Nico Vascellari arriva a Camogli, alla
Fondazione Pier Luigi e Natalina Remotti, con
Lago Morto, un’opera che proviene dal tour di 16 concerti realizzati in 15 giorni consecutivi nel 2009 a Vittorio Veneto, in luoghi anomali rispetto alla tradizione, quali pizzerie, osterie, negozi dell’usato, lavanderie, bar. Una edizione parziale era stata presentata alla
Kunsthaus di Graz nel 2009, mentre a Camogli per la prima volta l’installazione è al completo. C’è una novità importante: inizia il proposito di
Lago Morto di riunire sotto il suo nome gruppi musicali legati a territori specifici: la band di musicisti Camoglini, selezionati con un casting dallo stesso Vascellari, ne è il primo esempio. In questo modo lancia l’estensione del progetto nato e ancorato a Vittorio Veneto, che da ora in poi può diventare una scintilla per far germinare in altri territori aggregazioni musicali al di fuori delle etichette. La sera dell’inaugurazione vi sono stati due concerti di
Lago Morto. Uno scatto molto forte per mettere in discussione il sistema di costruzione delle personalità nel mondo della musica dove, come dice Nico,
” è tutto preordinato e calcolato”. Il disagio per questa “routine”, lo aveva spinto ad allargare il suo orizzonte al mondo dell’arte visiva, attivando una contaminazione con le figure dell’arte e della performance.
“Quando ho assistito per la prima volta a una sua performance (Cuckoo, ViaFarini, 2006) ho avuto la netta percezione di un nuovo linguaggio. Concerto rock, performance, e disegno visivo si integravano in una dimensione collettiva”. Questa è una delle chiavi che contraddistinguono il lavoro di Vascellari e l’idea di creare un brand
Lago Morto è una scelta culturale e formale rivoluzionaria. Modifica infatti il concetto di autorialità non solo nella musica, ma anche nei rapporti sociali e individuali. Da ogni opera d’arte ognuno è libero di prendere qualcosa per sé e di utilizzarlo per la propria conoscenza emotiva e razionale, ma nel momento in cui un artista dà forma esplicita a questo rapporto, fa un passo avanti e costringe tutti a ragionare su questa possibilità di interazione che – non essendo delegata alle suggestioni dell’opera – diventa parte integrante dell’opera stessa. Ci sono state varie esperienze nell’arte contemporanea di scambi relazionali, ma qui c’è un gesto che concretamente coinvolge l’altro e quindi la forma dell’opera acquista un colore in più. Un’altra sfida per arricchire il territorio della musica e dell’arte
“in un momento in cui essendo difficile comunicare – dice Nico – sono importanti le spinte al dialogo, più che le immagini univoche. Lago Morto non è solo un gruppo ma un progetto artistico che si fonda sull’ aggregazione alla quale, di volta in volta, ha contribuito il pubblico presente”. Questa scultura sociale, plasmata dalla partecipazione e dai materiali che ne sono scaturiti, è il fulcro della mostra. Al pian terreno, centinaia di foto incorniciate in 31 stecche di legno di abete, di varie altezze, sono appoggiate contro la parete di fondo della Fondazione Remotti, acquistano così una tridimensionalità che rende esplicito il rapporto collettivo delle persone raffigurate nelle foto
amatoriali. Diventano esse stesse un muro, un sipario, un orizzonte e creano un dialogo con una parete, sempre di abete naturale, che parzialmente chiude l’ingresso sul lato opposto e sulla quale è proiettato il video
Lago Morto (2009) che raccoglie in loop i 16 concerti di Vittorio Veneto. Mentre nel vano retrostante, proprio subito dopo la porta di ingresso, ci sono due monitor: nel primo
Cartoline da Lago Morto – Lago Morto Promo (2009), nel secondo la registrazione del concerto
Lago Morto (Kunsthaus Graz, 2009). Le luci sono spente, la musica invade, illumina e disegna lo spazio, quattro amplificatori sempre in legno di abete, sono disposti, infatti, nella sala sul retro e da lì diffondono il suono in tutto l’edificio . Alle pareti della sala centrale la locandina di
Lago Morto, le scalette dei concerti, i commenti ricevuti via internet, e perfino il flyer contro il progetto diffuso anonimamente,
Lago Morto (Peto Libero), 2009-2011. Tra i contrari ci fu anche il sindaco di Vittorio Veneto, la sua faccia, quadruplicata e sberleffata con segni neri e fori sugli occhi, è incorniciata e appoggiata a terra. In tre grandi vetrine disposte in modo disorganico, sono raccolti flyer, magliette serigrafate, poster, foto, scalette delle canzoni, le carte da gioco asso e tre di spade, da cui deriva la grafica del logo
Lago Morto, e tutti i materiali che sono nati attorno. Una è dedicata a
Camogli e contiene le locandine diffuse nelle notti precedenti al concerto nei bar, alla stazione, flyer del casting, schede e foto dei musicisti di Camogli partecipanti a Lago Morto, le magliette, le inserzioni pubblicitarie….
Il legno di abete è il segno unificante che ci riporta alla manualità della mostra e al territorio: Vittorio Veneto è una cittadina ai piedi delle montagne. Al secondo piano c’è stato il doppio concerto dei Lago Morto, che ha visto il coinvolgimento di tutti i partecipanti in un rito di riunione, una specie di contemporanea corte di Re Artù, che trovava la sua sede appunto in ogni luogo dove Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda si riunivano. Qui sono proiettate le registrazioni dei due concerti.
Questa sede che fu una chiesa diventa così un’architettura sonora che si fa sentire dal mare ai monti di Camogli e forse qualcuno, almeno simbolicamente, ne riconosce il ritmo anche da Vittorio Veneto.
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ER JHON BOCK DE NOARTRI...a lavurà punk
a lavorare, logo morto, poi lago de pradela, lago de negrisiola, ma dai fatemi un piacere, arte relazione ma dove ma quando
Dai un colpetto all'Abramovic e tutto è sistemato....Jhon Bock??? ma per favore
john bocchino, il figlio illegittimo di italo bocchino detto nico bocchinella .
"Il legno di abete è il segno unificante che ci riporta alla manualità della mostra e al territorio: Vittorio Veneto è una cittadina ai piedi delle montagne..."
qualcuno vuole enucleare la logica di questo assunto?