«Ci vediamo Aneta…». Ricordando il suo lavoro con artisti e istituzioni, il suo ruolo (sottovalutato) di intellettuale e l’intenzione di conferirle un premio alla carriera, la sezione polacca dell’AICA, l’Associazione Internazionale dei Critici d’Arte, è stata la prima a dare notizia della scomparsa di Aneta Szyłak, nata a Puck, in Polonia, nel 1959.
Dopo aver fondato, nel 1998, il Centre for Contemporary Art Łaźnia, e averlo diretto fino al 2001, dal 2004 Szyłak è stata direttrice del Wyspa Institute of Art di Danzica, fino al 2014, e dal 2010 al 2012 ha assunto la direzione del festival d’arte Alternativa. Proprio a Danzica, il coinvolgimento a lungo termine nella scena artistica innovativa, alternativa e politica, ha posto le fondamenta per l’interesse della curatrice per le forme di lavoro collettivo e per la pratica localizzata. Nel 2005 ha ricevuto il premio Jerzy Stajuda per la pratica curatoriale indipendente e senza compromessi, che ha trovato sempre espressione in quelle mostre caratterizzate da una forte risposta alle particolarità culturali, politiche, sociali, architettoniche e istituzionali – Damage and Loss (2016) Vernacularity (2015), What’s plain invites pattern (2015) Everydayness (2014), Hito Steyerl: Abstract (2014), Oliver Ressler: Political Imaginaries – Making the World Anew (2014), The Field is to the Sky, Only Backwards (2013), Materiality (2012), Buildings and Remnants (2012), Labour and Leisure (2011), sono alcuni esempi.
Szyłak ha scritto molto sulla teoria dell’arte contemporanea e sugli artisti contemporanei. Possiamo ricordare Sherko Abbas: The Music of the Bush Era in Archaic, il catalogo della mostra per il Padiglione Iraq alla 57° Biennale di Venezia (Milano: Mousse, 2017), Tactics of Arrival/Means of Knowing in Don’t Shrink me to the Size of a Bullet: the works of Hiwa K (2017) a cura di Anthony Downey (Koenig Books & Ibraaz Publishing), Curating Context in The Curatorial: A Philosophy of Curating a cura di Jean-Paul Martinon (Londra: Bloomsbury, 2013). Ha tenuto lezioni e lavorato come tutor ospite presso il Bard College, la New School, il Queen’s College e la New York University di New York, l’Istituto d’arte olandese di Arnhem, l’Accademia d’arte di Helsinki e, come dottoranda, presso l’Università di Copenhagen. È stata visiting fellow al Museum of Contemporary Art (MKA) di Anversa e visiting professor all’Accademia delle Arti di Magonza.
Szyłak ha lavorato a stretto contatto con artisti di fama internazionale, Hito Steyerl, Oliver Ressler ed Ewa Partum, ma è con l’artista iracheno Hiwa K che, dal 2005, ha instaurato una collaborazione destinata a diventare ultradecennale. Tra il 2008 e il 2012 hanno condiviso il progetto itinerante Estrangement, che poneva la questione della circolazione delle forme culturali. L’idea di considerare la nozione in questo modo nasceva all’incrocio tra la poetica di Shklovsky – un rappresentante del formalismo russo – e il termine arabo taqseem, che significa sia improvvisazione musicale che divisione geometrica. Le forme trovate e la quotidianità erano punti di ingresso nel modo in cui il progetto prende forma e si disintegra. Compagni di viaggio e alleati intellettuali, Szyłak e K hanno condiviso ricerche sul campo, workshop, pubblicazioni e mostre uniti nell’approfondimento di tematiche condivise come vernacolarità, performatività, straniamento, quotidianità e accidentalità.
Nel 2017, in un ex cantiere navale di Danzica è stato inaugurato il NOMUS New Art Museum di Gdansk. Aneta Szyłak, plenipotenziaria della sua creazione, in un manifewsto ufficiale aveva presentato il museo così: « il museo sarà una struttura che riunisce artisti, ricercatori, lavoratori e residenti locali e opererà secondo il principio di una sorta di laboratorio; presenterà non solo le arti visive, ma anche il teatro, la musica, la fotografia o i film; infine, sarà un museo critico».
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