Maestro dell’Espressionismo Astratto e dell’Astrazione Lirica, sperimentatore di tecniche e materiali, dai polimeri alle immagini generate al computer, Sam Gilliam è morto il 25 giugno 2022, nella sua casa di Washington, a 88 anni, a causa di una insufficienza renale. L’annuncio è stato dato dalla David Kordansky Gallery di Los Angeles e dalla Pace Gallery di New York. Considerato tra i grandi innovatori della pittura statunitense del dopoguerra, come artista afroamericano Gilliam ha sempre associato la ricerca sul linguaggio estetico e formale alla lotta per i diritti civili, contribuendo a definire il ruolo sociale dell’arte in una società in forte cambiamento come quella americana degli anni ’60 e ’70.
Sam Gilliam nacque il 30 novembre 1933, a Tupelo, in Mississippi, settimo di otto figli nati da Sam ed Estery Gilliam. I Gilliam si trasferirono a Louisville, Kentucky, poco dopo la sua nascita. Suo padre lavorava in ferrovia, mentre la madre si prendeva cura della numerosa famiglia. Già in giovane età, Gilliam sognava di fare il fumettista e trascorreva la maggior parte del tempo a disegnare. Nel 1951, si diplomò alla Central High School di Louisville e dopo il liceo frequentò l’Università di Louisville, conseguendo la laurea in Belle Arti nel 1955 come membro della seconda classe ammessa di studenti universitari neri. Nello stesso anno tenne la sua prima mostra personale, all’Università. Dal 1956 al 1958 prestò servizio nell’esercito degli Stati Uniti e nel 1961 ritornò all’Università di Louisville, conseguendo la laurea magistrale in pittura.
Dopo un periodo come insegnante, Gilliam si trasferì a Washington, DC, dove sposò Dorothy Butler, la prima giornalista afroamericana del Washington Post. Dopo la separazione, avvenuta negli anni ’80, Gilliam iniziò a convivere con Annie Gawlak, proprietaria dell’ex galleria G Fine Art di Washington, che sarebbe stata la sua compagna per 35 anni.
Tra la fine degli anni ’60 e i primi ’70, iniziò a maturare il proprio stile, applicando il tema dell’astrazione per rendere dipinti introspettivi e di grandi dimensioni, arrivando a rimuovere il cavalletto. Fu i questo periodo che Gilliam decise di drappeggiare le sue tele, sospendendole alle pareti e ai soffitti come vele o distendendole sul pavimento, per rappresentare la terza dimensione scultorea della pittura e realizzando, in questo modo, le sue opere più conosciute. L’artista trasse l’ispirazione osservando i panni stesi fuori dal suo studio di Washington.
Nel 1972, Gilliam rappresentò gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia, primo artista afroamericano. Nel 2017 espose ancora una volta alla Biennale di Venezia, nel padiglione centrale ai Giardini per la mostra internazionale “Viva Arte Viva”, curata da Christine Macel. Nel 2022, un mese prima della morte, ha debuttato con una serie di dipinti rotondi in una mostra personale all’Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, DC. Nel 2016, gli fu commissionato un lavoro per l’inaugurazione del National Museum of African American History and Culture.
Un’installazione semipermanente dei dipinti di Gilliam è stata presentata a Dia: Beacon nell’agosto 2019. Il suo lavoro è incluso in oltre 50 collezioni pubbliche, comprese quelle del Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, della Tate Modern di Londra, del MoMA – Museum of Modern Art e del Metropolitan di New York, dell’Art Institute di Chicago.
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