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Sulla via della seta, dalla Sicilia all’Emilia: Emma Talbot vince il Max Mara Prize
Personaggi
di Mario Francesco Simeone e Silvia Conta
Emma Talbot è la vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women. Il premio, assegnato a cadenza biennale da Whitechapel Gallery e Max Mara Fashion Group, è stato istituito nel 2005 e oggi, arrivato all’ottava edizione, rappresenta uno dei riconoscimenti più prestigiosi e significativi nell’ambito dell’arte contemporanea. A decretare la vincitrice del Max Mara Art Prize 2020, una giuria presieduta da Iwona Blazwick, OBE, direttrice della Whitechapel Gallery, e composta dalla gallerista Florence Ingleby, dall’artista Chantal Joffe, dalla collezionista Fatima Maleki e dalla critica d’arte Hettie Judah, che hanno scelto Emma Talbot tra una rosa di finaliste di cui facevano parte Allison Katz, Katie Schwab, Hanna Tuulikki e Tai Shani, quest’ultima anche vincitrice “collettiva” del Turner Prize 2019.
«Emma Talbot crea disegni radiosi e sculture policrome in scala epica e combina parole e immagini per esprimere il lirismo e il dolore della soggettività. Siamo tutti emozionati di conoscere l’impatto che l’esperienza italiana avrà sull’estetica visionaria della vincitrice di questa edizione del Max Mara Art Prize!», ha affermato Blazwick.
«Sono davvero orgoglioso della lunga collaborazione con Whitechapel Gallery e dell’amicizia che mi lega alla sua direttrice, Iwona Blazwick. Emma Talbot ha ideato un progetto molto originale che speriamo trarrà vantaggio dalle incredibili potenzialità che l’Italia offre, dall’immersione approfondita nella storia dell’arte, dalle tecniche tessili e dalla diversità dei territori: tutti elementi cruciali per la sua futura impresa. Non vediamo l’ora di accoglierla in Italia e alla Collezione Maramotti», ha dichiarato Luigi Maramotti.
Emma Talbot, nata nel 1969, a Stourbridge, nel Worcestershire, ha studiato presso il Birmingham Institute of Art & Design e il Royal College of Art. La sua ricerca eterogenea, tra pittura, scultura e installazione ambientale, esplora l’ambito delle relazioni tra individui e gruppi, attraverso un linguaggio densamente onirico. Recentemente ha esposto a L’Aja, Londra, Amsterdam e New York e le sue opere fanno parte di numerose collezioni tra cui Guerlain, Arts Council Collection, City of Birmingham Museum & Art Gallery, David Roberts Collection, Saatchi Collection, University of the Arts London.
Il progetto di Emma Talbot per il Max Mara Art Prize
Avete presente il Grand Tour? Il romantico e romanzesco viaggio in Italia, alla scoperta del bello e del sublime, oltre che delle antiche e misteriche radici dell’Europa, andava di moda tra gli artisti, gli intellettuali e i nobili d’animo e di lignaggio, in particolare, tra ‘700 e ‘800. E non è affatto casuale che proprio quel periodo fu cruciale nella formazione degli Stati moderni. Bene, Emma Talbot ha ripreso quell’immaginario carico di significato storico, per sovvertirlo in una dinamica tanto intima e privata quanto collettiva, condivisa, sociale. Aggiornando il tema dalla contemplazione estetica alla riflessione, molto attuale, sulla natura del potere e del genere – due termini criticamente affini –, attraversando la Penisola alla ricerca di mitologie, tradizioni, conoscenze e immaginazioni. Partendo da Gustav Klimt e dall’Unità d’Italia.
In quanto vincitrice del Max Mara Art Prize, Emma Talbot trascorrerà infatti una residenza di sei mesi in Italia – originariamente prevista per aprile 2020 ma poi rimandata a causa dell’emergenza Coronavirus – organizzata a misura del suo progetto, durante la quale avrà l’opportunità di realizzare un nuovo corpus di opere che saranno esposte nel 2021 alla Whitechapel Gallery e alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia.
L’intervista a Emma Talbot
Il Max Mara Prize è uno dei premi più importanti nel panorama dell’arte contemporanea ed è dedicato alle artiste. Cosa porterà alla tua carriera? Può essere una sorta di nuovo punto di inizio per la tua ricerca?
«È un premio fantastico, dedicato alle artiste in una fase cruciale del loro percorso. Per me è una svolta. Come vedova e madre single ho organizzato il mio tempo di studio e di lavoro per sostenere la mia famiglia ed ero arrivata proprio al momento in cui sentivo il bisogno di concentrarmi totalmente sulla mia ricerca. Il Max Mara Prize mi aiuterà in questo senso.
Il progetto si basa sui temi della mia pratica ma mi consente anche di espandere le mie idee. La possibilità di avere tempo per concentrarsi sulla ricerca e sullo sviluppo e di lavorare ambiziosamente in vista delle importanti mostre alla Whitechapel Gallery e alla Collezione Maramotti, così come l’avventura in Italia, è un’opportunità che cambia la vita, letteralmente».
Per realizzare il progetto vincitore del Max Mara Prize 2020, dovrai esplorare la mitologia classica, la tradizione tessile e la pratica agricola della permacultura, attraversando diverse città italiane, come Roma, Catania, Firenze e Milano. Quali sono le tue aspettative per questo viaggio? Puoi raccontarci altri particolari del progetto?
«Il mio progetto parte dall’osservazione delle Tre Età della Donna, l’opera di Gustav Klimt conservata nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Il dipinto ritrae una bambina, una giovane donna e una più anziana che rimane, totalmente nuda e con la testa tra le mani, in uno stato di prostrazione. L’opera pè stata acquistata dal museo per celebrare i 50 anni dell’Unità d’Italia. E così, non offre solo una rappresentazione problematica dell’età della donna (che mi piacerebbe contrastare), ama anche l’atteggiamento verso il passato e il futuro, attraverso le lenti di una Nazione. Credo che questo possa rappresentare le dinamiche politiche contemporanee in modi molto interessanti.
Una delle domande che apre il mio lavoro è: cosa potrebbe succedere se il potere venisse usato per scopri diversi? Nel mio progetto, la donna anziana diventerà la protagonista di due narrazioni alternative, una nel passato e l’altra nel futuro, nelle quali sarà la persona con più possibilità di azione. Andando nel passato, questa donna risalirà ai miti fondativi del potere e sosterrà le 12 fatiche di Ercole. A ispirare la parte visiva, sarà l’immaginario legato a Ercole che osserverò sui vasi etruschi a Roma. Per realizzare il paesaggio che potrebbe apparire nel lavoro finale, condurrò alcune ricerche sulla permacultura ed esplorerò il terreno vulcanico in Sicilia.
Visto che dipingo sulla seta, farò anche diverse ricerche d’archivio sulla lavorazione di questo tessuto da parte di designer come Germana Marucelli, che commissionava agli artisti di dipingere sugli abiti che disegnava. E così acquisirà anche una nuova conoscenza, imparando a cucire a macchina con l’aiuto di manifatture esperte di Reggio Emilia, per sviluppare la mia opera tridimensionale».
Attualmente lavori come tutor al the Royal College of London. Quale consiglio potresti dare a un giovane artista?
«Credi in te stesso, segui i tuoi istinti e le tue idee. Fai ciò che desideri, non giudicarti troppo velocemente, non smettere di riflettere, credici».