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Terzo anniversario della morte di Mario Schifano
Personaggi
26 gennaio 1998, questa data segna la fine dell’esistenza di un grande artista italiano, Mario Schifano.
A tre anni dalla morte ancora però manca un riconoscimento reale della sua carriera artistica, manca una “vera” mostra che ripercorra le varie tappe e le molteplici strade da lui percorse e aperte...
A tre anni dalla morte ancora però manca un riconoscimento reale della sua carriera artistica, manca una “vera” mostra che ripercorra le varie tappe e le molteplici strade da lui percorse e aperte...
di redazione
La sua arte è stata perfettamente coerente con i tempi: in una società come la nostra in cui siamo completamente immersi in immagini, lui, con padronanza di tutti i mezzi tecnologici ed espressivi, con spirito sperimentatore e innovatore, ha rielaborato queste immagini, creandone altre, in un immaginario diverso ed attuale come pochi altri artisti sono riusciti a fare. Fermo nel suo studio, affollato di televisori, computer, macchine fotografiche, impianti stereo, navigava per il mondo attraverso le immagini che questi strumenti gli proponevano, in una sollecitazione creativa continua.
La sua carriera artistica, iniziata alla fine degli anni Cinquanta, ha attraversato diverse fasi storico artistiche, in cui è stato spesso coinvolto, divenendone rappresentate di punta, sempre comunque con la sua personale sigla creativa.
Nasce in Libia, ad Homs, nel 1934. Bambino, torna in Italia assieme alla sua famiglia. Abbandonata la scuola molto presto, per una sua personale esigenza di indipendenza rispetto la famiglia, lavora come commesso. Più tardi inizia a collaborare con il padre, archeologo restauratore a Villa Giulia, e si occupa di restauro di vasi e rilevazioni planimetriche di scavo. Contemporaneamente studia pittura e debutta nell’arte informale.
Dal 1959, anno della sua prima mostra presso la Galleria Appia Antica di Roma, la sua ascesa è veloce. Già nel 1962 è invitato alla mostra “The new realist” organizzata da Sidney Janes a New York. Accanto a lui esponevano Rauschenberg, Johns e Oldenburg.
Dopo i famosi monocromi gialli, nei suoi quadri cominciarono ad apparire temi tratti dal paesaggio urbano, come gli slogan pubblicitari, famosi quelli della Coca cola.
Dal 1964 ripercorre temi della storia dell’arte, e nel 1965 dipinge quadri dedicati al Futurismo. Sempre nel 1964 si avvicina alla cinematografia, e produce i primi cortometraggi.
Tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70, attraversa periodi di crisi ideologiche che si riflettono sulla sua produzione artistica, tanto da indurlo ad abbandonare la pittura. Nel 1967 realizza le famose serie “Ossigeno”, “Oasi” e “Compagni”, che rappresenta il suo impegno ideologico. Nel 1971 a Parma gli viene tributata una mostra antologica, in cui sono esposte 100 opere.
Dal 1979 ritrova il piacere di dipingere, e partecipa con grande successo ad numerose esposizioni nazionali e internazionali. Nel 1981 è tra i pochi rappresentanti italiani presenti alla mostra “Identité Italienne” al Centre Pompidou di Parigi. Nel 1989 partecipa alla rassegna Arte italiana nel XX secolo, alla Royal Academy di Londra. Numerose sono anche le personali, in Italia e all’estero. A Ferrara la mostra, poi itinerante, “Inventario con anima e senz’anima” presenta i suoi risultati pittorici raggiunti nella meditazione sui temi naturalistici, temi che rappresentano una costante nella sua produzione artistica. Per la riapertura, nel 1990 del Palaexpò a Roma, realizza numerose opere di grande formato, esposte nella rassegna a lui dedicata, intitolata “Divulgare”. Nel 1994 partecipa alla mostra “The Italian Metamorphosis” a New York.
Nel 1997 gli viene conferito il Premio San Giorgio di Donatello per la realizzazione delle vetrate policrome per la cripta della chiesa Santa Croce.
26 gennaio 1998, muore.
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