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Tracey Emin racconta “Leaving”, la sua mostra da Lorcan O’Neill
Arte contemporanea
Tracey Emin ha voluto intitolare la sua mostra personale nella galleria Lorcan O’Neill Leaving, che in italiano si può tradurre in due modi: partire per andare via ma anche per rinascere e ricominciare. Tracey ha alle spalle la perdita della madre, alla quale era molto legata, che è scomparsa due anni fa: l’assenza sembra abitare questo gruppo di dipinti evanescenti e rarefatti in bilico tra astrazione e figurazione, con evidenti rimandi a maestri come Egon Schiele ma anche, se non soprattutto, Cy Twombly .Opere che comunicano un senso di sospensione, quasi una volontà di fissare sulla tela immagini che si rischia di perdere affidandole soltanto alla dimensione della memoria. Ma da dove vengono queste tele e soprattutto che cosa rappresentano per l’artista?
Qual è l’origine di questi dipinti?
«Nei secoli migliaia di artisti hanno espresso sentimenti ed emozioni nei secoli attraverso la pittura. Se ci pensate bene, erano tutti uomini. Egon Schiele è un esempio estremo di ipersensibilità, ma ricordiamo che è morto giovane. Cosa avrebbe fatto oggi Egon Schiele? Magari si sarebbe trasferito a New York. Comunque quello che voglio dire è che la pittura è un linguaggio molto legato allo stato d’animo dell’artista, che si può individuare guardando attentamente un quadro e il modo nel quale è stato dipinto. La pittura è fatta di gesti che costituiscono altrettanti canali per trasmettere emozioni; non sono un’artista concettuale e mai lo sarò».
Qual è il significato delle parole che compiono in alcuni dei dipinti esposti in mostra?
«Un mio amico storico dell’arte ha paragonato queste scritte alle iscrizioni classiche sui templi, ma in realtà a volte nascono semplicemente dalla necessità interna del dipinto, per equilibrare i diversi elementi dell’opera. Ogni tela è in costante evoluzione, e può essere modificata molte volte prima di considerarsi compiuta».
Qual è il tuo rapporto con la pittura di Cy Twombly?
«Il rapporto con Twombly è cominciato per caso quando studiavo arte. Allora uno dei miei professori mi disse che nelle mie opere coglieva una sensibilità vicina a quella del pittore americano, che non avevo mai sentito nominare. Mi consigliò di andare a vedere una sua tela esposta nella collezione permanente della Tate che oggi è la Tate Britain. Ci andai e mi resi conto che aveva ragione…».
Ci sono molti punti in comune con la pittura di Twombly…
«Assolutamente. I colori tenui , le velature, le scritte e i disegni che riaffiorano in superficie dopo essere stati cancellati. Senza dubbio è uno degli artisti al quale mi sento più vicina».
Leaving è una mostra di quadri e disegni. C’è una ragione?
«Rispetto al mio lavoro c’è stata un’evoluzione per quanto riguarda il linguaggio ma non il contenuto. Continuo a lavorare sulle questioni che mi fanno pensare, che mi fanno sentire una persona, che suscitano le mie emozioni e le mie paure. Solo che lavoro con la tela e i pennelli, non più la stoffa o il telaio. Uso ancora il neon, faccio ancora video e fotografie, ma utilizzo soprattutto tele e colori».
Veniamo al titolo: parti e dove vuoi andare ?
«Verso la morte. Voglio morire, non voglio più stare su questo pianeta. Mi sento imprigionata, intrappolata: non sempre, ma almeno il 40 per cento del mio tempo. Mi sono sempre sentita così, ma ora non lo nascondo più come prima. Queste opere nascono da questa sensazione, dal mio sentirmi sofferente, triste e depressa».
Come mai?
«La tristezza appartiene al nostro quotidiano, fa parte della nostra vita. Qualche giorno fa mi sono svegliata di ottimo umore, sono scesa al caffè per fare colazione, ho guardato gli sms sul mio telefono e ho letto che uno dei miei più cari amici aveva avuto un infarto fulminante ed era morto. Così il mio umore è precipitato! Regolarmente quando mi sento bene qualche evento esterno mi fa cambiare di umore…per questo ho intitolato la mia mostra in corso al Musée d’Orsay Fear of Loving: la paura di amare è una sensazione che conosco bene e ho provato tutta la vita».
Qual è la responsabilità dell’artista oggi?
«Anche se il mondo dell’arte è molto cambiato rispetto al passato, credo che l’artista abbia le stesse responsabilità verso la società: essere autentico e esprimere le proprie emozioni in modo da poterle comunicare alle persone. È un po’ come essere una medium, una cartomante o una maga. Trasmetto le mie emozioni ad altri esseri umani, non è una grande cosa ma è universale».
Per concludere, esistono bozzetti o disegni preparatori di questi dipinti?
«Non ci sono schizzi né disegni. Sono gesti e memorie. E, come dicevo prima, si trasformano nel loro farsi. Nascono sulla base di un’intuizione o di un’idea, ma nel processo di realizzazione possono cambiare soggetto e significato, come succede nella vita».