La scelta di
Aaron Betsky come direttore dell’11esima Mostra Internazionale di Architettura ha colto di sorpresa quanti, critici e architetti, seguono le vicende della biennale veneziana. Il candidato in pectore per la direzione era, infatti, un altro: il ticinese
Mario Botta, e con un profilo decisamente diverso.
Botta è un architetto tradizionalista la cui intensa produzione professionale si caratterizza per opere discutibili: suo è l’ampliamento della Scala di Milano e l’indefinibile intervento alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia. Betsky, invece, è un critico puro, esterno alle vicende professionali, da sempre attento alla sperimentazione e all’innovazione. Può, inoltre, vantare un curriculum di tutto rispetto come curatore. È stato dal 1995 al 2000
Curator of Architecture, Design and Digital Projects del San Francisco Museum of Modern Art. Dal 2001 al 2006 ha diretto con intelligenza e competenza il Netherlands Architecture Institute (Nai). Dal 2006 è direttore del Cincinnati Art Museum. Inoltre, per tre edizioni è stato il curatore del Padiglione dei Paesi Bassi, vincendo nell’edizione del 2002 un Leone d’Oro per la miglior partecipazione nazionale.
Il neodirettore della manifestazione, che inaugurerà al pubblico il 14 settembre, dovrà stare attento a non scivolare proprio dove sono caduti i suoi predecessori: l’esaltazione delle archistar (è stato il caso delle mostre di sei e quattro anni fa dirette da
Deyan Sudjic e
Kurt Forster) oppure la fuga nella sociologia (la scorsa edizione diretta da
Richard Burdett). Dovrà, invece, tentare di indicare dove, in questo periodo di confusioni e incertezze, può dirigersi la ricerca e quali sono gli architetti, soprattutto i più giovani, in grado di sostanziarla con progetti di un certo interesse. Il titolo scelto,
Architettura Out There. Architecture Beyond Building, fa ben sperare. E suggerisce la volontà di avviare una riflessione teorica su ciò che in futuro dovrà essere il costruire se non vuole diventare edilizia ma muoversi, come ermeticamente sottolinea il comunicato stampa della Biennale, verso il “
pensare/essere architettura“.
Sulla nomina di Betsky i primi commenti sono stati favorevoli: su “Il Sole 24 Ore”, che ha dato e commentato la notizia bruciando sul tempo gli altri quotidiani, si sono espressi positivamente personaggi così diversi come
Stefano Boeri e
Franco Purini.
Unica paura -ma a dire il vero remota, se no ci sarebbero stati annunci in proposito- è che, seguendo il disastroso precedente dello scorso anno, e magari per accontentare qualche italiano, si dimezzi il direttore affidando manifestazioni parallele ad altri curatori. Se il problema di una direzione italiana della manifestazione -l’ultima è stata di
Fuksas nel 2000- si dovrà prima o poi porre, certamente non potrà essere risolto con questi avvilenti contentini.
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D'accordo completamente. La scelta giusta. Buon successo alla Biennale.
Questa notizia mi rende più che felice. Botta ha storpiato anche la mia città con quell'incredibile "oggetto" in via P. Paoli, a poche centinaia di metri dal capolavoro di Radice e Cattaneo. Un vero e proprio insulto al Razionalismo Comasco, alla nostra tradizione e alla memoria del maggiore architetto italiano del 900: Terragni.