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Soutif: Come ho trasformato il Pecci
Personaggi
A un anno dalla nomina alla direzione del museo pratese, l’ex curatore del Centre Pompidou Daniel Soutif spiega ad Exibart il suo metodo di lavoro che ha portato alla trasformazione del Centro Pecci. Dalle modifiche architettoniche all’uso dei software per l’allestimento. Dalla progettazione continua delle mostre ai problemi con i prestatori…
Direttore, quali sono stati gli interventi principali sulla struttura del museo? Dove ha messo maggiormente le mani?
Sono intervenuto innanzi tutto sullo spazio interno del museo: oggi abbiamo sedici pareti espositive in più, il Pecci ne aveva solo venti e tutte le sale comunicavano tra loro attraverso ampi passaggi centrali, quindi grandi spazi monumentali e poche pareti.
Quale è la maggiore differenza tra prima e dopo?
La principale differenza è che prima c’era una visibilità trasversale che rendeva impossibile proteggere un’opera dall’altra. Ora grazie alle trentasei pareti di cui disponiamo possiamo creare percorsi fatti di sorprese con opere che non interferiscono più tra loro.
Ma il Pecci oggi è un centro d’arte che si basa molto di più sulla tecnologia…
Ho voluto sviluppare l’uso di nuovi sistemi tecnologici: la preparazione di una mostra oggi al Pecci viene fatta tutta al computer. La sequenza delle opere, parete per parete, una volta stabilita non viene più modificata e l’allestimento vero e proprio rispetta fedelmente il progetto iniziale.
I temi di lavoro e di preparazione degli eventi si sono modificati?
Lavoro alle due mostre che si inaugurano oggi (l’incontro con Daniel Soutif è avvenuto in occasione dell’inaugurazione delle mostre di Domenico Gnoli e Francesco Lo Savio lo scorso 22 febbraio) dal febbraio del 2003.
Bhe, niente male. E’ solo un anno…
Esatto, solo da un anno che per l’Italia è un tempo normale, ma se lo sapesse un mio collega parigino stenterebbe a crederlo!
Dunque pompidouizzazione ancora in corso?
Ora sto già preparando la mostra che presenteremo nell’estate del 2005 sul tema delle macchine sonore e mi sforzo di ricreare qui a Prato quel metodo di lavoro a cui ero abituato quando curavo i progetti speciali del Centre Pompidou a Parigi.
E questo metodo consiste in…
…consiste in un sistema che prevede di avere tutte le iniziative già programmate e cadenzate cronologicamente in modo che ad un’inaugurazione segua immediatamente l’organizzazione della mostra successiva che peraltro deve essere a quel punto già in fase avanzata e così via senza soluzione di continuità. Questo è un modo di lavorare diverso da quello usato in precedenza e permette di realizzare un numero maggiore di iniziative di qualità.
Quali vantaggi consente questo metodo?
Basti pensare ai prestiti. Se chiedi un’opera ad un museo internazionale ci vuole tempo per ottenerla; al Pompidou, per esempio, il comitato per i prestiti si riunisce solo tre volte all’anno, se non si arriva in tempo con la richiesta si perdono automaticamente quattro mesi.
Direttore, non ci vorrà far credre che il Pompidou le rifiuterebbe un’opera per superamento delle scadenze?
Io nonostante sia amico del direttore e possa chiamarlo quando voglio, ho ricevuto proprio da lui recentemente questa risposta: “caro Daniel mi dispiace, il comitato si è riunito il 22 marzo, tu l’hai fatto passare e ora devi aspettare il prossimo: peggio per te!”. Questa è la regola dei grandi musei e devi rispettarla se vuoi avere opere di livello internazionale.
Direttor Soutif lei, per concludere, dichiara ed afferma che…
…che questo museo ha fatto in pochi mesi un salto di qualità non solo per l’importanza delle opere esposte, ma soprattutto per il livello organizzativo raggiunto. Certe mostre non si possono realizzare se non programmandole con largo anticipo ed è questo il tipo di mostre che so fare e che mi impegno a realizzare in futuro qui a Prato, al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci.
pierluigi sacconi
[exibart]