Si è spento oggi a Milano, a 91 anni, Turi Simeti, a causa delle complicazioni dovute al Covid-19. Nato il 5 agosto 1929 ad Alcamo, in Sicilia, dopo gli studi in legge a Palermo si era trasferito a Roma alla fine degli anni Cinquanta. Nella Capitale conobbe Alberto Burri e si mosse in sintonia con il vivace ambiente romano, mosso da una dilagante volontà di azzeramento della tradizione e dei codici precostituiti dell’espressione artistica. Da qui prenderà il via l’uso della monocromia e del rilievo come unica procedura compositiva.
Dal 1965 si trasferì a Milano, dove fu tra i protagonisti di “Zero Avantgarde”, mostra allestita nello studio meneghino di Lucio Fontana, per proseguire poi con il medesimo impianto alla Galleria Il Punto a Torino e alla Galleria Il Cavallino a Venezia.
Tra il 1966 e il 1969 è invitato come Artist in Residence dalla Fairleigh Dickinson University e si trattenne per lunghi periodi a New York, allestendo un proprio studio e realizzando numerose opere all’interno della poetica che è andata definendo in maniera sempre più personale. Nel 1971 Simeti diede vita a una performance nella Galleria La Bertesca a Genova, Distruzione di un aliante, di cui conserva i resti in bidoni blu firmati e numerati, riproposti nel 2015 in occasione di una sua personale alla Galerie Almine Rech a Bruxelles. Ma il lavoro sulla superficie prosegue invariato, si fa anzi sempre più rarefatto. Dagli anni ’80 Simeti passa anche lungo tempo in Brasile, a Rio, dove esporrà in diverse occasioni.
Dopo alcuni interventi in Sicilia, tra cui a Gibellina nel 1980, e di nuovo a Milano, nel 1982, con una personale nello Studio Grossetti, espose soprattutto all’estero, tra Germania e Brasile, tornando a esporre in Italia nel 1989 con una personale allestita nuovamente presso la Galleria Vismara di Milano.
Nel 1991 presentò un’ampia selezione di lavori al Museo Civico di Gibellina, mentre nel 1998 partecipò alla mostra documentaria “Arte in Italia negli anni 70”, presso La Salerniana di Erice. Di particolare rilievo l’esposizione a Roma negli spazi della Galleria Pino Casagrande, con una presentazione di Bruno Corà, nel 2009 e la grande antologica realizzata nel 2010 ad Alcamo.
Nel 2012 il suo lavoro è ampiamente presentato dalla Mayor Gallery a Londra e nel 2013 presso la Galleria Dep Art a Milano viene organizzata una sua mostra con una selezione di importanti opere degli anni Sessanta. Sempre la Dep Art Gallery, lo scorso settembre, aveva ripercorso i 60 anni di una carriera densa e rappresentativa, conosciutissima anche all’estero, con una antologica di circa 20 opere.
«Già a partire dagli anni Sessanta – aveva ricordato la galleria in quell’occasione – Simeti concepisce l’opera come un oggetto autonomo che non illustra, non racconta e non raffigura. E che si trova a metà strada tra il quadro e la scultura: possiede infatti gli elementi costitutivi del primo (tela, colore) ed è concepita per essere appesa a parete, ma ha un corpo e un volume che la portano oltre la bidimensionalità. C’è già in questo modo di concepire la pittura il seme che farà sbocciare alcuni anni più tardi la Pittura Analitica.
L’altro momento fondante per l’arte di Simeti va ricercato alla fine degli anni Sessanta quando, nel 1967, la forma geometrica si trasforma definitivamente in volume aggettante. Successivamente, gli artisti formatisi tra gli anni Cinquanta e Sessanta si divideranno in coloro che rimarranno coerenti alle proprie origini e coloro che si muoveranno su terreni diversi. Simeti appartiene ai primi, portando all’estremo il rigore e il controllo del gesto artistico».
Lo ricordiamo con una delle sue ultime interviste, realizzata da Dep Art.
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