Prima di cominciare, vorrei che Franco Noero spiegasse le ragioni che lo hanno spinto a occuparsi d’arte…
Studiavo a Milano e a 18 anni ho deciso che avrei fatto il gallerista. Creare economia con la poesia è una sfida fantastica. Il mio percorso è stato anche accidentato ma comunque bellissimo.
Chi c’è, o chi c’è stato dietro la vita della Galleria Noero?
Con la galleria ci sono innanzitutto gli artisti. Poi c’è stata e c’è Torino con il suo pubblico attento, i suoi collezionisti straordinari, i suoi musei. Ora il nostro panorama è sicuramente più vasto, ma sono le alchimie di questa città che credo abbiano reso possibile questo progetto. La Fetta di Polenta è qui.
Ci descriva i nuovi spazi: come sono stati trovati e come cambieranno? L’arte si adatta all’architettura o viceversa?
L’arte è libera, non si adatta. La si può costringere, non adattare. Con attenzione e rispetto. L’edificio è stato scelto e accettato per le sue caratteristiche. Gli artisti ne sono entusiasti. Non consideriamo le difficoltà oggettive che pone e porrà l’edificio come problemi, ma come fonte inesauribile di possibilità.
Quali cambiamenti e quali nuovi criteri di vedute ha apportato l’idea di una sede così particolare?
L’obiettivo che ci siamo posti rispetto a questo progetto è di fare della Fetta di Polenta una sede catalizzatrice di idee, un’officina appunto. Un laboratorio, al tempo stesso contenitore e generatore di pensieri.
Quali saranno le attività principali di un luogo come la sede di via Giulia di Barolo, l’esposizione o la vendita? Qual è la posizione di chi fa il gallerista “al servizio” di uno spazio come quello?
Continueremo a svolgere attività di galleria, sicuramente nel completo rispetto dello spazio che ci accoglie.
Quali sono i parametri che sono sempre stati usati nella scelta degli artisti? Cosa cercare oggi nell’arte e che cosa trovare? Come cambieranno i parametri riguardo a entrambi questi punti di vista con l’avvento dei nuovi spazi?
I parametri non cambieranno. Gli artisti della galleria verranno invitati a relazionarsi con l’edificio antonelliano e quindi con un nuovo approccio espositivo. Parallelamente alle mostre, sarà inoltre chiesto loro di pensare a un’opera, sia essa decorazione, struttura o supplente di funzioni domestiche che diventerà patrimonio della casa e segno tangibile del loro passaggio, delle loro idee e poesie.
I primi anni della “vecchia” galleria hanno visto l’avvicendarsi di una raffinata selezione di artisti europei ed extraeuropei. Prevede di proseguire in questa direzione?
La galleria continuerà il suo programma e la sua ricerca, spero più intensamente di prima. Probabilmente con nuovi e differenti stimoli.
Parlo nuovamente di laboratorio di idee, in una città che è essa stessa laboratorio. Città di forti, talvolta difficili e straordinari contrasti. L’arte contemporanea a Torino fa in un certo senso parte del tessuto urbano: lavorando qui si percepisce una sensazione di solidità rispetto all’arte e alla cultura. Penso all’attività dei musei e delle fondazioni private che hanno posizionato Torino sulla mappa internazionale, alla sensibilità delle fondazioni bancarie nella costituzione delle collezioni pubbliche cittadine, a Luci d’Artista, una delle iniziative più straordinarie, non dimenticando la fiera. Torino ha realmente, credo, grandi possibilità di crescere e diventare un vero centro e punto di riferimento internazionale. Si può fare di più, certo, e soprattutto credo ci sia spazio per ulteriori iniziative.
Perché ha scelto Starling per inaugurare gli spazi?
Il progetto di Simon Starling era iniziato da tempo ed è stata una scelta naturale, quasi osmotica per le coincidenze che, parallelamente alla ristrutturazione dell’edificio, abbiamo man mano incontrato insieme.
Come immagina il futuro, i prossimi dieci anni, della Galleria Noero? Chi sarà, da questo punto in avanti, il nuovo visitatore? Chi dovrebbe diventare il frequentatore tipo?
Sogno sempre il futuro, ma mi è difficile raccontarlo. Come mi è difficile pensare a chi frequenterà la galleria o visualizzare un frequentatore tipo. Spero di creare, insieme ai miei collaboratori, un pubblico attento, vivace e vitale. Certamente rispettoso del luogo che visiterà e delle opere che esporremo.
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a cura di ginevra bria
[exibart]
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