ART FOR BUSINESS FORUM

di - 7 Dicembre 2007
Un titolo quale Art for Business Forum potrebbe portare i più a pensare che l’oggetto del convegno fosse la relazione fra artisti e mercato dell’arte. In realtà, quest’argomento è stato solo uno tra quelli affrontati nel corso delle due intense giornate in cui si è articolato il forum.
L’autentico obiettivo era analizzare il rapporto fra arte e azienda da due punti di vista solo apparentemente distinti, ma intimamente connessi: un punto di vista interno e uno esterno. Il punto di vista interno all’azienda si articola a sua volta in due temi: il primo, legato alla formazione e allo sviluppo del personale; il secondo, legato a quello che si definisce employer branding. Entrambi i temi sono molto innovativi per un contesto come quello italiano, caratterizzato da una certa arretratezza per quel che riguarda le tematiche organizzative. Da una parte, quindi, l’idea di utilizzare l’arte e il senso critico che nasce dall’osservazione dell’arte come strumento per permettere ai dipendenti di fare scelte più coraggiose e innovative (questo era di fatto il tema del seminario The Quality Instinct tenuto da Maxwell Anderson). Dall’altra parte, l’idea che l’arte possa essere una delle leve utilizzate dall’azienda per comunicare i propri valori a dipendenti e agli stakeholder, intesi questi ultimi non solo come azionisti in senso letterale, ma come tutti quegli attori che con l’azienda interagiscono. Su entrambi questi temi, il convegno ha fornito numerosi spunti di riflessione: oltre al seminario di Anderson, va ricordata la sessione in cui tre manager (Enrica Jacobacci, Catterina Seia e Maria Paoletti) hanno testimoniato cosa significa “portare” l’arte all’interno delle loro aziende, ma anche all’esterno dell’azienda stessa.

Dicevamo di un punto di vista esterno all’azienda, che contiene anche in questo caso due temi inestricabilemente collegati. Abbiamo, infatti, da un lato il tema del corporate branding, cioè il problema di come adoperare l’investimento in arte per avere effetti positivi sul posizionamento del brand, e dall’altra il tema della cultural & social responsibility dell’azienda, ossia delle responsabilità sociali e culturali che l’azienda ha nei confronti del territorio in cui si trova a operare. Queste tematiche sono distinte solo per motivi logici, ma in realtà sono (o dovrebbero essere) profondamente dipendenti una dall’altra, in quanto -come sostenuto da molti dei relatori intervenuti sul tema- la cultural & social responsibility non si traduce in sponsorizzazioni di eventi isolati e senza alcun collegamento fra loro, ma dovrebbe invece essere un piano a lungo termine col quale l’azienda interviene sul territorio, promuovendo e stimolando iniziative che sono allineate con il posizionamento strategico dell’azienda stessa. Tale piano porterebbe benefici sia all’azienda, in termini di riflessi positivi per il proprio brand, ma anche al territorio, in quanto porterebbe e farebbe circolare idee nuove, innescando così un ciclo virtuoso di innovazione.
A questo proposito, oltre al già citato intervento delle tre donne-manager, va citato quello di Alessandro Laterza, Andrea Illy, Paolo Iammatteo e Gianluca Winkler, che hanno spiegato cosa vuol dire investire in arte per le loro aziende. Oltre al case history della Illy, che costituisce l’esempio perfetto di utilizzo della leva dell’arte come volano per il posizionamento del brand, sono state interessanti le testimonianze di Enel, che ha promosso negli ultimi mesi tre interventi a Roma (Angela Bulloch all’Ara Pacis, Jeppe Hein alla Garbatella e Patrick Tuttofuoco in Piazza del Popolo) e di Pirelli Real Estate, sponsor non solo del forum ma anche di quello che si propone come uno degli spazi per l’arte contemporanea più interessanti di Milano, l’Hangar Bicocca.

Da quanto detto finora, il legame fra arte e azienda sembrebbe alquanto semplice e scontato. Ma è realmente tale? Come giustamente ricordato da Pierluigi Celli -durante una sessione in cui era affiancato da Michelangelo Pistoletto e Guido Venturini- arte e azienda sono due mondi animati da valori e comportamenti radicalmente diversi. Da una parte, infatti, l’azienda ha come obiettivi la riduzione della complessità, la consequenzialità, la standardizzazione, la specializzazione, e vive ormai con un orizzonte di brevissimo profilo (la famosa trimestrale); dall’altra, l’arte è interessata alle discontinuità, alla relativizzazione, al marginale. La dura conclusione a cui giunge Celli è che, in questo momento, l’arte è semplicemente una moda in voga fra le aziende e che, per sostenere realmente l’arte, ci vorrebbe una cultura d’impresa che in realtà manca. Ragion per cui l’arte si riduce semplicemente a un investimento in comunicazione che potrebbe essere tagliato in caso di necessità.
A lato delle sessioni più istituzionali del convegno, si sono svolte le “finestre del pensiero”, interventi in cui sono state approfondite tematiche affini all’ambito del forum. L’intervento di Paolo Fabbri era dedicato al tema di come vedere-analizzare l’opera d’arte ed è stata assai apprezzata l’interpretazione dell’arte contemporanea come riproposizione in chiave ironica di temi iconografici dell’arte antica, nonché la riflessione sull’estetica del disgusto. Il secondo intervento, di Severino Salvemini, partendo dalla Lettera ai borghesi di Baudelaire, ha fornito una rilettura non idilliaca della storia dell’organizzazione e della cultura aziendale in Italia, dal quale emerge con prepotenza la necessità di far entrare maggiormente l’arte e le emozioni all’interno di quel mondo.

Ultimo intervento, anche se non ufficialmente inserito nel programma delle suddette “finestre”, quello di John Thackara, che ha proposto un redde rationem al pubblico in sala, presentando quelli che sono i vasti problemi che stanno per colpire il business model di molte aziende. Queste ultime -alcune in verità hanno già iniziato a farlo- dovranno presto misurarsi con una serie di problemi (cambiamenti climatici, risorse naturali in via d’esaurimento o dai più elevati costi di estrazione, stabilità del sistema finanziario, catena di distribuzione del cibo) che porteranno inevitabilmente a un ripensamento del modello di sviluppo finora perseguito. Nel trovare una risposta a questi quesiti legati alla sostenibilità ambientale del loro business model, le aziende potranno trovare sostegno nell’arte e nella cultura, intese come capacità di risolvere in maniera sempre nuova i problemi.
Si è trattato di un seminario interessante, uno stimolante momento di riflessione su una relazione, quella fra arte e azienda, che abbiamo visto alquanto vasta e articolata. Ci uniamo quindi alla speranza degli organizzatori, ossia di poterne organizzare e proporre al pubblico un secondo il prossimo anno.

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Intervista a Pierluigi Celli

alessandro felice


23-24 novembre 2007
Art For Business Forum
Hangar Bicocca e auditorium della sede di Pirelli Re – Milano
Info: www.artforbusiness.it

[exibart]

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