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Arte Abusiva o dell’abusivismo delle definizioni
Politica e opinioni
di stefano questioli
“The act is the beauty-the beauty is the act” recita una scritta sui muri di Berlino. Ma di cosa stiamo parlando? Il tentativo, in piena sincerità è quello di dare un nome ad un fenomeno multiforme e radicale che scardina, con proverbiale disinteresse, le regole base dell’arte contemporanea…
“The act is the beauty-the beauty is the act” recita una scritta sui muri di Berlino. Ma di cosa stiamo parlando? Il tentativo, in piena sincerità è quello di dare un nome ad un fenomeno multiforme e radicale che scardina, con proverbiale disinteresse, le regole base dell’arte contemporanea…
Che il rinnovamento dei linguaggi dipenda dalle generazioni può essere un primo indizio, anche se la paternità di questo anti-movimento affonda le proprie radici già un trentennio addietro. Ma solo oggi, grazie al delinearsi di fisionomie sempre più nette, grazie ad un sensibile sviluppo della ricerca estetica ed in particolare a causa della progressiva ed inesorabile occupazione del nostro immaginario da parte del brand è possibile accorgersi del filo rosso che tiene insieme personalità di primo piano quali Banksy, Zeus, El tono, Blu, Ericailcane, Space Invaders, The Plug, Sweza e tanti, tantissimi altri. Senza dimenticare gli infiniti wu ming (senza nome) che antepongono l’opera alla propria firma.
Si tratta di un’arte fatta per strada, multimediale, perché figlia di una creatività diffusa, trasversale ed impersonale, poiché confusa nei nostri attraversamenti quotidiani, pluricentrica in quanto annodata nella rete del collegamento globale. Graffiti, stancil, stickers, contraffazione pubblicitaria sono i linguaggi che danno forma ad una “art of rebellion” che è solo all’inizio della sua espansione.
Tale abusivismo è la reazione ironica e dissacratoria all’avanzata dell’immagine pubblicitaria nei nostri panorami. Germina nel paesaggio come il calcestruzzo. Si appropria del territorio con la stessa strafottente noncuranza del cemento, per lanciare il suo virtuale grido di guerra.
Le opere di questi artisti vivono di vita breve. Nonostante siano tecnicamente riproducibili all’infinito (riferendosi allo stancil ed agli stickers in particolare) ritrovano nella loro precarietà quell’aura che nell’arte del secolo passato pareva definitivamente compromessa. L’indignazione dei cancellatori, esaltati dall’asettico, rende questi fenomeni, con il loro costante lavoro di pulitura, unici e prodigiosi.
E’ curioso notare che le immagini ottenute con un maschera-modello ed una spruzzata di vernice aerosol non siano mai uguali a loro stesse e che le tags, firme arabescate, sparse con ossessione in ogni dove come funghi infestanti, si riproducano sempre identiche, poiché nate da una mossa calibrata di una figura del corpo di un’arte marziale.
I legami con il graffitismo degli anni Settanta e Ottanta è strettissimo. Con esso sono condivisi gli spazi (i territori di confine) e forse le istanze d’origine (il bisogno di espressione delle classi relegate nei ghetti delle società contemporanee, come “principio di sterminazione” secondo la definizione di Baudrillard). Le grandi firme decorate (writing) sono più che altro dei capilettera postmoderni, ideogrammi che significano un individuo, ottenuti con la fioritura del segno grafico, melismi di un canto tecno-gregoriano. Ma si tratta di un’espressione sorda, autoreferenziale (chi riesce a leggere quelle scritte?), diversa da quest’ultima, così riferita da esser assai comprensibile (il verbo del logo, l’estetica del fumetto, dei cartoons e della pubblicità etc. etc.)
L’arte abusiva non va neppure confusa con l’arte pubblica, che, sì, accade anch’essa outdoor, ma attraverso l’avallo delle istituzioni (artistiche e/o politiche). Il contenuto talvolta potrà apparire simile, non il piano “ontologico”, esattamente antitetico. L’arte abusiva prospera, poiché incondizionata e soprattutto non richiesta.
Non solo: la consonanza etica fra queste istanze e quelle della Net Art è sorprendentemente forte; sgorgano entrambe dal medesimo humus, sono entrambe debitrici al situazionismo debordiano. Tale volontà scardinatrice viene ben sintetizzata da quel prodigio della tecnologia-fai-da-te dal nome Hector, estensione cyborg in grado di eseguire un vero graffito tramite software (Hector rende possibile la realizzazione a distanza di un disegno su muro con il semplice utilizzo di un computer).
All’interno di questi linguaggi, fatti di intenzionalità legalmente perseguibile ed aria aperta, è possibile riscontrare vere eccellenze. Venendo ai protagonisti, basta collegarsi ai siti che costituiscono l’archivio virtuale di una memoria altrimenti votata all’estinzione, per constatare di persona.
Banksy ne è senza dubbio il capostipite. I suoi cicli legati all’allevamento intensivo del bestiame dove il manto dell’animale (etimologicamente l’essere dotato di anima) viene utilizzato come superficie pittorica per legare questo agire alla nostra, occidentale, follia bulimica, scatenatrice di nefasti morbi collettivi. Poi i cicli a stancil contro il potere dell’autorità repressiva, contro la pedofilia, contro la guerra, contro, insomma, ogni autorità costituita.
Oppure il francese Zeus, con il suo spettacolare rapimento visivo (rapimento dell’immagine di donna semisvestita da un cartellone che recava il provocante slogan: express yourself) chiede con rinnovato impulso iconoclasta il riscatto del silenzio, la catarsi visiva come chance salvifica da un mortifero cancro agli occhi. Gli Space Invaders mimando il famoso arcade-game popolano le città di alieni che cadono incontrastati sulle nostre teste. I bravissimi pittori murali, Blu ed Ericailcane hanno regalato a Bologna una delle stagioni più innovative degli ultimi anni. Le loro immagini sarcastiche (che talvolta sfiorano questioni attuali) hanno risvegliato i portici di questa sonnolenta città (anche se va segnalato che nel capoluogo emiliano c’è stato l’illustre precedente, attorno ai primi anni ’90, di Pea Brain, pulcino scanzonato, che promuoveva una riappropriazione goliardica della mente). El Tono e la compagna Nuria intervengono annusando gli spazi quasi in incognito con le loro geometrie raffinatissime. Questa veloce descrizione impallidisce di fronte alla forza comunicativa di tali opere.
In conclusione, se l’ “immateriale” ha ottenuto lo status tanto agognato di bene culturale, difeso come il prodotto concreto di un agire artistico e storico (le rappresentazioni teatrali, per esempio), nonostante l’ovvio ritorno all’oggetto, questa ricerca estetica in considerazione della sua natura precaria ed evanescente si configura come una contraddittoria “forma immateriale”, vera aporìa concettuale.
Ma lo status questionis inciampa esattamente fra queste righe, nel tentativo di arrestare un flusso, nella volontà mai esausta di una “deportazione in galleria”. L’arte abusiva vivrà fin tanto che sarà in grado di fuggire dal paradosso di questo prevedibile condono critico.
bibliografia
Going Public-Soggetti, politiche e luoghi, a cura di Marco Scottini e Claudia Zanfi, Milano 2003.
Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Milano 1979. (prima edizione, Parigi 1976)
Guy Debord, La società dello spettacolo, Bari 1968. (prima edizione, Parigi 1967)
Internazionale situazionista 1958-69 ,Torino 1994.
Christian Hundertmark, The art of rebellion,Ginko Press, 2003
Hakim Bey, T. A. Z.: zone temporaneamente autonome, Milano 1998 .
Adubusters, rivista mensile, dal 2000, Wancouver-Canada.
link correlati
http://www.ecosystem.org
http://www.hector.ch
http://www.banksy.co.uk
http://www.woostercollective.com
http://utenti.lycos.it/arteabusiva
http://www.urban-art.info
http://www.urbanartofficial.co.uk
(si ringrazia Nicola Mariani ed Elena Pirazzoli per il prezioso aiuto)
stefano questioli
*Considerata l’eccellente qualità del contributo abbiamo deciso di pubblicare questo breve, interessante saggio del nostro collaboratore Stefano Questioli. Ma teniamo fortemente a ri-confermare (semmai ce ne fosse bisogno) la posizione di questa testata: siamo radicalmente contrari a qualsiasi tipo di intervento illecito, illegale ed abusivo nel tessuto urbano. Fermamente convinti che, mascherati dietro ad una artisticità presunta (che pure sussiste in alcuni protagonisti del fenomeno), si nasconda un elevatissimo –ed intollerabile- tasso di vandalismo. Che deturpa centri storici e periferie, che insozza manufatti e arredo urbano, che ammanta di degrado edifici storici e muri millenari e che costringe le amministrazioni locali ad ingentissime spese di ripristino del decoro. Utilizzando (e qui rischiamo il peggior qualunquismo) soldi di tutti noi, denaro che potrebbe essere impiegato diversamente. La direzione
[exibart]
Un vero peccato per il Vs. collaboratore che elabora contributi di pregevole e indiscussa qualità dover convivere con una redazione di ipometrici adoratori dell’asettico!
davvero notevole nonostante la precisazione della direzione di exibart!
Questo articolo e` ESTREMAMENTE interessante ,peccato che la vostra redazione sia estremamente noiosa
Forse la cosa più scoraggiante è che se la pensano così persone che hanno l’opportunità di leggere articoli così belli e che ogni giorno si occupano con professionalità d’arte, allora figuriamoci come la possono pensare tutti “gli altri”…eppure è necessaria una seria valutazione di questa arte che diventa sempre più emergente e assume giorno dopo giorno il ruolo di risposta a quel mondo che anche su exibart viene analizzato come quasi degenerativo: il mercato e lo strapotere delle gallerie, con tutto ciò che ne consegue in termini di influenze sul prodotto. Lungi da me la critica del mercato e delle committenze (senza le quali non avremmo potuto conservare nulla delle manifestazioni figurative dell’uomo nei secoli); l’artista è anche quello che si sa relazionare col pubblico, ma appunto per questo non ci si può tappare il naso davanti alla cosiddetta “arte di strada”, non si può far finta di non vedere, accoccolandosi sulla posizione qualunquista che fa di tutta questa produzione un discorso ai limiti del politico e che comunque si allontana dal piano puramente critico. E’ un dato di fatto: esiste, per fortuna!
E’ un punto di vista quello della redazione che sinceramente non si capisce. Comunque, i graffiti per chi è cresciuto nell’abusivismo edilizio sono una manna….
si poteva parlare anche del jamming?
finalmente qualche idea!
lo spirito si risolleva leggendo delle idee al posto del solito chiacchiericcio…
Sì sì, anch’io per strada. Se volete vedere qualcosa http://www.nostylearte.com, sotto exhib.
Ciao
Trovo che il commento della redazione sia superfluo ma pertinente (il che è solo apparentemente ossimorico).
Inoltre, tra le poche opere d’arte abusive si vedono anche un sacco di cazzate abusive. I punks ed i writers non sono poi tanto diversi dai cosidetti fighetti, anzi… Ciò non toglie che, in un caso e nell’altro, ci siano persone intelligenti e dotate di qualità artistiche, ma quante sono? Diciamo lo 0,01%? E poi, la metropolitana di New York è una cosa, i centri storici italiani sono tutt’altro… Sarà anche noiosa, pedante, reazionaria e demente la politica artistica italiana “alla Sgarbi”, ma questo tipo di arte dovrebbe forse (e paradossalmente) essere esercitata soltanto in spazi in cui sia lecita. Ci sono stazioni ferroviarie in cui i muri vengono messi a disposizione delle bomolette e di chi ci si vuole cimentare. E sapete cosa succede? Che i graffiti “artistici” (perdonatemi la semplificazione, anche i più violenti e duri, vengono deturpati dalle scritte più scontate e banali.
Bell’articolo… magari dite a Stefano Questioli che si scrive STENCIL! Ciao! 😉
Molto Bene ..
Proporrei una soluzione a metà strada. La street art -graffiti, adesivi, altro- è una forma d’arte a pieno titolo, genuina e spontanea, che mischia alto e basso. Non è vero che è fatta da persone “limitate”, tant’è che -da Blu a Cuoghi- e in passato Hairig e Basquiat- il passo dalla strada alla galleria e viceversa è spesso breve. Allo stesso tempo è vero anche che ragazzini cialtroni che imbrattano monumenti secolari con le loro cagatine di firme non si possono certo considerare artisti, ma vandalotti della domenica con le idee confuse, che scambiano -troppa televisione?- un palazzo del Cinquecento per il muro decadente di una periferia anni sessanta nuewyorkese…
Del resto questi ragazzotti non sono gli unici degradatori dei centri storici italiani. Spesso i veri vandals vestono in giacca e cravatta e siedono ed occupanno posti di potere, autorizzando mostri invasivi e ben più costosi di brutte quanto modeste tags…
D’accordissimo con ikku 🙂
Tutto ciò che si dice e che dite e diciamo è ralativo e opinabile.Una cosa è certa, che senza il proibito non c’è “aspirazione”, non c’è “sfizio” come si dice in Campania, di “imbrattare” questo o quel muro, o monumento…per il semplice gusto di trasgredire nei confronti del potere costituito, nei confronti, spesso dell’autoritarismo e dell’ignoranza dell’arroganza al potere , spacciata per “democrazia”.Parola d’ordine è TRASGREDIRE..alle cosiddette regole “democratiche” di un sistema capitalistico neo liberale di sinistra e di destra, sempre più cinico piatto e spietato nei confronti della classe debole e dei meno abbienti.Un potere che soprattutto in Italia, ha saputo solo cementificare la Penisola…vedasi Napoli, dove la collina del Vomero, una volta era un giardino, e non parliamo poi delle periferia di Milano e Roma, e di tante altre città italiane, piccole, medie e grandi: una vergogna!
E poi i vari condoni…l’ultimo quello del Cavaliere, che dice di combattere la Mafia…”invitandola però a pranzo e a cena vicino ad un grande tacchino americano a stelle e strisce,inviatogli da G.w.Bush, come avanzo della loro festa più importatnte:quella della Liberazione (sic!)”.
Certo questo non dev’essere lo spunto di imbrattare tutto, altrimenti si dimostra di essere solo “vandali”. Infatti spesso, camminando per strada, nelle vie di Milano, di Roma o di Napoli, ciò che mi fa incazzare di più, è che si imbrattano anche i cartelli indicatori delle autolinee, ma anche delle metropolitane, con i nomi delle fermate. Questa è DEMENZIALITA’, non è ARTE. Immedesimiamoci nel “povero cristo” straniero o forestiero, alle prese con questi cartelli, e cerca il nome della fermata dove deve andare…e per giunta non sa parlare l’italiano…
Per i monumenti invece bisogna stare attenti.Dipende quali? Ma mai in modo gratuito, per il semplice gusto di imbrattare. Se il messaggio, ha una sua motivazione seria a monte…allora, è il potere vigente che dovrebbe metabolizzare e chiedersi il perché, e intervenire, pulendo per bene, con i nostri soldi.
Un esesmpio: l’Italia è brava nell’organizzare le grandi mostre di grandi artisti (morti), o post mortem, per alcuni artisti che si scoprono dopo la morte.E’ una triste consuetudine, purtroppo.Si può dire:meglio tardi che mai.E invece no! Le mostre, si dovrebbero fare in questi casi, quando gli artisti contemporanei, sono nel pieno della loro attività, e non delegare solo i privati a farlo, con i loro interessi, spesso mercantili.Non parliamo poi dei giovani abbandonati a loro stessi. Chi si esprime, è colui che ha l’opportunità di trovare una galleria…diventando così “artista di galleria”,con l’agevolazione di essere spesso invitato a partecipare ai grandi meeting nazionali e internazionali.
Per coloro che così non è, cosa si prospetta?
Ed è anche per questi motivi…che scopp.
ia la “rabbia” e lo “sfizio” di imbrattare sedi simboliche del potere politico-culturale e artistico. E lo Stato non deve lamentarsi.
Chi vi scrive, è un artista, che nel 1989, prima dell’abbattimento del Muro di Berlino , dalla parte Est comunista andò a scrivere “l’ultimo tiri la catena”, in risposta ad un altro artista, che dalla parte diciamo democratica Ovest, andò a scrivere “l’ultimo spenga la luce”.
Si potrebbe ancora dire chissà quante cose…
Caro Angelo, artisti scoperti solo dopo la morte?! Ma non siamo mica ai tempi di Van Gogh! Ora non ci sono scuse, l’artista solitario in attesa del critico illuminato che vada a casa sua a scoprirlo e’ destinato al fallimento qualunque sia la qualita’ del suo lavoro. “Sbattimento” e’ la parola d’ordine, farsi il culo. Capisco la frustrazione dell’artista che si sente tale e che subisce l’indifferenza del “sistema dell’arte”, ma da qui alla scoperta di artisti morti e risuscitati da una riscoperta postuma… Di questi tempi c’e’ l’imbarazzo della scelta per sfondare, centinaia tra galleristi, critici e artisti in cerca del proprio “manager pubblicitario”. Forse sta qua il problema: c’e’ troppo di tutto…
buona fortuna
nameless
no style arte come sito fa’ cagare!
scusa ma non vela detto nessuso?
l’articolo e’ interessante
ci sono un casino di ragazzi con la bomboletta ;!!!!!
meta’ pensano all’ hip hop ;stronzata
americana!!
altri non sanno usarla !!
cosi’ quelli che hanno buene idee e pazienza posso emergere
grazie a tutti!
valentina dell’accademia a bologna
tira dei pacchi pazzeschi !!!
attenti!( origini marchigiane)
No! Buona Fortuna a te! Caro nameless! che ti vedo rassegnato a vivere in quest’Italia di zombi, dove per impotenza di carattere o di idee, non riesci a reagire, e ti coccoli in una tua “torre d’avorio”, e tenti di parlare come il direttore di una testata: una testata senza coraggio.Giancarlo Politi, è un maestro in queste cose. Potrebbe insegnare a molti, come essere il direttore di una testata autorevole. E certamente, “caro direttore della testata fantasma”, le cose, dai tempi di Van Gogh, non sono cambiate…anzi sono peggiorate, con la pigrizia di tanti pseudo-critici italiani, che ambiscono solo a un potere fine a se stesso.”Quando il gatto non c’è i sorci ballano”. Sai a chi mi riferisco. Questo in Germania, per esesmpio, non avviene. E non avveniva in Italia,con critici, come Filiberto Menna…e non avviene, con critici e teorici dell’arte, come Antonio d’Avossa, come Angelo Trimarco, come Roberto Borghi, Simona Barucco, Roberto Pinto, Barbara Tosi,il caro e sempre più giovane Gillo Dorfles, con curatori e organizzatori come Mario Gorni, e altri. Certo sono una minoranza. Una minoranza accorta. Una resistenza. Ma questa è un’altra storia. E’ la storia di un degrado etico ed estetico, culturale e artistico, che si vive attualmente in Italia. Un Vuoto di Valori che tu a quanto pare accetti rassegnato, senza muovere un dito, senza esprimere una frase di “piccola indignazione”, da essere umano,da artista (se lo sei) anzi, pare quasi che tu difenda tale situazione,accusando gli altri di essere “degli idealisti”, e cioè degli “ingenui e cretini”,e a volte anche di demenziali illazioni, quando irresponsabilmente scrivi:”…mi ricordi certi figuri loschi che circolavano negli anni trenta, prima di arrivare al potere…”(debolezza dialettica, offensiva e querelabile). Per finire. Un Vuoto che relega soprattutto l’Italia tra le ultime nazioni europee. Non parliamo d’altro, per favore, e cerca di rispettare le opinioni altrui, che hanno occhi per osservare e “antenne per registrare”. La realtà è sotto gli occhi di tutti. E’ cieco chi non vede. E’ sordo chi non sente. E’ muto chi non parla. PER FAVORE!
Buona Fortuna a te! Non ho più tempo da perdere. Il dialogo, se ricodo bene, lo hai interrotto tu, CON UNA TUA INTERFERENZA, in un altro commento di altri argomenti…e sei sempre lì a ricominciare…con la solita “coda di paglia” da “cane frustrato” e da “pessimo attore”.NON RISPONDERMI PIU’!
N.B.Come vedi, mi firmo con il mio vero nome. Perché non lo fai anche tu? Abbi il coraggio delle tue azioni, quando fai certe affermazioni…purtroppo, penso, per mancanza di coraggio e di idee, e mi dispiace, credimi.
trai troppe conclusioni affrettate sul mio conto senza nemmeno sapere chi cazzo sono, cosa faccio, ecc. ecc. Vacci piano, non ti allargare, pensa ai tuoi limiti e vai avanti per la tua strada. Molti dei nomi che fai li conosco bene anche io, e non ti azzardare a dire che ho conoscenze limitate e cazzate del genere senza nemmeno sapere chi sono, che studi ho fatto e cosa sto facendo. Guarda caso rispondi solo quando faccio critiche, ma quando mi trovo d’accordo con te, ed e’ successo una volta in un’altra notizia, non mi caghi nemmeno.
Bella la tua democrazia “a senso unico”, complimenti. ciao
nameless
Adesso sfoderi fuori anche le Lauree, e scommetto che ce l’hai appese nel soggiorno di casa o nello studio (quante ne hai?)e mi dici urlando: LEI NON SA CHI SONO IO!
Me l’aspettavo. Con questa risposta hai fatto di te UN CAPOLAVORO: un autoritratto degno dei migliori iperrealisti americani.
Complimenti: 110 e lode!
Un’altra cosa, caro n a m e l e s s: il SENSO UNICO che tu dici, appartiene a gente della tua razza, i quali sono convinti che l’unica civiltà sia la nostra, e cioè quella occidentale, e cioè quella soggiogata dal capitalismo più bieco. La mia filosofia è il dubbio. Le certezze le lascio a te…dato che hai tante LAURE (come diceva Totò) e quindi sei una persona colta…molto colta…patetico e logorroico, mi spiace molto per te…buona permanenza nella tua torre d’avorio e…restaci
Mah, mi trovo abbastanza d’accordo su quest’articolo ma non troppo sulle precisazioni della redazione o di chiunque le abbia fatte. Sarà pur vero che tra veri artisti si nasconde sempre un imbrattatore che più che comunicare qualcosa o esprimersi, sente semplicemente il bisogno di “sporcare”, di cercare di dimostrare il suo disprezzo… non perché conosca i motivi del suo disprezzo sia chiaro… Il problema è che oggi tutto fa tendenza… anche scrivere, disegnare o imbrattare (di imbrattatori a regola d’arte ne conosco un bel pò) i muri, non importa il perché o il come, basta che sia di moda. Non voglio essere frainteso, sono più che favorevole a questo tipo di arte, e ribadisco che a imbrattare un palazzo del cinquecento non sono gli artisti, ma tutta quella serie di Hippoppettari (si scriverà così?) conformisti che sentono solo il bisogno di dimostare qualcosa a qualcuno… ma niente di significativo. Quello che non mi spiego , senza nome, è perché tiri fuori certe giustificazioni del tipo non sai chi sono è che studi ho fatto. CHI SEI lo dimostri con quello che scrivi.Personalmente penso di sapere pochissimo a riguardo, ma qui a Napoli di artisti ce ne sono davvero tanti, e dei tanti che conosco non ho mai sentito nessuno parlare come te. Quello che tu chiami culo se lo fanno soprattutto quelli che stanno per strada, con una chitarra, un violino o una bomboleta in mano, in inverno con il vento gelido e il disprezzo della gente, perché quello non manca mai (e mi dispiace per te ma tu ne sei la conferma mio caro), ad opprimerli. Un’altra cosa: per chi ha detto che i punks ed i writers non sono poi così diversi dagli altri fighetti (se non erro il nick era Francesco) : TU UN PUNK VERO NON LO HAI MAI CONOSCIUTO: TE LO GARANTISCO IO. Se credi che un fighetto coglione qualsiasi, per seguire dei suoi ideali, lasci che la gente lo picchi per come si veste, per quello che dice, lasci che il disprezzo della gente diventi parte della sua vita e della routine di tutti i giorni,in quel caso ti do ragione: punks e fighetti non sono poi così diversi. Ma se la pensi così possono esserci solo due ragioni: o non hai mai conosciuto neanche un fighetto, o magari il coglioncello sei proprio tu, e ti nascondi dietro queste affermazioni per illuderti che anche i punks e tutti quelli che all’apparenza hanno degli ideali e che credono in qualcosa nella vita, non sono poi così diversi da te, che sei vuoto come il marmo, vivi alla giornata, e aspetti che qualcuno ti dia una bella svegliata e ti porti a vedere un pò come funziona davvero in questo posto messchino che io chiamo terra.
Auguri anche a te.
io sono nata nell”82. Ma il punk non era una roba che c’era a metà anni ’70? Questi punk saranno tutti rincoglioniti ormai, no? E questi stronzi che picchiano i vecchi chi sono?
Cara giusy sappi che il punk non morirà mai, e non è una “roba” che come tu dici dimostrando di essere abbastanza chiusa di mente, che esistita negli anni 70′. Il punk non è una moda, it’s a way of life! Non morirà mai, così come i figli dei fiori non sono confinati negli anni 60′, i punk non possono essere confinati negli anni 70′!!! Ci sono tantissimi gruppi punk giovanissimi (ti parlo di adolescenti…) e se nopn ci credi posta pure ancora che comincio a mandarti scannerizzazioni di locandine dei concerti e dei più punk del ventesimo secolo!
Quello di cui parli tu è il fenomeno di massa che si ebbe negli anni 70’… ma quelli non erano veri punk… o meglio ce n’erano, ma la maggior parte (cone contiuo a ribadire) lo faceva e lo fa ancora oggi per costume… MA I I PUNK, QUELLI VERI: NON MORIRANNO MAI! CAPITO?! Se ancora non sei convinta ti mando qualche mp3 di gruppi punks contemporanei e poi mi dirai tu…
ho letto questo articolo solo ora e voglio ringraziare Stefano Questioli per la serietà con la quale ha deciso di esprimere un’opinione sul fenomeno vraiting. non prendo parte alla polemica che si dispiega quassotto..trovo che sia completa così.
l’unico motivo per cui scrivo(e per cui sono finito a leggere questo articolo) è che sto cercando conferma di una ventilata esposizione a milano di Banksy a marzo 2005. Qualcuno risponderà a questo appello?
chissà
dunque io nn sono assolutamente daccordo… il movimento del writing ha una storia abbastanza importante… nato nel ghetto è arrivato fino a noi… ossia a me ..una ragazza del diciannovesimo secolo…che ammira le persone che stanno alla sua base…
Penso che sia un’espressione molto diffusa nei ragazzi, considerati superficiali e del tutto rimbecilliti dagli adulti..
E’ un modo per esprimersi, per fare capire agli altri ciò che si pensa e le proprie idee, giuste o sbagliate che siano..
NN tovo sia giusto il fatto di andare a imbrattare monumenti, xke’… nn è giusto, xo… ci sono quartieri trasandati… malfamati… e sono convinta che i graffiti rendano questi luoghi più allegri….
se vogliamo possiamo fare graffiti capibili da parte delle altre persone… in generale xo nn è importante cio che c’è scrittoal contrario invece delle forme, dei colori, dell’armonia e della bellezza nel complesso del pezzo che si fa…. avrei una marea di cose da dire, ma mi fermo…..ciao ciao Spero che qualcuno la pensi come me…