John Baldessari, tra i più influenti artisti contemporanei, pioniere dell’arte concettuale, è morto il 2 gennaio 2020, all’età di 88 anni. La notizia è stata diffusa solo da poca ma le cause non sono ancora state rese note e già sono tante le voci di cordoglio nel mondo dell’arte e della cultura, da Jerry Saltz a Pier Paolo Calzolari.
John Baldessari nacque a National City, nella Contea di San Diego, in California, il 17 giugno 1931, da Hedvig Jensen, un’infermiera danese, e Antonio Baldessari, un commerciante italiano. Frequentò la Sweetwater High School e il San Diego State College e nel 1959 iniziò a insegnare arte a San Diego.
Portò avanti la professione di insegnante per quasi tre decenni, parallelamente alla sua carriera artistica, sia nelle scuole superiori a livello universitario. Nel 1970 Baldessari si trasferì nella vivace Santa Monica, dove conobbe molti artisti e scrittori e iniziò a insegnare alla CalArts – California Institute of the Arts. In questo periodo, animò la famosa Post Studio Class, che operava al di là delle tecniche e degli insegnamenti tradizionali, influenzando generazioni di studenti e futuri artisti. Smise di insegnare alla CalArts nel 1986, terminando all’UCLA, fino al 2008.
Negli anni ’60, John Baldessari fu tra i protagonisti delle sperimentazioni più avanzante nell’arte contemporanea, facendo uso di fotografie e testo per reinventare il medium pittorico. Nei suoi primi lavori, relizzò monocromi bianchi sui quali scriveva in stampatello citazioni da testi teorici o dichiarazioni paradossali, che poi ne andavano a costituire il titolo, come Everything is purged from this painting but art, No ideas have entered this work. Al 1969 risale la serie dei Commissioned Paintings, realizzati da pittori dilettati sulla base di fotografie da lui fornite ed egli stesso si è sempre dichiarato un fotografo dilettante. «Vado avanti e indietro tra il voler essere abbondantemente semplice e follemente complesso», diceva.
Già nel 1972 fu invitato in Italia, dallo storico Art / Tapes 22, centro fondato a Firenze da Maria Gloria Bicocchi e dedicato alla video arte. Proprio ad artisti come John Baldessari, infatti, si devono i primi episodi di ibridazione tra il linguaggio delle immagini in movimento e le istanze dell’arte concettuale. Iconica Teaching a Plant the Alphabet, opera video in cui Baldessari si rivolgeva a oggetti inanimati, umanizzandoli attraverso compiti futili, come appunto insegnare l’alfabeto a una pianta.
Le sue opere, provocatorie, ironiche e raffinate, hanno alimentato un vivace dibattito sulla percezione visiva, sul legame tra segno e significato, sulle estetiche contemporanee e sulle modalità di produzione dell’opera. Grazie ai suoi accostamenti di immagini e parole, Baldessari “montava” composizioni in cui l’elemento dell’assurdo spiccava in maniera imprevedibile. La sua vena pionieristica, seguita con coerenza nel corso di tanti progetti, gli è valsa riconoscimenti importantissimi, come il Leone d’oro per la carriera alla Biennale di Venezia del 2009 e un edificio alla CalArts che porta il suo nome. Tra gli altri premi, il National Medal of Arts Award nel 2014 e il premio dell’International Print Center di New York nel 2016.
Il suo lavoro è stato oggetto di numerose retrospettive, circa 300, in tutto il mondo, tra cui “Pure Beauty”, mostra itinerante presentata per la prima volta alla Tate Modern di Londra nel 2009 e poi al MACBA di Barcellona, al LACMA di Los Angeles e al Metropolitan di New York, nel 2011. Le sue opere sono state esposte anche a Documenta V e VII, nel 1972 e nel 1982, alla Whitney Biennial, nel 1983, alla Carnegie International, nel 1986 e alla 47ma Biennale di Venezia, nel 1997. E poi all’Albertina di Vienna, nel 1999, al MART – Museo d’Arte Moderna Contemporanea di Trento e Rovereto, tra il 2000 e il 2001, il Museum Ludwig di Vienna, nel 2004, al Museo Jumex di Città del Messico, nel 2017. E ancora al SFMOMA di San Francisco e all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden.
John Baldessari fece anche un cammeo – doppiando se stesso – nella puntata 13 della stagione 29 dei Simpson.
In Italia l’abbiamo visto nel 2010, in occasione di “Giacometti variations”, a cura di Germano Celant alla Fondazione Prada, quando successe anche un incidente diplomatico. La Fondazione Giacometti di Parigi, infatti, ottenne da un giudice il sequestro di nove sculture, per riproduzione non autorizzata. Si trattava di una parodia delle iconiche figure di Alberto Giacometti, trasformate da Baldessari in top model anoressiche. Sempre per Fondazione Prada, pochi giorni fa, Baldessari ha partecipato al progetto Soggettiva, per il quale personalità del mondo dell’arte e della cultura sono invitate a condividere con il pubblico i film che hanno marcato la loro formazione personale e intellettuale. Baldessari aveva scelto, tra gli altri, Dracula, del 1931, di Tod Browning, e Vertigo, la donna che visse due volte, del 1958, di Alfred Hitchcock.
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