milano, a cura di Giorgio Verzotti. Olivieri aveva 85 anni e ha esposto in grandi rassegne internazionali e in diverse edizioni della Biennale di Venezia.
Nato a Roma nel 1934, Claudio Olivieri si trasferì a Milano nel 1953, dove studiò all’Accademia di Brera, mostrando già un interessamento al linguaggio dell’Informale. Il primo dipinto è datato 1959 mentre la sua prima mostra fu presentata nel 1960, presso il Salone Annunciata di Milano.
Da quel momento, la sua carriera artistica conobbe un rapido sviluppo, partecipando alle Biennali di Venezia nel 1966, 1980, 1986 e 1990, con una sala personale. I suoi quadri sono stati esposti inoltre alla Quadriennale di Roma nel 1973, a Documenta 6 nel 1977 e in numerose gallerie sia in Italia sia all’estero, dalla Galleria Lorenzelli di Milano, nel 1978, alla Galleria d’Arte Niccoli di Parma, nel 1988. Alcune delle sue opere più importanti sono custodite nei principali musei italiani tra i quali il Museo del Novecento e le Gallerie d’Italia, a Milano, la Galleria d’Arte Moderna, a Torino, e il MAMBO, a Bologna. Dal 1993 al 2011 è stato titolare della cattedra di Arti Visive e Pittura alla NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
«Mi domando da dove vengano queste ombre colorate che ogni tanto accendono la mia mente, cosa mi spinge a tentare di dare forma e pienezza a ciò che a volte temo sia un puro fantasma», diceva Olivieri, a proposito della sua ricerca. Lo spazio tra il non visto e l’oltre, questo il terreno sul quale si è sempre mosso il linguaggio pittorico di Claudio Olivieri. Nelle sue opere, lo sfondo e il primo piano si alternano senza soluzione di continuità, dando vita a un luogo terzo, rispetto a quello del fruitore e della rappresentazione. La superficie della tela diventa una velatura animata, elettrica, ritmata da colori chiari e campiture scure, in un movimento fluido e morbido.
«È lontano il giorno in cui, ad Olimpia, Prassitele mi fece capire che la luce non si posa sul mondo, ma lo rivela fondandolo; io da quel giorno vivo di quella sorgente, sempre temendone lo svanire in-seguendone il bagliore, perdendone le tracce, per poi, brancolando rinvenirle e continuare a vivere».
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