Le accuse stavolta sono: destabilizzazione del governo cubano; creazione di sovversione nel Paese; lavoro segreto per il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti seguendo gli ordini di un libretto (“ma quale libretto? Ho letto diversi libri nella mia vita, non ho idea di che libretto secondo loro starei seguendo” dice Tania Bruguera in un video sull’episodio che si può trovare su Facebook). Non in ultimo l’artista è accusata di tenere un profilo troppo “alto” per un cittadino cubano.
E così Tania Bruguera è di nuovo sotto i riflettori, ma non troppo. Perché l’America, e amici, che la osannano (osannavano?) stavolta tacciono in gran segreto.
L’artista, che dovrebbe essere al PAC di Milano la prossima primavera, è stata per qualche ora sottoposta a custodia cautelare da parte delle autorità cubane e in seguito rilasciata, come ha riportato la sorella Deborah attraverso i suoi canali social. “Hanno appena rilasciato Tania Bruguera. Non volevano farla arrivare all’Istituto Internazionale di Artivismo Hannah Arendt, dove sono riuniti i 30 ragazzi della riunione dello scorso 27 novembre, e così l’hanno lasciata sarcasticamente davanti al Museo di Belle Arti”.
La miccia scatenante, stavolta, è stata innescata dall’incontro del 27 novembre scorso a La Habana, dove una delegazione di artisti cubani si è incontrata con un gruppo di funzionari statali per dialogare sul tema della repressione del settore culturale.
“Un processo finalmente democratico e orizzontale, che mai prima d’ora si era visto a Cuba”, riporta sempre Bruguera nei filmati, che ha anche dichiarato che i vari gruppi presenti all’appuntamento hanno eletto una persona in rappresentanza delle varie discipline.
Tra le domande rivolte ai funzionari vi è stata anche la richiesta di spiegare quale relazione intercorra tra Ministero dell’Interno e Ministero della Cultura cubani.
Ancora Bruguera parla delle “condizioni” di questo incontro, assolutamente pacifico e democratico nonostante le diverse idee e dichiara che “c’è stata anche una trascrizione della riunione per mantenere la trasparenza”, ma a quanto pare anche stavolta i risultati fattivi di un “accordo” sono lontani.
“Il ministero della cultura non è equipaggiato per lavorare com artisti cubani; dove c’era una volta una persecuzione oggi c’è una censura, e il Ministero della cultura cubano è completamente in mano al Ministero dell’interno – spiega l’artista nei video – Il Ministero della cultura non sta proteggendo la cultura, non sta facendo un lavoro di educazione, ma ovviamente i media devono prendere le parti dello stato”.
E ancora: “È necessario un dialogo per allentare questa situazione di interdipendenza. Abbiamo passato giorni interi svegli per preparare la condizione per far sì che questo dialogo, e altri futuri, avvenisse. Anche perché non si è parlato solo dei diritti degli artisti ma anche dei diritti di tutti i cittadini cubani. Gli artisti si sono svegliati e c’è bisogno di un dialogo franco e rispettoso”.
Peccato che, dopo la riunione, ad aspettare i creativi all’uscita, ci fossero le forze dell’ordine.
Ma Bruguera anche stavolta non ha omesso di raccontare come sono andate le cose, affermando che c’è chi è stato impossibilitato a prendere parte all’incontro perché bloccato dalle forze di polizia all’esterno, mentre anche l’artista stessa è stata accolta da un colonnello e un agente sulle scale di casa. Nei video rilasciati Bruguera chiama i due funzionari per nome, Alberto e Mario, e sarebbe stato il primo a fare l’elenco delle accuse.
“Continuiamo a vivere in una percezione – dice l’artista – noiosa, cieca e vecchia del mondo, rispetto a quello che sarebbe un sistema realmente democratico”.
Ma se non fosse tanto per i modi di Cuba, che ben conosciamo, bisognerebbe chiedersi dove sono finiti stavolta i “cubofili” d’Occidente. E lo dice chiaro e tondo un’altra attivista e artista di origine cubana, la sessantenne Coco Fusco, in una lettera aperta inviata attraverso e-flux.
“Chiedo agli americani di smetterla di fingere che il silenzio non abbia conseguenze politiche. Bruguera e Carlos Manuel Alvarez [giornalista] sono tra i cubani più conosciuti fuori dal Paese e vengono presi di mira proprio perché conosciuti negli Stati Uniti, proprio perché sostenuti dalle istituzioni americane. Questo è davvero un problema americano tanto quanto cubano.
Cos’altro deve accadere perché fondazioni, musei e giornali americani che hanno sostenuto Tania Bruguera e Alvarez possano parlare di questa situazione? Dove sono tutti i curatori di musei che sbrodolano sul lavoro di Tania? Dov’è il MoMA? Dove sono i collezionisti che l’hanno acquisita? Dove sono gli editori che hanno pubblicato Carlos Manuel Alvarez? Dove sono i finanziatori che hanno assegnato borse di studio e premi a Bruguera e Alvarez?
Permettetemi di nominare alcuni dei benefattori per non essere inutilmente vaghi: The Guggenheim Foundation, The Herb Alpert Foundation, The Rockefeller Brothers Fund, The Cisneros Foundation, The Meadows Foundation e The Open Society Foundation in philanthropy. Il New York Times, Vice e Greywolf Press nell’editoria.
Dove sono i leader Black Lives Matter che si sono presi del tempo per salutare Fidel alla sua morte ma non dicono nulla sulla brutalità della polizia contro gli artisti neri a Cuba?
Perché i media progressisti americani lo ignorano? Non c’è stato niente su questo argomento su The Nation, Mother Jones, In These Times, The Intercept, Democracy Now, Latin USA o Remezcla”.
Coco Fusco há cantato, e ha colto il vulnus.
Dove sono i democratici? Dove sono i progressisti rispetto a una causa internazionale dell’arte che viene da un Paese “povero” e in mano a una repubblica dittatoriale?
Sarà perché i media statunitensi e globali hanno in questi mesi ben altro a cui pensare e su cui spingere per continuare a paralizzare il mondo intero? O sarà che questa letterina di Coco Fusco (chissà se l’autrice ne è consapevole) è l’ennesima crepa rispetto al tema del “Big Awakening” negli USA intorno ad argomenti che ancora (stampa e associati) vogliono tenere a dormire a tutti i costi?
Già sembra di sentirli i dem impegnati a difendere tutte le battaglie per la nuova libertà e la nuova normalità: “Gli affari della Brughera non sono una novità”.
Giusto, come non è una novità l’altra faccia dell’America, che dietro allo slogan “giustizia” è incapace non solo di accettare, ma anche semplicemente di riflettere, sull’abominio delle sue figure più progressiste, che stanno mettendo definitivamente a rischio la libertà mondiale.
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