Raffinato intellettuale, protettore della cultura, dedito all’ars venatoria, Adriano, secondo Imperatore della dinastia degli Antonini, successore scelto da Traiano e predecessore di Antonino Pio, si cimentava anche nella poesia ma era soprattutto l’architettura ad appassionarlo. Oltre a strutture come il famosissimo e imponente Vallo fortilizio tra Britannia e Caledonia, diede impulso alla costruzione della Villa Adriana, nell’antica Tibur, fiorente centro dedito al commercio, nel quale il culto di Ercole si venerava con particolare dedizione. La Villa era un «eccezionale esempio di sfarzo», sono le parole dell’anonimo autore della Historia Augusta, espressione dei gusti e delle idee dell’Imperatore, delle suggestioni dei suoi lunghi viaggi in tutte le Province, della sua concezione dell’esistenza e dello spazio. Oggi, per noi, la sua estensione è pari a quella di una cittadina, tra terme, case coloniche, teatri, piazze, luoghi di culto, complessi edilizi articolati su un territorio di un centinaio di ettari, e vi abbiamo riconosciuto la testimonianza di un valore atemporale, inserendola nella lista Unesco dei Siti Patrimonio dell’Umanità. E nell’ambito della riforma del MIBACT, a partire dal primo settembre 2016, i siti monumentali di Villa Adriana, Villa d’Este e il Santuario di Ercole Vincitore – di cui una prima sezione dei restauri è stata presentata il 30 settembre – con il Mausoleo dei Plautii e la Mensa Ponderaria, sono riuniti sotto un’unica gestione autonoma. Un sito monumentale ricco di emergenze, valori e visioni, visitatissimo da turisti di ogni nazionalità e legato a doppio filo con la vita del Comune di Tivoli. La sfida è stata raccolta da Andrea Bruciati, che da maggio 2017 ricopre l’incarico di direttore e adesso, alla luce di un maxi finanziamento dal Ministero e di una fervente attenzione mediatica, può essere rilanciata. Già direttore della Galleria Comunale d’Arte contemporanea di Monfalcone, trasformata da sede espositiva di provincia a centro propositivo nel paesaggio del contemporaneo, e direttore artistico di ArtVerona, manifestazione che ha contribuito a caratterizzare con format sperimentali e progetti specifici, Bruciati punterà su una programmazione capillare, bilanciando conservazione e promozione, restauro e ricerca, «tra Antinoo e Mapplethorpe».
Triportico (veduta), Santuario di Ercole Vincitore
L’apertura al pubblico di una prima parte dei restauri del Santuario di Ercole Vincitore è stata anticipata dalla notizia del maxi finanziamento del MIBACT, 13 milioni di euro per la messa in sicurezza, la conservazione, il restauro e la valorizzazione del sito archeologico. C’è già un piano di interventi?
«L’Ex Villa di Mecenate assomma compiutamente l’anima che ispira il nuovo corso dell’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este, volto alla valorizzazione del bello e del meraviglioso in un’accezione etica, aggiornata alle istanze della contemporaneità. Il Santuario di Ercole Vincitore incarna al meglio la sintesi preziosa di interventi stratificati – cinque ordini sovrapposti di costruzione delimitati su tre lati da ampi portici – e la somma di due tipologie archeologiche, quella classica e quella industriale, per cui si identifica il territorio tiburtino. Oggi finalmente il restauro del triportico e della parte centrale della via Tecta configurano il complesso come terzo polo culturale dell’Istituto, che dischiude i suoi spazi monumentali alle strutture cantieristiche dismesse della nostra storia recente: il ripristino interagisce alle suggestioni di ordine estetico degli ambienti abbandonati e nuovamente a predominare è la fascinazione romantica dell’insieme. Il piano di intervento dedicato al Santuario è di 8 milioni perché i restanti verranno indirizzati per la costruzione di un parcheggio e auditorium nella limitrofa ex Cartiera Amicucci, di proprietà comunale. Si tratta di interventi integrativi per il restante restauro strutturale della via Tecta, dell’Antiquarium, del criptoportico e del percorso sul lato destro del podio del tempio».
Statua di Augusto, Mensa Ponderaria, Foto: Quirino Berti
Definisti la tua nomina a direttore dell’Istituto Autonomo di Villa d’Este e Villa Adriana come «la scelta più azzardata del Ministro». Adesso, dopo una fase transitoria di avvio, come dimostrerai che era effettivamente così? Quali sono le idee che porterai avanti?
«Ritengo che ogni sfida generi tensione, una modalità generativa e creativa necessaria soprattutto laddove si lavora in un sistema strutturale (organico e siti) ancora in emergenza. Il piano programmatico per l’Istituto si nutre delle medesime idee per cui ho accettato questo incarico: creare una piattaforma attiva di pensiero dalla forte connotazione identitaria dove la nostra cultura possa liberamente trarre stimoli dalla memoria, per proiettarsi e configurarsi come modello alternativo di futuro. Una riflessione critica e aggiornata sul concetto di bellezza, di cui questi luoghi sono rappresentanti assoluti, sarà il nostro asset connotativo».
Sono ormai palesi le potenzialità dell’indotto del settore culturale, possibilità economiche che hanno smentito quanti affermavano che con la cultura non si riusciva a mangiare. Che rapporto c’è tra Villa Adriana e Villa d’Este e il territorio di Tivoli? Come si apre un sito archeologico a un target composto da comunità locale e da turismo internazionale?
«L’Istituto e le sue quattro strutture non sono un arcipelago disgiunto dal territorio ma, al contrario, si propongono quali luoghi di eccellenza per la formazione di un dibattito formativo, volto allo sviluppo sociale delle comunità che vi afferiscono. Io sono per azioni sostenibili, per un intervento che sia il più possibile inclusivo e che abbracci l’intera filiera produttiva: l’Istituto deve fungere da enzima per stimolare una nuova politica di crescita ed un cambio di mentalità. In questo senso non vedo contraddizioni fra il porre in produzione l’uliveto di Villa Adriana o il vigneto di Pizzutello di Villa d’Este o ripristinare le valenze antropologiche dell’agro romano. Un territorio, come quello tiburtino e delle valli dell’Aniene così articolato e ricco – ma l’intera penisola gode di questo incredibile dono – si promuove come unicum in una strategia turistica che investa in un approccio morbido e lento di riappropriazione dei luoghi, per un rispetto delle radici e delle peculiarità che connotano il territorio».
Teatro Marittimo, Villa Adriana
In questi primi anni della Riforma Franceschini, è stato sperimentato il metodo della gestione autonoma applicato ai grandi attrattori, ai quali è stata affiancata una nuova figura di direttore-manager. Come troverai l’equilibrio tra una coinvolgente offerta culturale e le esigenze di bilancio?
«Sono abituato a fare di necessità virtù, da sempre: l’importante è il dato motivazionale e il comune obbiettivo delle persone che lavorano con te. Monfalcone e Verona sono state gestite con fondi irrisori ma i risultati sono andati al di là di ogni aspettativa, con grande stupore degli stessi amministratori».
Il tuo percorso di ricerca è sempre stato incentrato sul contemporaneo. Cosa immagini di poter imparare da questa nuova esperienza? Vedi una continuità tra l’arte del presente e quella del passato?
«Non trovo differenze sostanziali fra Antinoo e Mapplethorpe, così come fra la Fontana di Diana di Villa d’Este e Anish Kapoor. Credo che per profondità e visione mi mancasse questa esperienza legata a dei siti internazionali di grande fama e ritengo che la mia prospettiva “quer”, “diagonale’’ consenta una riattivazione di senso a questi luoghi».
Mario Francesco Simeone