L’iniziativa “Torino racconta Torino ” non poteva dimenticare lei, una fra le persone più indicate per narrare la città. Per come l’ha vissuta, a lungo, intensamente…
Non lo so… Mi mancano la preparazione, la cultura, i nomi, le persone giuste. Non lo so. Farò quel che posso!
Beh, lei ha segnato profondamente la storia di Torino.
Non prendono mai una donna come esempio! Non mi risulta…
Allora siamo in minoranza…
Senza dubbio! E vi ringrazio…
La prima impressione delle foto del suo studio che ha scattato Roberto Goffi è quella di un universo chiuso su sé stesso…
Il mio studio?!
Nel senso che fagocita moltissimi stimoli dall’esterno e li organizza in modo quasi autoreferenziale. È la stessa impressione che si riceve al primo viaggio a Torino. Insomma, una corrispondenza fra il suo studio e Torino. Perché poi si scoprono mille sfaccettature, angoli nascosti, sprazzi che “bucano” i drappi neri alle finestre del suo studio e il provincialismo sabaudo…
Torino è una città molto difficile, una città di ricchi borghesi come gli Agnelli o di aristocratici come i Savoia. È una città che vive di ricordi, ma è anche capace di espressioni molto moderne, attuali. È un paese molto difficile, per chiunque. Chi viene a Torino si trova a disagio, perché c’è un’indifferenza che è come una specie di classe, un atteggiamento molto snob della città, che riscopre un modo antico di essere, monarchico. Pare che Torino non abbia vissuto la guerra, le ristrettezze… Non è simpatico, perché è falso!
È una città molto ipocrita…
Il torinese è prudente, perché non vuole sembrare un cannibale e invece lo è! Parlo di cannibalismo verbale, non di quello messo in atto.
In realtà Torino è una città più libera di altre, a livello europeo. Dopo aver scoperto che è così snob e cattolica, vai in profondità e ti accorgi che è piena di culture, di esperienze, di sensazioni… Ma accade in un secondo tempo, anche in un terzo!
Per sprovincializzare Torino, almeno a livello artistico, è stato molto importante il ruolo di Felice Casorati…
Di Casorati non posso parlare, perché è stata una persona di grande cultura ma anche estremamente difficile da capire. I suoi quadri erano sempre molto belli, ma lui non era così facile, anche perché era un avvocato, sempre polemico, non in senso culturale ma in senso sociale e politico. Io da lui ho imparato molto, ho imparato ad avere rispetto del mio silenzio, perché temo sempre di sbagliare. È un lato che trovo in pochi, siano torinesi o veneziani. Nessuno ha l’impressione di sbagliare, tutti sono convinti di essere dei Nobel. È una cosa orrenda!
Chi ha aiutato molto a “leggere” il suo lavoro è stato Sanguineti. Ha elaborato una sorta di dizionario: la “macchia”, il “bricolage”…
Conosco Edoardo da quando aveva vent’anni e anche da lui ho imparato molto. È un uomo straordinario, per cultura, sensibilità, approccio all’amicizia, comportamento. Ha sempre un atteggiamento da innamorato, una cosa rarissima. È talmente innamorato di conoscerti, è meraviglioso! È come l’amico che hai lasciato la sera prima e invece non vedi da mesi. Per certi versi Calvino era così, talmente pieno di desideri che te li metteva addosso come un abito. Anche Pavese, però lui era così intimidito dai propri desideri da essere sempre spaventato. Anche questo è raro, e bello: essere impauriti dai desideri.
Riguardo al mondo dell’arte, si ha l’impressione che Torino abbia “subìto” l’Arte Povera…
Torino ha subìto tutto. Non solo l’Arte Povera, anche i cretini! Comunque accade in ogni città. Ad esempio, sono andata per un po’ di anni a Parigi e lì c’è una supremazia tale per francesi e parigini. Si hanno difficoltà terribili se non si è piazzati in qualche modo…
Tutto l’ambiente che promuoveva l’Arte Povera ha quasi zittito gli altri artisti e artiste…
In maniera deliberata!
Nel suo caso, forse si è palesata l’anima puritana di Torino…
No, da questo punto di vista Torino è all’avanguardia, vorrebbe avere i gay più fantastici del mondo, in numero straordinario! Però, appena parli di cultura, tutti se la fanno sotto, perché non sono all’altezza, come d’altronde non lo sono io. Ma fingono di esserlo e chi invece lo è realmente soffre. Come Italo Calvino, per il solo fatto che balbettava. C’è una volgarità e un’ambizione generalizzata… Insomma, è tutto molto difficile. Ma la vita è meravigliosa, ha dei lati incredibili, anche se sei vecchia come me.
Fra gli artisti torinesi della nuova generazione, alcuni sono molto interessanti. Sente che qualcuno particolarmente vicino a lei, in qualche modo?
No, non li conosco. Li evito, i “colleghi”. Perché in genere sono sleali e sgarbati. E poi c’è una frase abituale che ti dicono: “Cos’ha pensato quando ha fatto questo disegno?” “A un cazzo!” E loro rispondono: “A un cazzo?!” Ma no, non a un cazzo! A niente! Loro pensano che basti avere un’idea, che sia sufficiente metterla su carta. Invece bisogna averla dentro, e allora ti viene istintivo. La pittura è un gesto, come lavare i vetri. Però quel vetro deve essere sporco come piace a te. Nella vita, coltivare un gesto è più importante di una preparazione sbagliata. Molti credono che basti leggere un libro per imparare tutto. No! Per imparare bisogna saper leggere fra una parola e l’altra. Non si impara da un professore all’università, perché quello è abituato a tenere delle lezioni, a ingaggiare il suo potere in un addestramento tattico di maestro…
bio
Carol Rama (Torino, 1918) ha iniziato a disegnare e dipingere negli anni Trenta. Vive in una mansarda casa-studio che abita da quasi 60 anni. È ancora attiva e si dedica alla pittura e all’incisione. Nell’edizione 2003 della Biennale di Venezia ha vinto il Leone d’oro alla carriera insieme a Michelangelo Pistoletto.
a cura di marco enrico giacomelli
Il prossimo appuntamento con “Torino racconta Torino” avrà come protagonista Guido Curto
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