ALCATRAZ

di - 13 Febbraio 2011
Quel caravanserraglio di idee e ideuzze, di
“sparate”, di enormità, di bla-bla-bla, teorico e visivo, che la
circonda, come un chiacchiericcio tanto specialistico e apparentemente
“intelligente” quanto inutile e vacuo, al quale solo gli
“addetti ai lavori” sono dopotutto interessati, essendo del tutto scollati
dalla vita delle persone per così dire “normali”; e nel quale
l’artista, rotti tutti i codici, spazzato via qualsiasi riferimento estetico e
qualsiasi orizzonte di senso, provate tutte le sperimentazioni possibili e,
letteralmente, tutti gli orrori possibili
e immaginabili (pulsioni omicide, suicide, perversioni sessuali, eresie,
iconoclastie, bestemmie, sangue, torture, auto-flagellazione, violenze,
feticci, immondizie), si sente, come il bambino a cui tutto sia stato concesso,
tutto sia stato dato, tutto sia stato offerto, tutto permesso – e, anzi, più le
spara grosse e più viene osannato e premiato dalla società, a cui in fondo si
sente di non appartenere, poiché le è
superiore, ma dalla quale pretende sempre lodi, commesse e prebende -, di non
essere più in grado di fare altro se non di dire, con voce tonante e aria di
sfida, di chi la spara più grossa di tutti: “Cacca!”.

Sì, è fatale che si torni, istintivamente, all’analisi freudiana della
“fase anale” del bambino, quella precedente alla “tirannide
genitale” imposta dal mondo adulto, allorché il bambino fa, di tutte le attività piacevoli del proprio
corpo, il suo solo e unico scopo: sì, è fatale che si torni lì, nel vedere
compiersi, per mezzo di materiali più o meno nobili e con una forma riconoscibile,
oltre che realistica, l’inutile e
disarmante celebrazione, non di un santo o di un dio fattosi uomo (come
avveniva quando l’uomo credeva ancora in una qualche resurrezione, oltreché in
un possibile aldilà; e neppure di un uomo,
celebre o saggio, come avveniva invece, attraverso i monumenti, celebrativi o
funebri che fossero, quando si aveva ancora fiducia che l’uomo stesso potesse
effettivamente cambiare la storia, e influire sul proprio futuro; e neppure,
infine, di un oggetto, come è
avvenuto invece negli ultimi trent’anni, con la celebrazione ovunque imperante
dell’oggettistica e del design, perfetta metafora di quel “feticcio della
merce” di marxiana memoria, innalzato però a idolo iper-democratico,
onnipresente e ovunque diffuso) ma, semplicemente, dei propri escrementi.


Jean
Clair, nel suo De immundo, aveva già
predetto, e attentamente descritto (in quel pamphlet che i critichini
conformisti avevano definito, ça va sans
dire,
“reazionario”) questa deriva inarrestabile e deprimente
dell’estetica contemporanea, questa metafora lampante della fase suprema della
dittatura del subumano“,
come definì Panofsky la tendenza nichilista che inevitabilmente portò agli
orrori nazisti: leggendovi già, in controluce, il segno di “una fissazione del desiderio a uno stadio
infantile
“. Dal momento che l’artista contemporaneo, “che pretende di esercitare un potere
assoluto sui suoi spettatori soggetti… è diventato, lui solo, l’individuo
totale, il bambino assoluto
“, al punto che, “allo ‘stato totale’ che abbiamo conosciuto nel secolo scorso, sarebbe
succeduto oggi l’‘individuo totale’. E al culto del sangue, che ha fondato la
società totalitaria… sarebbe succeduto il culto dell’escrementizio, in cui si
afferma la potenza dell’individuo totale. L’individuo totale, l’artista
mancato, il plasticatore degli ultimi tempi, colui che impone agli altri la
propria merda, è il bambino dei primi giorni
“.

Tranquillizzatevi: non
c’è più scandalo benpensante, di fronte a questo. Anzi, non c’è scandalo tout court, in questa deriva scatologica
dell’arte: perché anche lo scandalo è morto, decenni e decenni fa; abbiamo
abolito tutto, anche la capacità di scandalizzarci, di sorprenderci, di
indignarci. Sì, non c’è più scandalo, così come non ci sono più benpensanti, né
bourgeois da épater, in un mondo dove la medicina e la chirurgia estetica hanno
già reso possibile qualsiasi trasformazione post-umana, dove il denaro è
diventato l’unico feticcio possibile, dove la proprietà ha esteso i suoi
diritti persino sulle idee, e dove la vita reale e la fiction hanno da tempo
confuso i propri limiti e le proprie regole.


Nessuno, in questo mondo bizzarro,
che ha superato se stesso, si scandalizza più, per le bizzarrie del bambino
assoluto. Anche lui, oggi, è fatalmente destinato a rimanere solo, con
l’inutilità del proprio vano e deprimente narcisismo. Non ha cambiato il mondo,
non ha scosso le coscienze, non rappresenta
neppure più nulla, o nessuno. È solo, con la sua grande montagna di escrementi.
Ma prima o poi, forse anche lui, come il bambino freudiano, dovrà tornare ad
affrontare il principio di realtà.

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*articolo pubblicato su Exibart.onpaper
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Visualizza commenti

  • 1)Da almeno sei-sette anni quel tipo di arte è out, continuano a farla quelli che la facevano prima per ragioni di cassetta e hanno tutti dai 45 anni in su. Quindi di che cosa stiamo parlando? l'arte di OGGI è meta-modernista e meta-romantica (di ritorno), NON C'E' PIU' la "provocazione", Sveglia! Siamo nel 2011.

    2) In ogni caso l'alternativa quale sarebbe (stata)? I quadretti da rigattiere di chi sappiamo? Ma basta!

  • Un vero sollievo! Credevo di essere l'unica "marziana" sulla terra a pensarla così.
    Complimenti all'autore dell'articolo che è riuscito a sintetizzare il deprimente quadro dello stato dell'arte e dell'estetica contemporanee, con una precisione chirurgica e una chiarezza lontana dall' ambigua fumosità della critica d'arte. Un'ortogonalità di pensiero, azzarderei, tipica di una solida formazione classica.

  • -non c'è più scandalo benpensante, di fronte a questo. Anzi, non c'è scandalo tout court, in questa deriva scatologica dell'arte: perché anche lo scandalo è morto, decenni e decenni fa; abbiamo abolito tutto, anche la capacità di scandalizzarci, di sorprenderci, di indignarci.-

    ah sì? non mi sembra . io per i pedofili mi scandalizzo ancora .

  • credo che siano delle posizioni critiche oramai desuete, quindi non capisco se voglia essere una riflessione sull'attuale stato dell'arte o sulla storia dell'arte degli anni 90

  • L'ARTE FINITA NEL CESSO.
    Caro Alessandro Riva, hai perfettamente ragione. L'arte contemporanea non ha più nulla né da rappresentare né da comunicare. La casta dell'arte e dell cultura, (le intelligenze italiote)- quella circondata da finti artisti salottieri -(costruiti a tavolino)- da mercanti senza scrupoli; quella servile al sovrano di turno, ha contribuito, non poco, all'attuale processo di "merdificazione" dell'arte e della cultura. Ha fatto di tutto per rinchiuderla nella cloaca del mercato globale dell'arte: una galassia di oggetti inutili, inerti, privi di vita e di senso. Queste intelligenze, accreditate dal potere finanziario, ossequiose alle gerarchie del potere sovrano, italiano e mondiale, hanno privata l'arte del suo pathos, l'hanno resa impotente e lontana dalla realtà. L'arte di cui si parla è stata ridotta a merda. Incapace, di produrre a sua volta, non solo qualche barlume di scandalo, ma effetti di trasformazione sulla realtà. Pretendono di imporre al pubblico sprovveduto nefandezze, spazzatura d'arte, incapace di produrre senso, coscienza critica e linguaggio di una certa rilevanza estetica, capace di produrre modificazioni nella percezione culturale e linguistica, cioè nella funzione stessa dell'arte in rapporto alla realtà. Credo che sia giunto il momento di pensare all'arte contemporanea, come una nuova opportunità per intervenire sulla qualità della vita e sul territorio, contribuendo a rendere meno scandalosa l'assoluta mancanza di valori e qualità estetica, in conseguenza proprio, di questo processo di merdificazione, bruttificazione che sembra contraddistinguere gran parte dell'arte contemporanea.

  • Vabbé, se dopo Manzoni l'ennesima cagata riesce, al più, a produrre noia; così all'enesima critica - che nulla aggiunge alle precedenti - alle cagate dell'arte ciò che si prova è solo noia.

  • @OrmaiAbbiamoCapito.Giusto: perchè non proponete qualcosa, come hanno fatto Greenberg o Bonito Oliva a loro tempo, invece di sputare sentenze sull'arte di 20 anni fa come se fosse attuale. Anzi, non proponete niente che è meglio, visti certi risultati del passato recente.

  • Ancora non mi capacito come una persona condannata in via definitiva a 6 anni di carcere per pedofilia, possa scrivere su un giornale serio come questo. Non capite che ne vale del vostro nome? A quando un mafioso o un assasino?

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